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Tribunale
di Torino - Sezione Gup
Ordinanza
11 dicembre 2004 - 10 febbraio 2005
Il Gup Simone Perelli, a scioglimento della riserva assunta all'udienza dell’11
dicembre 2004 in ordine all'opposizione effettuata dal
difensore della società "XX" circa la modifica della contestazione
relativamente ad un illecito asseritamente connesso,
a norma dell'articolo 12 lettera b) Cpp, in conformità
a quanto disposto dall'articolo 423, comma 1, Cpp;
letta la memoria depositata dal Pm in cancelleria in
data 27 gennaio 2005;
Osserva
L'opposizione della difesa
risulta infondata.
Come accennato nelle
precedenti ordinanze, occorre prendere le mosse dagli articoli 34 e 35 del D.Lg. 231/01, che dettano le
disposizioni di carattere generale del procedimento di accertamento e
applicazione delle sanzioni amministrative.
Com'è noto, queste due
norme prevedono che per il procedimento si osservino, oltre alle norme speciali
previste dallo stesso decreto legislativo, le norme del codice di procedura
penale e le disposizioni processuali relative all'imputato, in
quanto compatibili.
Stante il chiaro rinvio
alle norme del codice di rito, deve subito anticiparsi come, a parere di questo
giudice, nessuna ragione autorizzi a ritenere
incompatibile con il procedimento di accertamento e di applicazione delle
sanzioni amministrative il disposto di cui all'articolo 423 comma 1 Cpp, richiamato dal Pm per la
modifica (rectius: integrazione) della
contestazione alla società "XX".
Il difensore della società,
nel motivare la propria opposizione, richiama l'ordinanza dello scrivente
(letta e depositata alla scorsa udienza), laddove viene
sottolineato il principio di colpevolezza seguito dal legislatore per
l'imputazione dell'illecito amministrativo.
Questo richiamo, ad avviso
del difensore, porterebbe ad escludere in radice la configurabilità
- a carico delle persone giuridiche - della responsabilità a titolo di dolo e,
dunque, impedirebbe la possibilità di procedere alla contestazione di un reato
connesso, a norma dell'articolo 12 comma 1 lettera b) Cpp.
Occorre precisare come,
nell'ordinanza richiamata, il riferimento al principio di colpevolezza stia a significare l'esclusione di ogni forma di
responsabilità a titolo oggettivo (articolo 5), a sottolineare cioè la necessità
che l'illecito sia "espressione della politica aziendale o, quanto meno,
derivi da una colpa di organizzazione".
E'
evidente, dunque, come il principio di colpevolezza evocato nella precedente
ordinanza debba essere inteso in senso generico, ossia quale elemento
costitutivo dell'illecito, alla stregua della tipicità e dell'antigiuridicità.
Elemento imprescindibile
che ha assunto un ruolo centrale nel nostro ordinamento penale, come è dato desumere dall'articolo 27 comma 1 della
Costituzione, secondo l'interpretazione ormai invalsa, in base alla quale
l'applicazione di una pena presuppone l'attribuibilità
psicologica del singolo fatto reato alla volontà antidoverosa del soggetto (mutatis mutandis: del singolo
fatto illecito ascritto alla persona giuridica).
Come la Corte
Costituzionale ha da tempo chiarito (vedasi le
sentenze nn. 364/88 e 1085/88) l'imputazione subiettiva del fatto criminoso può considerarsi veramente
conforme al principio di "personalità" a condizione che il fatto
stesso sia attribuibile all'autore almeno a titolo di colpa, mentre ove un solo
elemento della fattispecie che concorre a contrassegnare la lesività
del fatto, sia sganciato dal "dolo" o dalla "colpa", viene
meno il carattere personale dell'addebito e un' eventuale
attribuzione di responsabilità penale si pone perciò in insanabile conflitto
con l'articolo 27 , comma 1, Costituzione.
A tale principio, come si è
più volte detto, si è ispirato il legislatore anche nel tratteggiare il sistema
della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
Questo, dunque, era il
senso dell'espressione utilizzata nell'ordinanza richiamata e, quel che più
conta, così deve intendersi il principio di
colpevolezza esteso dal D.Lg. 231/01 all'illecito
amministrativo delle persone giuridiche.
Infatti, l'adattamento di
questo principio alle persone giuridiche, ha comportato la necessità di effettuare una previsione normativa dei casi nei quali - per
mancanza di colpevolezza - l'ente deve andare esente da responsabilità, al fine
di scongiurare il pericolo dello sconfinamento nella responsabilità oggettiva;
oltre ad escludere la responsabilità nel caso in cui l'agente abbia agito
nell'interesse esclusivo proprio o di terzi (articolo 5 comma 2), il decreto
legislativo enuclea espressamente i casi nei quali, nonostante la commissione
del reato, l'ente non può ritenersi responsabile in quanto nessun rimprovero,
neppure di mera disattenzione o imprudenza può essergli rivolto (articoli 6 e
7).
Ciò premesso è evidente,
come - in astratto - la colpevolezza dell'ente (si ripete: quale parametro
valutativo della relazione psicologica fatto-autore), possa
consistere indifferentemente nella volontarietà del fatto ovvero nella
involontarietà colpevole dello stesso.
Detto altrimenti, nessuna
ragione peculiare autorizza ad escludere che tra il fatto illecito e la persona
giuridica possa esistere, in considerazione della previsione e della
volontarietà della condotta, una relazione riconducibile alla categoria del
dolo.
Conseguentemente, sempre
in linea ipotetica ed astratta, non può affatto escludersi che le condotte
materiali contestate alla società "XX", rispetto ai fatti asseritamente costitutivi dell'illecito amministrativo
della persona giuridica, implicassero una relazione
soggettiva volontaristica di natura dolosa e, quindi, potessero dirsi tra loro
connesse, ai sensi dell'articolo 12, comma l,lettera b), Cpp.
In definitiva, come
anticipato, dev'essere disattesa l'opposizione della
difesa alla modifica (rectius: integrazione)
dell'imputazione, nei confronti della società XX.,
richiesta dal Pm in conformità a quanto disposto
dall'articolo 423 Cpp, richiamando la connessione di
cui all'articolo 12, comma 1 lettera b), Cpp.
PQM
Respinge l'opposizione del
difensore della società XX ed autorizza la modificazione dell'imputazione richiesta
dal P.m., in conformità a
quanto previsto dall'articolo 423, comma 1, Cpp