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Si ha notizia (Il Sole 24 Ore del 22 ottobre 2002) delle prime iscrizioni ai sensi del d.lg. 231/2001, nel registro delle notizie di reato di tre società in relazione ad un’indagine della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, sulle forniture di servizi di ristorazione e lavanderia ad alcuni ospedali milanesi.
E’ ormai noto che il d.lg. in questione ha introdotto in Italia la responsabilità (formalmente definita) amministrativa delle persone giuridiche in relazione ai reati commessi, nel loro interesse o a loro vantaggio, dai soggetti di vertice delle stesse.
La filosofia cui si ispira la recente normativa è quella di indicare alle imprese una via d’uscita rispetto agli illeciti aziendali e alle conseguenti sanzioni: la prevenzione.
Gli enti – società, persone giuridiche, enti pubblici economici, enti privi della personalità giuridica – dovranno adottare ed effettivamente attuare modelli di organizzazione e gestione volti a prevenire – e reprimere – il rischio di commissione di reati da parte dei c.d. soggetti apicali (artt 6 e 7).
La mancata adozione di tali modelli integra, di fatto, la colpevolezza dell’ente e porta – indefettibilmente, seppur nel concorso di alcune altre condizioni - ad una condanna da parte del giudice penale.
In relazione alla notizia sopra menzionata, va innanzitutto rilevato che dei reati menzionati nell’articolo (corruzione, abuso d’ufficio e turbativa d’asta), solo la corruzione può impegnare – almeno allo stato - l’ente sul piano sanzionatorio (art 25 d.lg. 231).
Per quanto riguarda la turbativa d’asta (rectius, ex art 353 c.p., Turbata libertà degli incanti), tuttavia, dovrebbe essere approvato a breve dal Consiglio dei Ministri un disegno di legge, volto, da un lato, ad inasprire le pene oggi previste; dall’altro ad estendere la responsabilità degli enti anche a quest’ipotesi criminosa (oltre che a quella prevista dall’art 354 c.p., Astensione dagli incanti).
Verranno cioè previste sanzioni amministrative pecuniarie ed interdittive carico degli enti che traggono beneficio dal reato o che si sono ritirati dalla competizione.
La sanzione pecuniaria contemplerà il solo limite massimo di 600 quote (ogni quota può arrivare ad un massimo di 1500 euro); potrà poi scattare una sanzione interdittiva se il vantaggio conseguito dall’azienda per la commissione del reato sia stato particolarmente ingente oppure quando il reato sia stato ripetuto nel tempo.
In queste ipotesi potrà essere disposta l’incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione per un periodo non superiore a dieci anni, quando l’azienda sia stata avvantaggiata dalle minacce o dalle promesse fatte da propri dipendenti alla concorrenza; oppure non oltre i sei anni quando l’azienda coinvolta si sia ritirata.
Il divieto è particolarmente rigoroso in quanto i colpevoli non potranno contrattare con la P.A. neppure indirettamente o per interposta persona.
Sempre in relazione all’indagine
milanese, bisogna prendere atto che la Procura ha proceduto all’iscrizione,
nonostante non sia stato a tutt’oggi emanato il regolamento d’esecuzione del d.lg. 231 (che avrebbe dovuto recare, tra l’altro,
indicazioni sulla “formazione e la tenuta dei fascicoli degli uffici
giudiziari”- art 85).
Evidentemente si è proceduto sulla base della circolare n. 590 del 2001 del Ministero della Giustizia, che dispone l’utilizzazione dei registri attualmente esistenti anche se ad essere sub iudice è una persona giuridica.
Secondo la circolare le annotazioni nei vari registri debbono evidenziare sempre che si tratta di procedimento a
carico dell’ente per la responsabilità amministrativa ai sensi del d.lg. 231, magari con un’apposita sigla identificativa (ad
esempio: “proc. ai sensi del
d.lg. 231/2001” o simile).
Fino a quando non fosse stata disponibile la
nuova versione del programma Re.Ge. (ndr: la nuova versione risulta disponibile dal
mese di ottobre 2001) per la tenuta dei registri in forma automatizzata, le
annotazioni potranno essere riportate nei registri automatizzati utilizzando il
campo relativo alle note delle
iscrizioni da effettuare.
Nell’ipotesi di registri cartacei, si segnalano alcune peculiarietà.
1. Il
P.M. annoterà l’illecito nel registro “mod 21”
(colonna 2, che si riferisce all’iscrizione della notitia criminis; colonna 8 per i dati
identificativi dell’ente e la data della sua identificazione, se acquisiti successivamente all’annotazione);
2. il P.M. annoterà l’avvenuta archiviazione nel registro “mod.
