I rapporti del Modello 231 con il sistema di gestione della sicurezza ex art 30 T.U.S.L.

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[Estratto da “L’adozione e l’efficace attuazione di un idoneo modello organizzativo”, in “La responsabilità degli enti ex d.lgs. n. 231/2001 tra diritto e processo”, AA.VV., a cura di Daniele Piva, Giappichelli, 2021]

3.1 I rapporti con l’art 30 T.U.S.L.

Si pensi, in primis, alla sicurezza sul lavoro, alla luce dello stretto collegamento con l’art 30 T.U.S.L. (1).

Sul tema pare opportuno menzionare alcune valutazioni svolte nell’ambito di due procedimenti penali.

Nel primo caso trattasi del processo sul c.d. “disastro di Viareggio”.

Secondo il Tribunale di Lucca (2), la colpa organizzativa dell’ente consegue alla mancata realizzazione di un Modello di legalità aziendale preventiva e di un efficace apparato di controllo, in grado, attraverso la neutralizzazione delle condotte delittuose, di “costringere” il reato della persona fisica nell’area dell’elusione fraudolenta del Modello.

E’ stato ribadito che, in materia di sicurezza sul lavoro, è fondamentale il rapporto tra art 6 d.lgs. 231 e art 30 T.U.S.L.: quest’ultimo è, per così dire, norma speciale che integra l’art 6 (la sentenza parla di inscindibile relazione tra obblighi ex art 6 e obblighi ex art 30).

Per quanto riguarda il contenuto del Modello ai fini che interessano è centrale il Documento di Valutazione dei Rischi, che rappresenta “il principale elemento di supporto del Modello, contenendo la mappatura dei rischi nell’ambiente di lavoro e le misure idonee a governare tali rischi”.

Interessante, infine, il passaggio motivazionale, rivolto alle società straniere imputate, nel quale il Tribunale afferma, in buona sostanza, che il Modello 231 è tipico e che non sono ammessi equipollenti: non sono perciò stati ritenuti esimenti i codici di condotta e i sistemi di gestione della qualità degli enti stranieri, affatto equivalenti ai modelli.

Questo in base ad un principio di ragionevolezza ex art 3 Cost, anche se il Tribunale dichiara di non ignorare la tesi dottrinaria che propone tale equivalenza (però – correttamente - con riferimento ad “adeguati, specifici e concreti presidi”, pur se non formalizzati in un Modello).

In grado di appello (3), per quanto concerne gli enti stranieri che avevano addotto a difesa l’esistenza di un Sistema di Gestione della Qualità ISO 9001, è stato evidenziato quanto segue: il manuale depositato non contiene alcuna prescrizione relativa al sistema dei controlli interni (limitandosi ad indicare un generico controllo del sistema di gestione da parte dell’Organo amministrativo); quanto ai controlli svolti sulle attività manutentive affidate a terzi, il controllo sulle officine esterne, affidato ad alcuni Team ad hoc, si risolveva, almeno all’epoca, in verifiche puramente cartolari (possesso autorizzazioni e documentazione sull’effettuazione delle attività richieste).

La Corte non ha ritenuto tale Manuale equivalente ai modelli previsti dalla normativa italiana, non essendo neppure stato provato che la sua adozione venga valutata dal diritto austriaco e tedesco come misura sufficiente per escludere la responsabilità dell’ente (in quegli ordinamenti).

Secondo la Corte, correttamente il Tribunale ha legato la propria valutazione sull’idoneità del Modello al rispetto dell’art 30 TUSL, che declina una sorta di species rispetto al genus di Modello previsto dal d.lgs. 231(4).

Ad una delle società coinvolte è stata rimproverata – oltre ad una modalità di redazione del Documento di Valutazione dei Rischi per Unità produttive e non complessiva ed unitaria – l’insufficiente autonomia ed indipendenza dell’OdV, all’epoca composto dai Responsabili delle Direzioni Audit, Legale/Societario, Organizzazione/Risorse Umane.

Tutti soggetti “dipendenti dall’Amministratore e per i quali non erano previsti meccanismi espliciti che impedissero le interferenze da parte dei vertici aziendali” (5).

Infine, secondo la sentenza, non ci sono stati richiami e sanzioni da parte dell’OdV, né positiva dimostrazione di efficace attuazione del Modello. Considerazioni analoghe per l’OdV di altra società, integralmente coincidente con la Funzione di Internal Audit: tale scelta non è stata ritenuta adeguata dalla Corte per le medesime ragioni sopra esposte.

Anche per questo OdV si afferma che non risulta abbia mai elevato sanzioni.

Che un OdV collegiale interamente composto da esponenti dell’organizzazione possa essere ritenuto inadeguato sotto il profilo dell’autonomia e dell’indipendenza è dato pacifico, ormai da tempo.

Non condivisibile, invece, la censura radicale mossa all’OdV coincidente con l’Internal Audit, anche perché si tratta di soluzione consentita dalle “Linee-guida 231” di Confindustria.

