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Trib. Cosenza (dott. Branda), 20/4/09: autorizzazioni per costruzioni in zona sismica



Motivazione

Tribunale di Cosenza, sezione II penale, sentenza n. 337/09 del 20/4/09

 

Motivazione

In fatto e diritto. La signora F. M. é stata tratta a giudizio, imputata dei reati previsti dagli articoli 93 94 (in relazione all'articolo 95) del d.p.r. 380/01, per aver realizzato, in zona sismica, un manufatto con strutture portanti in legno di considerevoli dimensioni (metri 3,30 x 6,60), senza farne denuncia al competente sportello unico per l'edilizia e in assenza di autorizzazione scritta da parte del competente ufficio tecnico della Regione.

Il processo è stato istruito con la testimonianza del geometra P. S., in servizio presso il settore tecnico regionale, ed inoltre con l'acquisizione dell'ordinanza di demolizione adottata dalla Regione Calabria e del decreto penale numero 1731/07 del gip presso il Tribunale di Cosenza, divenuto irrevocabile in data 6 novembre 2007, con cui F. M. è stata condannata per il concorrente reato continuato previsto e punito dagli articoli 44 lettera c)  del citato decreto e 181 decreto legislativo 42/04, per aver realizzato la stessa opera oggetto di contestazione in questa sede, pure in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica.

All'esito il Pubblico ministero ha concluso chiedendo la condanna della imputata alla pena di euro 500,00 di ammenda; la difesa ha invece richiesto l'assoluzione con la formula perché il fatto non è previsto dalla legge come reato o, in subordine, l'applicazione del regime della continuazione con il reato già giudicato con decreto penale irrevocabile.

Ritiene il Tribunale che sia stata pienamente provata la colpevolezza di F. M. in ordine ai reati contestati in questa sede.

L'assunto difensivo fa riferimento alla legge regionale numero 7 del 1998 , rubricata  Disciplina per le costruzioni ricadenti in zone sismiche . Snellimento delle procedure in attuazione dell'art. 20 della legge 10 dicembre 1981, n. 741.

In particolare all’articolo 2 comma 1 è previsto che Chiunque intenda procedere a nuove costruzioni, ristrutturazioni o sopraelevazioni, a lavori di adeguamento e miglioramento sismico , nonché alla realizzazione di opere o ad interventi di qualsiasi tipo su strutture rientranti nel campo di applicazione delle norme sismiche , prima dell'inizio dei lavori, è tenuto a farne denuncia, depositando in triplice copia presso il Settore tecnico decentrato regionale (ex ufficio del Genio Civile), competente per territorio, il progetto esecutivo delle opere e gli allegati, secondo le modalità precisate nei successivi articoli 3 e 4”.

Dunque non è prevista alcuna autorizzazione preventiva, bensì esclusivamente una denuncia iniziale, con la previsione di controlli successivi del tutto eventuali.

Infatti il successivo articolo 5 espressamente prevede che    Il Settore tecnico decentrato regionale competente esercita il controllo sulle realizzazioni in corso d'opera e sulle opere ultimate, per accertare il rispetto delle norme tecniche sulle costruzioni e per verificare che siano stati seguiti corretti criteri di progettazione e di esecuzione, con specifico riferimento alla legge 2 febbraio 1974, n. 64.  Il controllo è eseguito con il metodo a campione, mediante sorteggi …

Al contrario la legislazione statale, introdotta con il DPR 380/01 (Testo Unico dell’Edilizia), richiamata in imputazione, prevede  all’articolo 93, che Nelle zone sismiche di cui all'articolo 83, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della regione, indicando il proprio domicilio, il nome e la residenza del progettista, del direttore dei lavori e dell'appaltatore.” ; e soprattutto, all’art. 94, dispone  che “ Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione”.

Il successivo articolo 95 prevede le sanzioni, per il caso di inosservanza ai precetti appena richiamati, sancendo che “ Chiunque violi le prescrizioni contenute nel presente capo e nei decreti interministeriali di cui agli articoli 52 e 83 è punito con l'ammenda da euro 206,00 a euro 10.329.

Dunque, in sintesi , la legislazione regionale prevede "procedure semplificate per le costruzioni in zone sismiche, fra cui l'abolizione di ogni autorizzazione preventiva, sostituita dal controllo successivo alla costruzione, con metodi a campione e a sorteggio".

La disciplina statale, ben più rigorosa, introduce la regola del controllo preventivo per tutte le costruzioni eseguite in zona sismica, la cui realizzazione deve essere necessariamente preceduta da specifica autorizzazione.

In tale contesto, l'argomentazione difensiva, tendente ad ottenere una pronuncia assolutoria - quantomeno per il reato previsto e punito dagli articoli 94 e 95, si basa sul seguente ragionamento: se la legge regionale, in ipotesi riferibile al caso di specie, non richiede l'autorizzazione, allora, non sarebbe applicabile la norma sanzionatoria  introdotta dall'articolo 95 del testo unico sull'edilizia (per chi costruisce in zona sismica senza autorizzazione), difettando un elemento integrativo della fattispecie, e precisamente la subordinazione dell'intervento edilizio ad autorizzazione, che seppur regolato da una norma extrapenale, incide indubbiamente sulla doverosa tassatività della norma incriminatrice ed anche sul giudizio di disvalore della condotta incriminata.

