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I delitti contro l'ambiente e il contrasto dell'Ecomafia (II)



Non v’è dubbio che un invito a porre mano ad una complessiva rivisitazione del sistema penale in materia ambientale proviene dalla disciplina del mandato d'arresto europeo, nel cui ambito i reati ambientali costituiscono uno dei gruppi dei reati
- Le linee direttrici di una possibile riforma

- Le linee direttrici di una possibile riforma

Non v’è dubbio che un invito a porre mano ad una complessiva rivisitazione del sistema penale in materia ambientale proviene dalla disciplina del mandato d'arresto europeo, nel cui ambito i reati ambientali costituiscono uno dei gruppi dei reati sensibili, per i quali, al fine di ottenere l'immediata consegna del ricercato o condannato da uno Stato membro all'altro, non occorre che il fatto lesivo dell'ambiente sia supportato, tanto nello Stato richiedente quanto in quello dell'esecuzione, dalla doppia incriminazione.
Critiche sono da sempre rivolte anche alla tecnica della formulazione della norma penale in bianco, soprattutto in presenza di rinvii a fattispecie amministrative dai confini troppo ampi ed indefiniti, tali cioè da non osservare i canoni costituzionali di legalità e tassatività della norma penale.
Se l'obiettivo è quello di proteggere l'ecosistema e fronteggiare efficacemente ogni fatto aggressivo dell'ambiente, non si può non condividere il rilievo secondo cui i soli reati di danno non sono sufficienti: non basta, infatti, intervenire con la sanzione penale quando il danno è già stato compiuto, magari irreparabilmente, ma occorre arretrare la soglia di tutela ed introdurre l'incriminazione di quelle condotte che siano in grado (concretamente), di mettere in pericolo l'ambiente, come suggerito dalla decisione quadro.

È necessario, insomma, costruire le singole fattispecie come reati di pericolo concreto, in modo da introdurre delle soglie edittali di sanzione detentiva consistenti e, conseguentemente, rendere applicabili gli strumenti previsti dalle altre decisioni quadro sopra richiamate (15).

Un più severo trattamento sanzionatorio, adeguato al disvalore del fatto lesivo dell'ambiente, consente di allineare il sistema di protezione dell'ambiente tramite il diritto penale all'utilizzo degli strumenti giuridici di cooperazione giudiziaria rafforzata approvati nell'ambito del Terzo Pilastro. Ci si riferisce al mandato di arresto europeo ed alla decisione quadro sul blocco dei beni ed il sequestro a fini di prova: la possibilità di applicare questi strumenti alla criminalità ambientale, indipendentemente, come si è detto, dalla doppia incriminazione del fatto, deriva infatti dal quantum sanzionatorio previsto (richiedendosi, a tal fine, che le pene siano superiori ai tre anni).
L'attuale costruzione della tutela penale attraverso la fattispecie contravvenzionale non risulta più soddisfacente anche sotto un altro profilo: per la necessità di individuare con certezza il tipo di responsabilità.

Infatti, secondo l'articolo 2 della decisione quadro 2003/80, occorre predisporre l'incriminazione per comportamenti «intenzionali», che, cioè, non soltanto siano offensivi rispetto al bene «ambiente», ma costituiscano pure un'aggressione diretta ad esso (nei quali, ancor più chiaramente, l'autore si è rappresentato e ha voluto il danno od il pericolo per l'ambiente).

Ulteriori aspetti di criticità vengono in rilievo anche in relazione alla necessità di adeguare il sistema nazionale alle indicazioni provenienti dall'articolo 3 della decisione quadro citata, che dispone l'obbligo di incriminazione anche per i fatti commessi a causa di negligenza o, quanto meno, per negligenza grave. In questi casi però occorre stabilire dei limiti edittali diversi, ed inferiori a quelli previsti per i delitti dolosi, in modo da tenere conto della differenza sul piano della colpevolezza.
Insomma serve una sorta di doppio binario: da un lato, incriminare «reati di corposa offensività» (ancorati al danno e al pericolo concreto), dall'altro prevedere illeciti formali, reati di pericolo astratto, forse anche di pericolo presunto, che contemplino meccanismi di esclusione della punibilità in presenza di condotte positive di riparazione della situazione illecita conseguente alla condotta presuntivamente pericolosa (16).

