Newsletter Antiriciclaggio su Linkedin


News e approfondimenti su repressione e prevenzione del riciclaggio. Ogni due settimane su Linkedin.

Iscriviti su LinkedIn

 

La responsabilità dell'organo di controllo

Il d.lg. 231/2001, in attuazione della legge delega n. 300/2000, istituisce nel nostro ordinamento "la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica".

Il d.lg. 231/2001, in attuazione della legge delega n. 300/2000, istituisce nel nostro ordinamento "la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica". Tale responsabilità, che tanti hanno definito "penale" (PADOVANI, Diritto penale, Milano, 6°. Ed. 2002, 86; DE VERO, Struttura e natura giuridica dell'illecito di ente collettivo dipendente da reato. Luci ed ombre dell'attuazione della legge delega, in Riv. it dir. e proc. pen., 2001, 1156 e ss; BARBUTO, Responsabilità amministrativa della società per reati commessi a suo vantaggio, in Impresa c.i. 6/2001 p. 932; SANTORIELLO, Reati societari, in Il fisco, all. 21/2002, 15; ZANALDA, La responsabilità parapenale delle società, in Il fisco, all. 46/2001, 41861; ARENA, La riforma del diritto societario e la responsabilità amministrativa della società, in www.penale.it), è ipotizzabile come conseguenza di uno dei reati previsti dallo stesso provvedimento (artt. 24, 25, 25 bis e 25 ter) quando l'illecito penale è commesso da soggetti, vertici della società o sottoposti, nell'interesse e a vantaggio della società stessa.

In particolare, la responsabilità derivante da reato commesso dal soggetto in posizione apicale sarebbe configurabile nel caso in cui la persona giuridica, già sub iudice, non riuscisse a dar prova di aver adottato tutte le iniziative possibili a prevenire il reato. E' un'evidente deroga al principio dell'onere della prova e alla presunzione di innocenza: non è il P.M. a dover dare prova dell'accusa in giudizio ma è la società a dover provare la mancanza di colpa organizzativa. In caso contrario ci sarà l'applicazione della sanzione.

Il decreto legislativo individua due misure che, in astratto, potrebbero essere dichiarate idonee a prevenire il reato e a far escludere la colpa organizzativa della società.

In primo luogo, l'adozione di modelli di organizzazione e gestione, detti anche di "salvaguardia", con i quali rendere più trasparente la gestione, introdurre protocolli di procedura, codici etici, informare i dipendenti su leggi, regolamenti, circolari etc.

In secondo luogo, l'istituzione di un Organismo di Vigilanza e Controllo, interno alla struttura, che curi il funzionamento dei modelli e il loro aggiornamento nel tempo.

I primi commentatori del d.lg.. n. 231 (GARGANI, Imputazione del reato agli enti collettivi e responsabilità penale dell'intraneo: due piani irrelati?, in Dir. Pen e proc, 9/2002, 1061; CHIUSANO, Il principio di delega e gli effetti della nuova normativa sulla struttura e sull'organizzazione della società: responsabilità di amministratori, sindaci, organi di vigilanza, soggetti in posizione apicale e dirigenti. I requisiti, in Atti congressuali Paradigma, Milano 19/20 Novembre 2001; ASSUMMA, Il falso in bilancio e la sanzionabilità penale dei comportamenti imprenditoriali, in Atti congressuali Ambrosetti, Roma 13 giugno 2002) si sono chiesti quali sarebbero state le conseguenze se, nonostante l'adozione dei modelli di organizzazione e l'istituzione dell'Organismo di Vigilanza, il reato fosse stato ugualmente commesso.
In particolare ci si è chiesto se l'Organo di Vigilanza, o, meglio, i suoi componenti- persone fisiche potessero incorrere in responsabilità civili o penali per non aver impedito la commissione del reato da parte del dipendente.

Il problema può essere inquadrato nella doppia visione della responsabilità civile (contrattuale e extracontrattuale) e di quella penale. Rinviando ad un successivo intervento l'esame dei profili civilistici, va rilevato in questa sede che, in astratto, sarebbe ravvisabile una responsabilità di tipo omissivo laddove l'art. 40 cpv c.p. afferma con la clausola di equivalenza che "non impedire l'evento che si aveva l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo".

Si potrebbe ravvisare, nel comportamento dei dirigenti dell'Organo di Vigilanza e Controllo un reato omissivo improprio. Si dovrà verificare, allora se ricorrono tutti gli elementi essenziali del reato: l'obbligo giuridico di impedire l'evento, il presupposto di fatto ovvero il pericolo che il "garante" è chiamato a tutelare, l'astensione dall'azione doverosa, l'evento non impedito e il nesso causale tra l'evento e l'azione impeditiva.

In ossequio al principio di riserva di legge e tipicità della fattispecie penale (art. 25 Cost.), l'obbligo giuridico deve essere certo, sufficientemente determinato e tassativo (MANTOVANI, Diritto penale, 1992, 194). Deve trovare fondamento in una fonte formale dell'ordinamento: la legge (penale o extrapenale), il contratto (che ha forza vincolante determinata dalla legge), l'assunzione volontaria dell'obbligo (ricondotto alla negotiorum gestio di cui all'art. 2028 c.c.).

Non costituiscono obbligo giuridico, quindi, i doveri morali e sociali, né quelli derivanti da fonti sublegislative quali regolamenti e consuetudini.