Occorre chiarire come si risolve il contrasto tra le due discipline.

La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto che eventuali deroghe della normativa regionale possono  applicarsi limitatamente alla materia dell'urbanistica e non possono quindi essere estese alla diversa disciplina edilizia antisismica e a quella per le costruzioni in conglomerato cementizio armato, attenendo tali materie alla sicurezza statica degli edifici, come tale rientrante nella competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, comma secondo, Cost.; ne consegue che tali opere continuano ad essere soggette ai controlli preventivi previsti dalla legislazione nazionale ed in particolare dal Testo Unico dell’Edilizia (Cass. Sez. 3, n. 38405 del 9/7/2008).

L’argomentazione è certamente condivisibile nella soluzione finale, ancorchè non del tutto pacifica nell’iter argomentativo.

Il rischio è quello di una disapplicazione di una legge regionale, operata dai giudici di merito, eludendo la via maestra della sottoposizione a scrutinio di costituzionalità.

Molte volte il Giudice delle leggi ha censurato tale procedimento ermeneutico, osservando che   la disapplicazione da parte dei giudici di merito delle leggi  regionali, effettuata considerando le stesse  alla stregua di un atto amministrativo, costituisce esercizio di potere del tutto abnorme, non previsto dal nostro ordinamento costituzionale, con palese violazione degli artt. 101, secondo comma, e 117, primo comma Cost.. Inoltre, la pretesa di sindacare la legittimità costituzionale della predetta normativa, integra violazione dell'art. 134 Cost. (non essendo il caso assimilabile al conflitto di leggi statali o regionali con regolamenti comunitari, nei cui confronti l'ordinamento interno non è più operante) atteso che, il principio, tra i basilari del nostro sistema costituzionale - per il quale il giudice, ove dubiti della legittimità di una legge deve adire la Corte costituzionale, che sola può esercitare tale sindacato, pronunciandosi, se la questione sia riconosciuta fondata, con sentenze aventi efficacia erga omnes - non può soffrire eccezione alcuna (C.Cost. 1990, n. 285).

Tuttavia, ritiene questo Tribunale di poter pervenire allo stesso risultato della soluzione adottata dalla Cassazione, sia pure attraverso una via diversa e più agevole, segnata dai principi in materia di successione di leggi.

 E’ indubbio che la legge statale – art. 94 e 95 DPR 380 del 2001 -, che sancisce  il principio della necessaria autorizzazione preventiva, sanzionandone penalmente l’inosservanza, sia entrata in vigore successivamente alla legge regionale – artt. 2 e seguenti l.r. n. 7 del 1998.

Orbene è principio consolidato nella giurisprudenza della Corte Costituzionale quello che - come ha chiarito la sentenza n. 498 del 1993 -,  anche in considerazione dell'art. 10, primo comma, della legge 10 febbraio 1953, n. 62, allorquando una legge regionale sia in contrasto con una legge dello Stato che stabilisca una norma di principio e detta legge regionale sia precedente alla legge statale, la sopravvenienza di quest'ultima deve interpretarsi come abrogativa della legge regionale (ad esempio, da questa conclusione la Corte Costituzionale ha tratto la conseguenza che non fosse ammissibile un giudizio di costituzionalità di una legge regionale che, appunto, doveva ormai ritenersi implicitamente abrogata dalla legge 47 del 1985 sul condono edilizio).

Nel caso in esame, le due norme sono effettivamente in insanabile contrasto, quella statale prevedendo la necessità del controllo preventivo sotteso alla necessaria autorizzazione per ogni singola costruzione in zona sismica, laddove quella regionale non richiede alcuna autorizzazione ma si limita a prevedere, al più, controlli successivi, a campione, o addirittura a sorteggio,   in relazione alle opere di cui è stato soltanto denunciato l’inizio di esecuzione.

Inoltre, alla legge regionale non può essere riconosciuto  neppure uno spazio residuale a livello di normazione di dettaglio; torna utile l’argomentazione – suindicata -  secondo cui la materia antisismica è riservata alla competenza esclusiva dello Stato.

Di conseguenza, in applicazione del principio affermato dalla stessa Corte Costituzionale nella decisione appena richiamata, si deve ritenere che la legge statale, successiva, ha dunque implicitamente abrogato quella regionale, sicchè è indubbio che anche per la Regione Calabria è pienamente applicabile il disposto di cui agli articoli 94 e 95 del testo unico edilizia, essendo perciò sempre necessaria l’autorizzazione preventiva, in difetto della quale è configurabile il reato sanzionato dallo stesso articolo 95.