Si rende poi indifferibile l'esigenza di individuare una nozione unitaria di ambiente, comprensiva delle risorse naturali, sia come singoli elementi (acqua, aria, suolo e sottosuolo) che come cicli naturali, e delle opere dell'uomo protette per il loro interesse ambientale, paesaggistico, artistico, archeologico, architettonico e storico.
Indubbiamente, l'introduzione di una fattispecie di delitto ambientale impone di affrontare e superare molte difficoltà di ordine dommatico.
Innanzitutto, è necessario individuare una definizione di «ambiente» dai confini il più possibile certi, e, quindi, in linea con i canoni di tassatività e determinatezza propri della norma penale. Il che, secondo alcuni, indurrebbe a considerare preferibile una soluzione diversa, fondata sull'attribuzione di disvalore penale a tutte quelle condotte di intenzionale violazione delle disposizioni proprie di quei settori (aria, acque, suolo, sottosuolo, patrimonio storico-artistico-archeologico) in cui si articola l'ambiente (17).
Indispensabile è, inoltre, il raccordo con le fattispecie delittuose già esistenti, in primis l'articolo 53-bis del quale è necessario un aggiustamento con riferimento alla tematica dei rifiuti radioattivi, nonché l'estensione dell'area del penalmente rilevante a comportamenti criminosi, allo stato, privi di sanzione, tra i quali spicca l'abbandono in mare di rifiuti.
La previsione di delitti ambientali consente il ricorso a strumenti investigativi e processuali (possibilità di ricorrere alle intercettazioni telefoniche ed «ambientali», adottabilità di misure cautelari personali, utilizzabilità degli strumenti di cooperazione internazionale).
Centrale è anche il profilo delle condotte agevolatrici e corruttive dei pubblici ufficiali: diventa indispensabile introdurre figure autonome di reato ovvero ipotesi aggravate di fattispecie già esistenti, tali da sanzionare efficacemente tutte le attività di ausilio alla criminalità ambientale poste in essere dai funzionari infedeli.
Poiché, inoltre, la criminalità ambientale, come dimostrano i molteplici elementi acquisiti dalla Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti relativamente alle inchieste giudiziarie, è criminalità di profitto, sovente su base organizzata, diventano indispensabili misure sanzionatorie che colpiscano i profitti, mediante la confisca dei patrimoni accumulati per effetto delle condotte illecite ovvero imponendo, anche come condizione di attenuazione della responsabilità, la bonifica dell'ambiente danneggiato.

La criminalità ambientale è, spesso, una criminalità inserita in contesti di tipo mafioso, a vocazione transnazionale; deve costituire, pertanto, motivo di specifica riflessione l'introduzione di collegamenti, quanto meno per le ipotesi più gravi (soprattutto di tipo associativo), con la disciplina prevista per i reati di stampo mafioso, prevedendo la competenza investigativa delle direzioni distrettuali antimafia, sulla scorta di quanto già previsto, ad esempio, per la tratta degli esseri umani, per il traffico di droga o per il contrabbando di sigarette (tutti fenomeni criminali transnazionali, al pari di molte delle manifestazioni della delinquenza ambientale).

Una riflessione particolare merita, poi, la responsabilità delle persone giuridiche in materia ambientale.
La responsabilità della persona giuridica, opzione non più eludibile, alla luce degli impegni europei ed internazionali assunti dal nostro Paese, è stata introdotta nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 231 del 2001 (18), attuativo della delega ex art 11 legge 300 del 2000.

Attraverso l'accertamento giudiziale, con le garanzie del processo penale, possono essere applicate all'ente – oltre alle indefettibili sanzioni pecuniarie - le sanzioni interdittive espressamente previste dall'articolo 9 (l'interdizione dall'esercizio dell'attività, la sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni il cui esercizio sia stato funzionale alla commissione dell'illecito, il divieto di contrattazione con la P.A., l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o eventuale revoca dei provvedimenti già concessi, il divieto di pubblicizzazione di beni e servizi).

E’ opportuno ricordare che l'esercizio della delega è stato attuato solo in parte.

L'articolo 11 citato, includeva tra i delitti suscettibili di addebito per illecito amministrativo all'ente i reati relativi alla tutela dell'incolumità pubblica previsti dal codice penale (al titolo VI del libro II), quelli ambientali, quelli scaturenti dalla violazione alla normativa di tutela del territorio e quelli relativi a omicidio o lesioni colpose per violazione delle disposizioni sulla sicurezza ed igiene del lavoro.

Il Governo in sede di attuazione del potere di delega ha motivato la decisione di limitare l'intervento ai soli delitti inclusi nelle Convenzioni oggetto della legge di ratifica contenente la delega (OCSE e PIF), come una scelta «minimalista», in linea con la volontà di un ordine del giorno votato dalla Camera dei deputati.
Il sistema del decreto legislativo n. 231 si pone, pertanto, come cornice generale per ogni successiva tipizzazione normativa di addebito di responsabilità per le soggettività giuridiche conseguente ad un reato, e rappresenta quindi una base per la costruzione di un diritto sanzionatorio unitario, in grado di colpire con i requisiti della effettività, proporzionalità e dissuasività, le condotte illecite riferibili agli enti (collegate quindi ai settori della criminalità lato sensu economica).

