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Tribunale di Roma - Giudice per le indagini preliminari - Ordinanza
30 maggio 2003
Il giudice, letti gli atti del procedimento penale nei confronti della ditta individuale (...), per i seguenti illeciti dipendenti da reato:
art. 25, d.lgs. 231/2001, in
relazione al delitto di cui agli artt. 81 cpv., 319 e 321 c.p., attribuito a A.;
letta la richiesta di misura cautelare avanzata dal P.M. nei confronti della predetta ditta individuale;
effettuata udienza in camera di consiglio;
osserva
Il P.M. ha avanzato richiesta di misura cautelare nei confronti della ditta individuale sopra indicata ai sensi della recente legislazione in materia di responsabilità amministrativa degli enti per fatti dipendenti da reato costituita dal d.lgs. 231/2001.
In
particolare il titolare della ditta individuale per cui
vi è richiesta, si sarebbe reso responsabile di una pluralità di delitti di cui
agli artt. 81 cpv, 319 e 321
c.p., commessi nello
svolgimento dell'attività dell’impresa di cui è titolare, in conformità a
quanto ritenuto da questo giudice, che ha già comminato al predetto A. per
tali fatti la misura cautelare custodiale, con
provvedimento da intendersi qui richiamato.
A prescindere da qualsiasi aspetto relativo al merito della richiesta, occorre preliminarmente verificare l’applicabilità della disciplina invocata alla figura giuridica in esame, vale a dire alle ditte individuali.
Reputa,
infatti, questo giudice che la disciplina della legge 231/2001 non sia applicabile alle imprese individuali e dunque al caso
invocato. Al proposito occorre preliminarmente rilevare che la legislazione in
esame precisa all'art 1 l'ambito di applicazione della
legge ed in particolare i soggetti destinatari della disciplina.
La norma
richiamata. al comma 1 e al comma 2 esprime in senso
positivo il proprio ambito di applicazione, chiarendo che « Il presente
decreto legislativo disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi
dipendenti da reato. Le disposizioni in esso previste
si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e
associazioni anche prive di personalità giuridica».
Al comma 3 chiarisce, invece, in senso negativo che le
disposizioni «Non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali,
agli altri enti pubblici non economici nonché agli
enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale».
È agevole rilevare che già la portata letterale delle norme richiamate esclude che la disciplina possa applicarsi all'imprenditore individuale, atteso che essa si applica ad enti, società o associazioni, forniti o meno di personalità giuridica.
L'imprenditore
individuale, infatti, non può rientrare in alcun modo nel concetto di ente o in quello di associazione o società.
Ciò sarebbe già sufficiente ad escludere la possibilità dell'invocata applicazione, posto che neppure una lettura estensiva della norma, ad avviso di questo giudice, può consentire di far rientrare nei citati concetti la figura dell'imprenditore individuale.
Ad
ogni buon conto, atteso che la natura giuridica del tipo di responsabilità che
caratterizza questo segmento appare controversa e che anzi dovrebbe ritenersi
esclusa una sua riconducibilità allo schema della
responsabilità penale, appare necessario constatare
che sono esclusi anche i presupposti perché l'impresa individuale possa essere
ricompresa nella portata della disciplina in esame in
forza di interpretazione analogica.
Come
può agevolmente ricavarsi sia dalla lettura della disciplina in esame, sia
dalla Relazione al Parlamento che l'accompagnò, presupposto per la responsabilità in questione risulta essere quanto meno
la possibilità di una distinzione soggettiva, di uno schermo giuridico fra
l'autore del reato e il soggetto giuridico responsabile dell'illecito
amministrativo, che si è, evidentemente, avvantaggiato del reato commesso; è
possibile discutere della portata e della solidità dello schermo giuridico
concretamente richiesto dalle norme in esame (in realtà il legislatore sembra
essersi orientato per l'applicabilità della disciplina anche a situazioni
associative estremamente elementari, con una modesta soggettività giuridica),
ma in ogni caso tutta la disciplina si muove intorno al presupposto che tale
distinzione, per quanto labile ed elementare, sia comunque possibile.
Anche
la dottrina che si occupa dell'argomento si muove tutta intorno alla ricerca
dell'ambito d'intensità soggettiva e della rilevanza
dimensionale del soggetto destinatario della disciplina (tipo di associazione
o di società, dimensione, ecc.), ma non vi è alcuna ipotesi che faccia coincidere
tale ambito con quello della semplice ditta individuale.
La
stessa disciplina del procedimento applicativo, coordinata con quella sulla
rappresentanza dell'ente, palesa come il presupposto logico, ancor prima di
quello letterale, per l'applicazione della disciplina sia la possibilità di
tenere sufficientemente distinti i profili soggettivi dell'ente da quelli
dell'autore del reato, così da consentire all'ente di eventualmente
modificare, ai fini della partecipazione al procedimento, il quadro della
rappresentanza legale; nel caso in esame l'unico modo di consentire all’imprenditore responsabile del reato di partecipare al
procedimento sarebbe quello di nominare un procuratore speciale e mai quello di
costituire l'organo sociale o associativo che ha la rappresentanza dell'ente o
dell'associazione.
Anche
la portata dell'eventuale misura cautelare sarebbe destinata ad incidere nello specifico ambito soggettivo che sarebbe già attinto
dalla sanzione penale, finendo con il costituire una nuova e diversa misura sanzionatoria a carico del reo.
Il
punto, ad avviso di questo giudice, è che il legislatore non ha proprio
immaginato la possibilità che il reo ed il soggetto destinatario della
disciplina potessero coincidere completamente ed
inevitabilmente, ma ha disciplinato ipotesi sanzionatorie
da porre a carico di soggetti che fossero comunque distinti o almeno
distinguibili sufficientemente da colui che ha commesso il reato, punendo
anche questi ultimi attraverso la disciplina in esame, sul presupposto che vi
fosse un vantaggio proveniente dal reato a favore di tali ulteriori soggetti.
Nel
caso della ditta individuale, e quindi dell'impresa individuale, vi è una
piena ed indissolubile coincidenza fra i soggetti destinatari della disciplina
penale e di quella di cui alla legislazione richiamata; anzi, per meglio dire,
non può essere individuata a carico della ditta o dell'impresa individuale una
soggettività giuridica che, per quanto in modo elementare e non tale da
assurgere alla personalità giuridica, sia comunque
autonoma da quella dell'imprenditore che ne è titolare.
Ne
consegue che la misura invocata non può essere accolta.
P.Q.M.
Rigetta la richiesta.