Con sentenza n. 37033 del 2006 la Corte di Cassazione (Sezione V, 16 giugno – 8 novembre 2006)si è pronunciata, tra l’altro, sulla titolarità del diritto di querela nei confronti dell’amministratore infedele.

In particolare si verteva in tema di querela proposta dal socio in relazione alla fattispecie di infedeltà patrimoniale ex art 2634 c.c.

Ebbene la S.C. ha ritenuto che, oltre che alla società, tale diritto competa anche al socio.

Si tratta di un importante revirement rispetto all’opinione in precedenza espressa, dalla stessa Sezione, secondo cui il reato di infedeltà patrimoniale è costruito a tutela dell’integrità patrimoniale della società, che resta individuato come effettivo ed esclusivo soggetto passivo dell’evento di danno (e quindi come esclusivo titolare del diritto di querela: Cass., V, 17 gennaio 2003 n. 20267).

Il regime di procedibilità a querela del delitto di infedeltà patrimoniale (e di quello di c.d. corruzione privata ex art 2635 c.c.) ha da subito suscitato numerosi profili problematici.

Se la persona offesa è unicamente la società, allora la querela dovrebbe essere proposta dall’assemblea; ma l’amministratore che si è reso responsabile del delitto è espressione della maggioranza dell’assemblea.

Di certo sarebbe stato preferibile attribuire espressamente a ciascun socio la legittimazione alla presentazione della querela, sul presupposto di individuare in ciascun socio il soggetto direttamente, indirettamente o anche solo potenzialmente offeso dal reato (Mazzotta, in I reati di infedeltà nelle società commerciali, a cura di D’Avirro – Mazzotta, Milano, 2004, 299).

(Maurizio Arena)