Il sistema delineato dal decreto legislativo n. 231, nell'intenzione del legislatore delegato, «dovrebbe valere a disciplinare la materia anche per il futuro: per l'eventualità, cioè, che il legislatore intenda rimpinguare l'ambito della responsabilità amministrativa dell'ente, ricollegandola alla commissione di reati diversi da quelli rispetto ai quali è stata oggi contemplata dal decreto legislativo» (19).
In sede di recepimento della Convenzione di Strasburgo contro il crimine ambientale del 1998 e della decisione quadro dell'Unione europea del 2003 in materia di crimine ambientale, le quali entrambi prevedono l'obbligo di introdurre la responsabilità per le persone giuridiche, sarà, pertanto, necessario richiamare il citato decreto legislativo, che disciplina in via generale i requisiti e le modalità di accertamento della responsabilità amministrativa anche in riferimento al crimine ambientale (20).
Si impone, inoltre, l'opportunità di valorizzare, in termini di attuazione della responsabilità, la collaborazione pronta e leale della persona giuridica all'accertamento del reato commesso nel suo interesse, in linea con la prassi di importanti autorità amministrative in tema di tutela dell'ambiente (in primis, l'Environmental Protection Agency)(21).
In tale quadro fondamentale rilievo assume l'esigenza di pervenire quanto prima all'approvazione di un nuovo testo dell'articolo 9 della Costituzione, il cui esame delle relative proposte di legge è in corso di svolgimento in Parlamento, che sia volto a sancire un forte ed esplicito richiamo ai valori della promozione e della tutela dell'ambiente.

(Maurizio Arena)

15) Allo stato, solo la gestione di un'attività organizzata per il traffico illecito dei rifiuti, e la disciplina della discarica abusiva, contenute nel decreto Ronchi, presentano i richiesti requisiti di livello sanzionatorio, trattandosi, appunto, delle uniche fattispecie delittuose, punite a titolo di dolo, presenti nell'attuale sistema penale in materia di ambiente.

16) In questo senso la Commissione bicamerale di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, documento approvato il 21 dicembre 2004

17) Del resto, lo spiccato tecnicismo delle disposizioni in materia ambientale mal si concilia con la struttura di un corpus normativo di tipo codicistico; le fattispecie criminose ambientali sono, spesso, costruite mediante il riferimento a tabelle, elenchi, allegati tecnici, in continua evoluzione ed aggiornamento.

18) La disciplina in vigore include allo stato i seguenti reati: malversazione, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato o di altro ente pubblico o della Comunità Europea, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico, corruzione, corruzione per atto di ufficio e in atti giudiziari, istigazione dei medesimi delitti, concussione, anche ove coinvolgano membri degli organi delle Comunità europee e funzionari delle Comunità europee o di Stati esteri. Sono stati, poi, introdotti i reati di finanziamento del terrorismo internazionale e l'associazione finalizzata alla tratta di esseri umani ed alla riduzione in schiavitù o servitù (quest'ultima introdotta con legge n. 228 del 2003).

19) Relazione al decreto, paragrafo 3

20) Risulta al momento all’esame del Parlamento il d.d.l. 2994 del 21 giugno 2004, il quale prevede l'introduzione dell'art. 452-nonies c.p. (Sanzioni per le persone giuridiche), che dispone l'imputabilità della persona giuridica che abbia tratto vantaggio o comunque beneficio dai delitti contro l’ambiente contestualmente descritti, ove commessi dagli amministratori nell'interesse della medesima; ovvero da persona che abbia agito individualmente o in quanto parte di un organo di una persona giuridica, purché dotata di potere di rappresentanza di detta persona giuridica. Per quanto riguarda le sanzioni che il giudice con la sentenza di condanna può comminare alla persona giuridica, si prevede: nei casi meno gravi, il pagamento di una multa da euro 10.000 ad euro 25.000; nei casi più gravi, il pagamento di una multa da euro 25.000 ad euro 100.000; l'interdizione temporanea o permanente dall'esercizio dell'attività industriale o commerciale; l'esclusione dal godimento di un vantaggio o aiuto pubblico; lo scioglimento coatto; l'obbligo di adottare misure specifiche al fine di evitare le conseguenze di condotte analoghe a quelle che hanno condotto alla responsabilità penale. Analoga disciplina sanzionatoria nei confronti delle persone giuridiche è prevista dal d.d.l. 3167: in questo progetto l'art. 452- nonies prevede una sanzione pecuniaria più gravosa (da euro 25.000 a euro 100.000), a prescindere dalla gravità della violazione commessa.

21) Se, infatti, l'obiettivo primario di una rivisitazione del sistema penale in materia ambientale è quello di scoraggiare ogni aggressione, in forma individuale od organizzata, all'ambiente, aspetto fondamentale di tale strategia non può non essere anche quello di promuovere un vero e proprio mutamento culturale nel mondo imprenditoriale: persuadere le imprese che, investendo in ecologie pulite, in aderenza con il progresso scientifico e tecnologico, investono anche in un futuro sociale ed economico che ne potrà accrescere la competitività.

 

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