La dottrina ritiene, inoltre, che tra tutti gli obblighi posti dalle fonti formali a cui si è fatto cenno, possono dar luogo a responsabilità omissiva solo quelli che pongono il soggetto in una posizione di garanzia consistente nella protezione o nel controllo del bene giuridico protetto dalla norma.

Alcuni hanno escluso la configurabilità di tale obbligo giuridico in capo ai responsabili dell'Organo già nei presupposti: affermano, infatti, che l'Organismo di Vigilanza avrebbe esclusivamente compiti di controllo in ordine al funzionamento ed all'osservanza dei modelli di salvaguardia e non in ordine alla prevenzione del reato. Se così è, i Garanti non assumono alcuna posizione di garanzia: conseguentemente l'art.40 cpv. c.p. non può applicarsi.

Se, al contrario, si accetta la tesi opposta, e cioè quella che vuole che le funzioni affidate ai Garanti siano proprio quelle di prevenzione e di impedimento dei reati, obiettivo perseguito anche con l'attuazione dei modelli di organizzazione e gestione, la fonte dell'obbligo di impedire l'evento che sembra gravare sul responsabile dell'Organo di Vigilanza potrebbe ravvisarsi negli artt. 6 lett. a) b) e d) e 7 d. lgs 231/2001. Infatti le norme richiamate affermano che l'ente si può dotare dell'Organo di Garanzia e attribuiscono a questo, seppur in modo non troppo preciso, i compiti. In un recente intervento dottrinale un autore (GARGANI, op. cit., 1063) fa risalire l'obbligo direttamente ai modelli di organizzazione e gestione. La posizione di garanzia potrebbe essere stata assunta, anche, in forza del contratto, in particolare del contratto di lavoro con la Società.

Da quanto finora affermato risulta che sussiste il fondamento normativo dell'obbligo giuridico di impedire l'evento. Certo, il legislatore avrebbe potuto delineare con maggiore chiarezza i precetti in favore di una maggiore determinazione della fattispecie, ma sappiamo che è un problema che si ripete per tutti i reati omissivi.

Gli altri elementi essenziali dovranno essere verificati caso per caso.

Un particolare cenno merita il nesso causale che non si riscontra con un giudizio reale (causa-effetto naturalistico) ma con un giudizio ipotetico su un evento che non si sarebbe verificato se fosse stata tenuta l'azione impeditiva.

Il dibattito giurisprudenziale sul grado di certezza della verificazione dell'evento ai fini della sussistenza del nesso causale omissivo è ancora aperto. Non si possono non riferire le recenti pronunce giurisprudenziali (specie in tema di colpa professionale medica) in cui la Cassazione ha sottolineato che non è sufficiente una possibilità né una probabilità media ma occorre una rilevante probabilità vicina alla certezza (su tutte la recente S.U., 11 settembre 2002, n. 27, Francese, in Dir. Pen. Proc., 11/2002,1357)

Nonostante le considerazioni svolte portino a concludere per la possibilità astratta di una responsabilità penale per i responsabili dell'Organo di Vigilanza e Controllo, occorre precisare che, allo stato attuale, tale responsabilità non appare configurabile. Infatti, il titolo della responsabilità ipotizzabile sarebbe la colpa (non aver impedito, non aver vigilato, non aver protetto il bene giuridico minacciato).

Ebbene, l'art. 42 c.p. afferma che nessuno può essere punito se non per un delitto doloso salvo i casi di delitti colposi o preterintenzionali espressamente previsti dalla legge: il delitto colposo deve essere espressamente previsto. Ebbene, se ciò è vero, il concorso colposo nel reato doloso non appare configurabile poiché non è espressamente previsto dal codice penale. Infatti, l'art. 113 c.p. disciplina la cooperazione colposa nel reato colposo mentre nulla si dice in proposito del concorso colposo nel reato doloso.

Ciò premesso, si può concludere che non può ritenersi sussistente una responsabilità di natura colposa dei soggetti componenti l'Organismo di Vigilanza per concorso nei reati indicati dal d.lgs. che fondano la responsabilità amministrativa dell'ente poiché questi, allo stato attuale, sono tutti di natura dolosa.

Qualche dubbio residua solo per le contravvenzioni poiché l'art. 42 c.p. afferma che le contravvenzioni sono tutte sia colpose che dolose. Nonostante ciò, la maggior parte delle contravvenzioni disciplinate dal d.lgs 231/2001 hanno come elemento essenziale il dolo specifico (con l'intenzione di danneggiare i soci, i creditori, al fine di ottenere un ingiusto vantaggio..) non sarebbero, quindi, trasformabili in fattispecie colpose.

Ben diverso sarebbe il caso in cui il legislatore introducesse nel decreto legislativo delle fattispecie di reato colposo così come previsto dalla legge delega. La responsabilità ex art. 40 cpv. nonché 113.cp. (cooperazione colposa in reato colposo) sarebbe, allora, astrattamente configurabile.

Ancora diverso sarebbe il caso in cui l'omissione dei Garanti fosse dolosa, anche a titolo di dolo eventuale, poiché, naturalmente, dovrebbero applicarsi le regole del concorso di persone nel reato di cui all'art. 110 e ss c.p.

(Simona Simeone)

 

In libreria

Il tema della sicurezza alimentare spiegato attraverso una vasta selezione di casi pratici, norme e indicazioni, rivolte sia agli operatori che ai consumatori.

In libreria: "La responsabilità da reato delle piccole imprese"

Il volume riassume orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, oltre a un necessario inquadramento normativo e di best practice del tema, tenendo anche conto dei profili repressivi e preventivi.

Copyright