Del tutto fuori luogo, per ragioni ben note, la “richiesta” che l’OdV possa comminare sanzioni disciplinari.

Nel secondo caso trattasi di un procedimento per omicidio colposo, con contestazione all’ente ex art 25-septies (ed imputati assolti in primo grado e condannati in appello).

Secondo la Corte d’appello (6) il Modello organizzativo adottato, sebbene conforme alle norme BS OHSAS 18001:2007, non era stato efficacemente attuato: pur essendosi provveduto all'analisi dei rischi con riferimento all'impianto di verniciatura e, segnatamente, all'attività dei capi turno, l'istruzione operativa predisposta era incompleta rispetto alle modalità di ricerca e soluzione dei difetti sul nastro (l'attività, per l'appunto, che stava svolgendo la vittima).

Era inoltre mancata un'attività di monitoraggio sulle misure prevenzionistiche già approntate in azienda e di adeguamento della specifica procedura ai rischi propri dell'attività di ricerca dei difetti sul nastro.

Ulteriori addebiti erano stati segnalati dalla ASL, anche con riferimento alle attività di audit e ai ritardi nella esecuzione delle attività previste dall'Action Plan (in particolare, nella redazione delle procedure per effettuare i controlli, poiché l'avvio delle attività di verifica in materia di salute e sicurezza era stata pianificata per il febbraio 2015).

Era desumibile dalle relazioni semestrali che l'organismo di vigilanza non aveva posto in essere, a causa di ritardi aziendali, le attività propedeutiche a tali controlli.

La Corte d'appello aveva osservato che la preventiva adozione della procedura specifica, avviata solo dopo l'infortunio (dietro prescrizione della ASL), sarebbe stata idonea a scongiurare l'evento e a impedire il comportamento di accesso all'area di rischio con gli organi della macchina in movimento. Secondo la S.C. (7) “l'attenzione del giudice si è focalizzata sull'inefficace attuazione del Modello adottato, sia con riferimento alla mancata previsione di istruzioni operative per l'attività di rilevamento dei difetti sopra descritta; che avuto riguardo all'attività di monitoraggio, anch'essa inadeguata rispetto ai ritardi nell’esecuzione delle attività previste dall’action plan (in particolare nella redazione delle procedure per effettuare i controlli, poiché l’avvio delle attività di verifica in materia di salute e sicurezza era stata pianificata per il febbraio 2015 [incidente giugno 2014 n.d.r.]).”

 

(1) Circolare GDF: “Per quanto precede la polizia giudiziaria, laddove l’ente si sia dotato di un Modello di organizzazione, gestione e controllo, dovrà preliminarmente, in sede di valutazione della sua idoneità ed efficace attuazione, verificarne la conformità alle Linee guida UNI-INAIL, nonché richiedere all’ente il possesso dell’asseverazione rilasciata dagli organismi paritetici. Si tratta di una preliminare indagine che, lungi dall’assicurare per tabulas efficacia esimente al Modello adottato, che invece dovrà essere accertata fattualmente, l’organo investigativo deve porre in essere per meglio lumeggiare l’elemento “soggettivo” qualificante la condotta dell’ente. Inoltre, la polizia giudiziaria nell’ambito della propria attività investigativa, conformemente a quanto statuito in sede giurisprudenziale (cfr. Tribunale di Trani, sentenza in data 26 ottobre 2009), dovrà tener presente che i documenti di valutazione dei rischi redatti ai sensi degli artt. 26 e 28 del D. Lgs. n. 81/2008: non sono equiparabili al Modello organizzativo e gestionale di cui al d.lgs. n. 231/2001; non assumono valenza nella direzione di assicurare l’efficacia esimente di cui agli artt. 6 e 7.”

(2) Sentenza 31 gennaio 2017 (dep. 31 luglio 2017).

(3) Corte d’appello di Firenze, Sez. III, 16 dicembre 2019.

(4) “se il Modello ex art 30 non esime dal dovere di rispettare anche il d.lgs. 231, quanto ad esempio, alla nomina di un autonomo OdV che può eventualmente assumere i compiti previsti dall’art 30 comma 3, va sicuramente valutato come non idoneo ai sensi del d.lgs. 231 un Modello che non rispetti le prescrizioni dell’art 30 comma 1 T.U.S.L.”

(5) Sul punto richiamando Cass., Sez. II, 27 settembre 2016 n. 52316: “Non può, pertanto, ritenersi idoneo ad esimere la società da responsabilità amministrativa da reato, il Modello organizzativo che prevede la istituzione di un organismo di vigilanza sul funzionamento e sulla osservanza delle prescrizioni adottate non provvisto di autonomi ed effettivi poteri di controllo, ma sottoposto alle dirette dipendenze del soggetto controllato.”

(6) Corte Appello Brescia, 26 novembre 2018.

(7) Cass., Sez. IV, 8 luglio 2019, n. 29538.