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All’udienza
del 20 settembre 2004, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Milano, dott.ssa Secchi, ha disposto il commissariamento ex art 15 d.lg.
231, per la durata di un anno, di quattro società di vigilanza accusate di corruzione
e truffa aggravata nei confronti di soggetti della Pa
(Comune e Poste); la misura è stata tuttavia sospesa, per due mesi, in attesa che venga riparato il danno provocato.
La
Procura aveva chiesto l’interdizione per un anno dell'esercizio dell’attività.
La
difesa di una delle società aveva eccepito che nessun vantaggio patrimoniale fosse derivato dalla commissione dell'illecito da parte di
un proprio dipendente; il Gip replica che la responsabilità
a carico dell’ente sorge ogni volta che il soggetto, legato a vario titolo
all'ente, abbia posto in essere la condotta illecita nell' interesse o a
vantaggio dell'ente, e quindi, indipendentemente dal conseguimento in concreto
di un vantaggio.
L'ordinanza
si sofferma poi, sulla possibilità di configurare una responsabilità per i delitti
contestati all'interno di una struttura societaria complessa (pluralità di società
operanti sotto la direzione di una società capogruppo o holding).
Due
sono le principali conseguenze di un assetto societario di questo tipo:
-
da una parte la separazione dell’attività
di direzione da quella di produzione o scambio (holding «pura», che si limita
ad amministrare le proprie quote azionarie e a dirigere le società del gruppo);
-
dall'altra, invece,
l'esercizio, sia pure in modo mediato, della medesima attività d'impresa che le
società controllate esercitano in modo immediato e diretto duetto. In questa ipotesi l'oggetto della holding non è la gestione di partecipazioni
azionarie, ma l'esercizio indiretto di attività d'impresa. In questo modo è possibile
ricondurre la responsabilità alla capogruppo
Questa
circostanza permette al giudice di concentrarsi sull'efficacia dei modelli
predisposti solo dopo l'apertura dell'inchiesta.
In generale,
l'ordinanza sottolinea la necessità di «concretezza»
dei modelli, che devono essere idonei a scongiurare non in astratto ma nella
reale dinamica della vita dell'ente i rischi di commissione dell'illecito.
La stessa concretezza che giustificherà poi
l'aggiornamento dei modelli stessi. In quest'ottica
va prestata particolare attenzione ai settori e alle aree più a rischio o, comunque, più esposte alla possibilità di contaminazione da
parte della criminalità economica.
Il Gip raccomanda l'adozione di strumenti che rendano trasparente la gestione delle risorse finanziarie
per impedire che vengano create disponibilità occulte, ad esempio attraverso
emissione di fatture per operazioni inesistenti, attraverso spostamenti di denaro
non giustificabili fra società appartenenti allo stesso gruppo, attraverso
pagamenti di consulenze mai effettivamente prestate, ovvero di valore
nettamente inferiore a quello dichiarato dalla società.
Nessuno
dei modelli elaborati ex post dalle società ha ricevuto una valutazione positiva da parte del giudice (e questo ha giustificato la misura del commissariamento, presa dopo che lo stesso Gip ha riconosciuto le conseguenze negative per
l'occupazione dell'interdizione dall'attività chiesta dal Pm).
Numerose le censure: la mancata previsione, nel sistema
disciplinare, di sanzioni nei confronti dei vertici societari, la genericità
della mappatura dei reati, della formazione che non
distinguerebbe tra i soggetti più esposti e la totalità dei dipendenti.
Ma a
non convincere è stata anche la disattenzione sulle possibilità di accantonamento di fondi neri, e l’assenza di meccanismi
che, nel caso di holding, rendessero difficile il condizionamento dell'attività
delle controllale da parte della capogruppo e la previsione di ineleggibilità
nell'organismo di vigilanza solo per chi avesse riportato una sentenza di
condanna irrevocabile.
(Maurizio
Arena)