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Consiglio di Stato: rilevanza sanzionatoria dei Patti di Integrità in una gara pubblica

Consiglio di Stato, V, 20 febbraio-6 aprile 2009 n. 2142

 

 

 

ConsigliodiStato, V, 20 febbraio – 6 aprile 2009, n. 2142

 

 

[Grassetto della Redazione]

 

Omissis.

Con riguardo alla questione del problema del collegamento sostanziale, la Sezione non può che richiamare quanto ripetutamente ritenuto – anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 163 del 2006 - in merito alla rilevanza come causa di esclusione dalle procedure ad evidenza pubblica, oltre che dei casi testualmente previsti dall’art. 2359 c.c., delle ipotesi allora non codificate di collegamento sostanziale in relazione alla riconducibilità ad un unico centro decisionale dei soggetti partecipanti ad una stessa gara, con conseguente vanificazione dei principi generali in tema di par condicio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione, soprattutto qualora una tal rilevanza sia stata espressamente prevista nella lex specialis della procedura; ciò in particolar modo con riferimento al “patto d’integrità” predisposto dal Comune di Milano - di cui, come detto, anche qui si discute -, ritenuto pienamente legittimo anche per questo specifico aspetto (cfr., tra le più recenti, questa Sez. V, 8 settembre 2008 n. 4267).

Nella specie, il Collegio è dell’avviso che gli indizi posti in luce dalla commissione nel caso in trattazione depongano univocamente ed in concreto per la sussistenza di un’effettiva situazione di controllo sostanziale e, conseguentemente, per la riconducibilità delle due imprese ad un unico centro decisionale e, di qui, ad una reciproca conoscibilità delle offerte delle rispettive a.t.i..

Omissis.

Col secondo mezzo si sostiene, in estrema sintesi, che comunque l’esistenza del collegamento sostanziale, se può giustificare in via precauzionale l’esclusione dei soggetti collegati, non costituirebbe prova sufficiente, certa e inequivoca di un comportamento scorretto a carico dell’impresa e della volontà di alterare l’esito della gara che giustifichi l’escussione della cauzione provvisoria, specie se collegata non alla violazione dell’art. 10, co. 1 bis, della legge n. 109 del 1994, ma ai principi generali di lealtà, correttezza, ecc., come qui sanciti dal patto d’integrità.

Le appellanti dimenticano però che sottoscrivendo il “patto d’integrità” hanno dichiarato “di non trovarsi in situazioni (…) di collegamento (formale e/o sostanziale) con altri concorrenti”, con ciò impegnandosi evidentemente a non presentarsi in tale situazione, e che hanno preventivamente accettato “nel caso di mancato rispetto degli impegni (...) comunque accertato dall’Amministrazione” le previste sanzioni, tra cui vi è appunto la “escussione della cauzione di validità dell’offerta”.

La legittimità di tale previsione inserita appunto nel ripetuto patto d’integrità forma oggetto del successivo motivo.

In proposito, va ricordato che la Sezione, pur inizialmente dell’avviso che il potere di incameramento della cauzione provvisoria, in quanto di carattere sanzionatorio, non potesse essere esercitato al di fuori dei limiti normativamente previsti (cfr. dec. n. 4789 del 2004), ha poi costantemente ritenuto legittima la clausola di cui anche qui si discute.

È stato infatti precisato, con orientamento che il Collegio condivide pienamente, come il patto d’integrità configuri un sistema di condizioni o requisiti la cui accettazione è presupposto necessario e condizionante la partecipazione delle imprese ad una specifica gara e come, con la sottoscrizione del patto d’integrità, l’impresa concorrente accetti regole del bando le quali rafforzano comportamenti già doverosi per coloro che sono ammessi a partecipare a gare e che prevedono, in caso di violazione di tali doveri, sanzioni di carattere patrimoniale, oltre alla conseguenza, ordinaria e comune a tutte le procedure concorsuali, della estromissione dalla gara stessa; è stato perciò conclusivamente affermato che l’incameramento della cauzione non ha carattere di sanzione amministrativa - come tale riservata alla legge e non a fonti di secondo grado o a meri atti della p.a. -, bensì costituisce la conseguenza dell’accettazione di regole e di doveri comportamentali, accompagnati dalla previsione di una responsabilità patrimoniale, aggiuntiva alla esclusione della gara, assunti su base pattizia poiché la loro fonte è appunto nel patto d'integrità accettato dal concorrente con la sottoscrizione; sicché va attribuito allo stesso patto, nel suo insieme e nelle singole clausole, carattere di complesso di regole di comportamento per le imprese, già desumibili dalla disciplina positiva relativa alle procedure ad evidenza pubblica e dai principi attinenti la materia, e non già di sanzione privata incompatibile con il principio di legalità di cui all’art. 25, co. 2, Cost. (cfr. questa Sez. V, nn. 343/2005, 1258/2005 e 1053/2006 nonché, tra le più recenti, la cit. n. 4267/08).

Omissis.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello in epigrafe.

 

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