Di certo, si tratta di una sanzione soltanto pecuniaria, ma l’efficacia preventiva della disciplina applicabile è assolutamente rilevante, se è vero  - come è vero - che impone un controllo preventivo connaturato al regime autorizzatorio, per ogni singola costruzione, superando le discutibili "procedure semplificate per le costruzioni in zone sismiche, fra cui l'abolizione di ogni autorizzazione preventiva, sostituita dal controllo successivo con metodi a campione o addirittura  a sorteggio".

Si discute inoltre se la prassi, apparentemente finora seguita dalla Regione Calabria, che continuerebbe a non ritenere necessaria l’autorizzazione, possa avere rilevanza sotto il profilo della buona fede del soggetto che ha realizzato l’opera in zona sismica, adeguandosi ai dettami dell’ufficio regionale.

Occorre premettere che, in materia di errore scusabile, a seguito della sentenza 23 marzo 1988, n. 364 della Corte Costituzionale, l'ignoranza della legge penale, a cagione della sua inevitabilità, scusa l’autore dell'illecito soltanto se incolpevole.

Le Sezioni Unite hanno poi affermato alcune linee direttrici per stabilire i limiti di tale inevitabilità, affermando che per il comune cittadino tale condizione è sussistente, ogni qualvolta egli abbia assolto, con il criterio dell'ordinaria diligenza, al cosidetto "dovere di informazione", attraverso l'espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia. Tale obbligo è particolarmente rigoroso per tutti coloro che svolgono professionalmente una determinata attività, i quali rispondono dell'illecito anche in virtù di una "culpa levis" nello svolgimento dell'indagine giuridica. Per l'affermazione della scusabilità dell'ignoranza, occorre, cioè, che da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale, l'agente abbia tratto il ragionevole convincimento della correttezza dell'interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceità del comportamento tenuto (Cass. Sez. Un. n. 8154 del 1994).

 In sintesi, al più potrebbe invocare la buona fede il soggetto che abbia comunque osservato la prassi applicativa, seguita dagli uffici regionali, di ritenete ancora applicabili i dettami della legge n. 7 del 1998.

Al contrario, - e con specifico riferimento al concreto caso -, nella prospettiva dell’imputato che ha realizzato l’opera sopra descritta senza neppure formalizzare la denuncia di inizio lavori, è da escludere il ragionevole affidamento, non avendo costui neppure osservato la prassi derivante dalla protratta applicazione della disciplina ormai abrogata.

Ciò è puntualmente accaduto nel caso di specie.

Invero, sotto il profilo oggettivo, come è stato dimostrato attraverso la testimonianza di P. S., in servizio presso l’ufficio regionale, l’odierna imputata ha realizzato il manufatto in legno, senza alcun titolo, omettendo altresì di denunciare  l’inizio dell’opera e di presentare i relativi elaborati all’ufficio competente.

La considerevole struttura portante  in legno necessitava certamente della preventiva autorizzazione di cui al citato articolo 94. Infatti, ai sensi degli articoli 83 e 94 del d.p.r. 380/01, la predetta disciplina riguarda tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità in zone dichiarate sismiche, così che in queste zone non si possono iniziare lavori edilizi di qualsiasi genere senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico regionale.

Da questo punto di vista non fa alcuna differenza che le opere edilizie abbiano natura permanente oppure precaria (sia in senso strutturale sia in senso funzionale), essendo evidente che anche un'opera precaria, sino a che non venga rimossa, può attentare alla sicurezza delle persone, se non è costruita secondo le regole tecniche stabilite per le zone sismiche (in tal senso, Cass. 2008, n. 38405).

La riconducibilità dei fatti alla stessa F., si ricava altresì, indiscutibilmente, dalla decisione di condanna, pronunciata nei confronti di F. M. dal GIP di Cosenza con decreto numero 1731/07, divenuto irrevocabile in data 6 novembre 2007, per i reati edilizio e paesaggistico, relativi alla realizzazione dello stesso manufatto senza alcun titolo.

Sotto il profilo soggettivo, come si è già detto, non avendo l’odierna imputata neppure osservato la prassi seguita dall’ufficio regionale, conformata alla disciplina della legge n. 7 del 1998   - ormai implicitamente abrogata -, è da escludersi un ragionevole affidamento o, quantomeno, l’intima convinzione di aver osservato la legge.

Sotto il profilo sanzionatorio, il reato contestato in questa sede è legato dal vincolo della continuazione con quelli già giudicati con il citato decreto, in quanto evidentemente espressivi di un medesimo disegno criminoso.

Pertanto, premesso che nel separato giudizio F. M. è stata condannata alla pena di 11.278.00 di ammenda, tenuto conto dei criteri fissati dagli articoli 133 e seguenti c.p., si stima di giustizia irrogare un ulteriore aumento di pena nella misura di euro 500,00.

Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

Tenuto conto del solo precedente non ostativo e della funzione di emenda conseguente alla presente condanna, si ritiene di poter formulare una prognosi favorevole alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Resta fermo, inoltre, l’ordine di demolizione pronunciato con il decreto ormai irrevocabile; la pena per il reato continuato, in conseguenza dell’aumento operato con la presente decisione, va rideterminata in euro 11.778,00 di ammenda (11.278,00 + 500,00).    



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