Le 10 criticità della legge in arrivo su whistleblowing e 231

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Già ad una prima lettura è possibile evidenziare alcuni profili di criticità del d.d.l. S 2208, approvato dalla Camera, ora all'esame del Senato.

1. La disciplina del whistleblowing e la relativa tutela vengono previste solo in relazione agli enti collettivi che abbiano adottato un modello organizzativo ai sensi del d.lg. 231/2001 (si dispone infatti l'integrazione dell'art 6 del d.lg. 231). La tutela dell'integrità aziendale vale solo per questi enti?
2. Si parla di "obbligo" di segnalazione (e non di "possibilità" riconosciuta al personale aziendale), ma non si prescrive che il modello debba prevedere sanzioni per l'esponente aziendale che non abbia segnalato un illecito pur essendone a conoscenza. Tale omissione potrebbe - a ben vedere - rilevare sotto il profilo della violazione del dovere di lealtà/fedeltà. E' opportuno (e realistico) sancire un obbligo di segnalazione?
3. Tale obbligo graverebbe non solo sui soggetti indicati nell'art 5 del d.lg. 231 (apicali e sottoposti alla direzione e vigilanza degli apicali), ma anche su coloro che collaborano "a qualsiasi titolo" con l'ente (anche, quindi, se non sottoposti a direzione e vigilanza: si pensi al consulente).
4. Oggetto della segnalazione possono essere i reati commessi o le violazioni del Modello (precisamente: condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto, che in buona fede, sulla base della ragionevole convinzione fondata su elementi di fatto, ritengano essersi verificate, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte): testualmente non si parla di reati in corso di esecuzione. Una simile segnalazione, invece, potrebbe consentire all'ente di impedire il reato usufruendo dell'esimente ex art 26.
5. Potranno essere segnalate condotte illecite commesse in danno dell'ente e non a suo vantaggio? Sarebbe senz'altro opportuno, ma dal tenore testuale delle nuove disposizioni ciò non emerge con chiarezza. Anzi, l'inserimento dell'istituto nell'ambito della compliance 231 potrebbe condurre ad interpretazioni più circoscritte.
6. Oggetto della segnalazione possono essere solo reati-presupposto 231 commessi (condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto): è vero che si inserisce l'istituto nell'ambito dei modelli organizzativi, ma tale limitazione appare difficilmente comprensibile se si pone come fine ultimo la tutela dell'integrità aziendale (si pensi ai casi di appropriazione indebita o di rivelazione di segreto professionale).
7. Oggi il whistleblowing viene ricompreso nella prescrizione dell'art 6 sui flussi informativi che debbono pervenire all'ODV. Con la nuova legge verrà inserito in un comma ad hoc dell'art 6, il quale, a stretto rigore, non menziona l'ODV come destinatario. Andrà forse riesaminata la questione: destinatario della segnalazione può essere un soggetto/comitato distinto dall'ODV?
8. Il regime di tutela (commi 2-ter e 2-quater dell'art 2 del d.d.l.) non dovrebbe essere inserito nell'art 6, ma nella legge emananda, per non appesantire oltremodo l'art 6 e perchè fuori contesto rispetto al contenuto della norma.
9. L'art 6 diventa, comunque, ipertrofico con la maxi-integrazione sul whistleblowing: peraltro tutti gli altri contenuti del modello sono trattati in maniera estremamente sintetica.
10. Il modello dovrebbe punire coloro che compiano atti di ritorsione o discriminatori nei confronti del segnalante. Questa previsione potrebbe instaurare dinamiche molto delicate all'interno dell'ente: in altri termini l'ODV potrebbe ritenere di trovarsi di fronte ad una ritorsione camuffata nei confronti del segnalante e chiedere dettagliate spiegazioni in merito al datore di lavoro/vertice apicale in merito alla decisione adottata su quel dipendente.
A meno di non voler attendere l'accertamento giudiziale (che però potrebbe non esserci) del carattere ritorsivo/discriminatorio della misura adottata.