21”, nella parte relativa alle richieste del PM (colonna 17); così pure la
prescritta comunicazione al Procuratore Generale;
3. l’eventuale avocazione da parte del P.G. potrà essere
annotata nel registro “mod. 8” (registro delle indagini avocate)
I successivi sviluppi del procedimento andranno
riportati degli ordinari registri, tenendo sempre conto che l’ente è equiparato
all’imputato e dell’indagato; in particolare, il riferimento all’imputazione va
tradotto in “contestazione” dell’illecito all’ente.
Va infine rilevato che non è esatto dire – come si fa nell’articolo – che il P.M. ha iscritto l’ente perché, evidentemente, non c’era il modello di organizzazione e gestione o perchè, pur essendoci, era inadeguato.
La valutazione circa l’esistenza e l’adeguatezza dei modelli di organizzazione e gestione è un quid successivo rispetto all’iscrizione dell’ente.
Il P.M. in altri termini – avendo ritenuto ipotizzabile un coinvolgimento delle società - ha iscritto (rectius: annotato) “immediatamente”, “gli elementi identificativi dell’ente, unitamente, ove possibile, alle generalità del suo legale rappresentante nonché il reato da cui dipende l’illecito”.
Tale annotazione – da cui decorre il termine per l’accertamento dell’illecito amministrativo - è suscettibile di comunicazione all’ente o al suo difensore negli stessi limiti in cui è consentita la comunicazione delle iscrizioni della notizia di reato all’indagato (art 55 comma 2).
In esito alle indagini, lo stesso organo inquirente potrà archiviare o contestare l’illecito, a seconda che l’ente provi (ex art 6, se si tratta di reato commesso da un soggetto apicale) o meno, di aver adottato ed effettivamente attuato i c.d. compliance programs.
Siamo finalmente giunti alla fase di applicazione concreta del d.lg. 231.
Sulla scia della Procura di Milano altri organi inquirenti potrebbero incriminare una persona giuridica, decidendo di ritenere pienamente operativa la normativa in questione, pur in mancanza del regolamento d’esecuzione.
Del resto questa soluzione interpretativa era già stata sostenuta nell’articolo “La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per illeciti dipendenti da reato” (M. Arena – R. Olivo, in questa Rivista), sul presupposto che, a ben vedere, il d.lg. non subordina la sua effettiva operatività all’emanazione del regolamento.
Il secondo tassello necessario per la concreta operatività del. D.lg. 231 è stato infine realizzato, mediante l’approvazione in via definitiva del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti (Consiglio dei Ministri del 18 ottobre 2002 ).
Nell’anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato (istituita, ex art 80, presso il casellario giudiziale centrale) verranno iscritti per estratto:
- i provvedimenti giudiziari definitivi che applicano agli enti le sanzioni amministrative di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;
- i provvedimenti giudiziari definitivi relativi all’esecuzione delle stesse sanzioni;
- qualsiasi altro provvedimento che concerne a norma di legge i provvedimenti già iscritti, come individuato con D.P.R., ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della giustizia.
Ogni provvedimento giudiziario iscritto per estratto contiene i seguenti dati:
- denominazione e codice identificativo (codice fiscale) dell’ente cui si riferisce il provvedimento giudiziario;
- rappresentante e sede legale dell’ente;
- numero identificativo del procedimento;
- autorità che ha emesso il provvedimento giudiziario;
- data, dispositivo del provvedimento giudiziario e norme applicate;
- luogo, data dell’infrazione e norme applicate, con riferimento a ciascun illecito amministrativo dipendente da reato;
- sanzione amministrativa applicata, con riferimento a ciascun illecito amministrativo dipendente da reato, anche nelle ipotesi di cui all’articolo 21, del d.lg. n. 231 (pluralità di illeciti).
Le iscrizioni nell’anagrafe delle sanzioni amministrative sono eliminate trascorsi cinque anni dal giorno in cui è stata eseguita la sanzione pecuniaria, o trascorsi dieci anni dal giorno in cui è cessata l’esecuzione di qualunque altra diversa sanzione, se negli stessi periodi non è stato commesso un ulteriore illecito amministrativo.
Inoltre – pur non essendo prevista dal d.lg. 231 - per evidenti ragioni di equiparazione con le persone fisiche sottoposte a procedimento penale, viene istituita l’anagrafe dei carichi pendenti degli illeciti amministrativi dipendenti da reato, nella quale si iscrivono per estratto:
- i provvedimenti giudiziari con i quali viene contestato all’ente l’illecito amministrativo dipendente da reato;
- ogni altro provvedimento giudiziario che decide sulla contestazione dell’illecito amministrativo emesso nelle fasi e nei gradi successivi.
Queste iscrizioni sono eliminate alla cessazione della qualità di ente sottoposto al procedimento di accertamento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato.
(Maurizio Arena)