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Regione Calabria: progetto di legge su adozione obbligatoria Modelli 231

Il progetto di legge si propone di modificare l'art 54 della legge 15/2008 che aveva già stabilito l'obbligo di adozione del Modello 231 a carico delle imprese convenzionate con la Regione Calabria. (Segnalato dall'Avv. Francesco Musolino)



Il Progetto di legge è stato segnalato dall'Avv. Francesco Musolino

 

 

Proposta di legge n. 428/8^

Caratterizzazione etiche degli Enti e delle Imprese - Adeguamento degli enti e delle imprese in regime di convenzione con la Regione Calabria al D.LGS. n. 231/2001

Proponente: G. NUCERA

Depositato presso la Segreteria Assemblea del Consiglio regionale in data 6/11/2009

Comunicato in Aula nella seduta del 30/11/2009

Assegnato  in data 9/11/2009 alle seguenti Commissioni: I per l'esame di merito, ed alla II, per il parere

 

Testo

Art.1
Principi

La Regione Calabria riconosce l'importanza del principio di legalità nei rapporti con Enti terzi che operano con essa e il ruolo fondamentale dei principi di lealtà, correttezza e trasparenza nell'affidamento ed espletamento di servizi di pubblica utilità.

Art. 2
Finalità e obiettivi

La Regione Calabria, nell'ambito delle proprie competenze, in attuazione dell'art. 1 e del decreto legislativo n. 231/2001, nel rispetto dei principi della carta costituzionale, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento nazionale e comunitario e dagli obblighi internazionali, con la presente legge disciplina gli oneri cui sono tenuti a conformarsi tutti gli Enti che operano o aspirano ad operare in regime di convenzione con la Regione Calabria. Le disposizioni della presente legge sono finalizzate ad assicurare che, i servizi di pubblica utilità siano erogati tramite convenzioni stipulate con Enti terzi, che diano garanzia di legalità, professionalità, lealtà e serietà, e per la soddisfazione dei bisogni dell'utente, secondo criteri di qualità, efficienza, efficacia e trasparenza.

Art. 3
Ambito di applicazione

La presente legge si applica a tutti gli Enti di cui al precedente art. 2, comma 1, che siano forniti di personalità giuridica, o che siano società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
Ai fini dell'applicazione delle seguenti disposizioni, in particolare, per Enti si intendono tutti quei soggetti collettivi dotati di personalità giuridica quali: società di capitali, società cooperative, fondazioni, associazioni riconosciute, enti privati e pubblici economici, enti privati che esercitano un servizio pubblico in virtù di una concessione, convenzione, parificazione o analogo atto amministrativo; tutti quei soggetti privi del requisito della personalità giuridica, quali società di persone, GEIE, consorzi, associazioni non riconosciute. Tra gli Enti destinatari delle disposizioni della presente legge sono compresi le società sportive, le Sicav, le Sim, i Comitati.
La presente legge si applica, altresì, agli Enti dotati di soggettività pubblica, purchè, tuttavia, non destinati all'esercizio di un pubblico potere: Agenzie pubbliche (Asl, Enti strumentali delle Regioni e gli altri enti territoriali), Aziende pubbliche per la gestione di servizi pubblici (speciali, di Stato, locali, regionali, provinciali, consorziali, municipalizzate).
L'applicazione della presente legge si estende, infine, agli Enti pubblici autarchici nazionali che perseguono fini e interessi proprio dello Stato.
Sono esclusi dall'applicazione della presente legge gli Enti pubblici territoriali, gli altri Enti pubblici non economici, nonché gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

Art. 4
Obblighi degli Enti

Gli Enti di cui all'art. 2, comma 1, della presente legge, hanno l'onere di uniformarsi, entro il 31 dicembre 2009, alle prescrizioni di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, tramite l'adozione e l'attuazione efficace di modelli di organizzazione, direzione e gestione previsti dagli art. 6 e 7 del suddetto decreto, che prevedano, in relazione alla natura e alla dimensione dell'organizzazione nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell'attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente eventuali situazioni di rischio.
La Regione Calabria tramite il Dipartimento competente, entro 60 giorni dalla pubblicazione della presente legge, provvederà a deliberare un apposito regolamento recante disposizioni di abilitazione e riconoscimento degli Enti interessati ad instaurare un rapporto negoziale con la Pubblica Amministrazione.

Art. 5
Norma finanziaria

La Regione Calabria adotta misure economiche finalizzate ad incentivare l'adozione da parte degli Enti, di cui ai precedenti artt. 2 e 3, delle misure di garanzia previste dalle disposizioni della presente legge.
I contributi di cui al comma 1, previsti nel limite massimo di € 1.000.000,00 , sono erogati ad ogni singolo Ente, all'atto dell'abilitazione di cui all'art. 5.
Per gli oneri derivanti dalla presente legge si provvede con la disponibilità esistente all' UPB 8.1.01.01 inerente a " Fondo occorrente a far fronte agli oneri derivanti da provvedimenti legislativi che si perfezioneranno dopo l'approvazione del bilancio, recanti spese di parte corrente" che viene ridotta del medesimo importo.

Art. 6
Abrogazione

La presente legge abroga e sostituisce integralmente l'art. 54 della legge regionale n. 15/2008.

Art. 7
Norma transitoria

Gli Enti che, alla data di entrata in vigore della presente legge, operano in regime di convenzione con la Regione Calabria, hanno l'onere di conformarsi alle precedenti disposizioni. In caso di mancato adempimento, la convenzione si intende sospesa.
È fatta salva, in ogni caso, la possibilità per gli stessi Enti di adempiere e adeguarsi alle disposizioni di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 e alle prescrizioni della presente legge, entro il termine perentorio del 31 dicembre dell'anno in corso.

Art. 8
Entrata in vigore

La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.

 

Relazione introduttiva

La sicurezza sui posti di lavoro passa principalmente attraverso il contrasto ai fenomeni di criminalità economica. Questo è l'obiettivo prefissato dal nostro legislatore con l'introduzione e l'approvazione della ormai nota, per quanto mai idoneamente attuata, norma di cui al decreto legislativo n. 231/01. Con l'entrata in vigore del detto decreto, per la prima volta, è stata introdotta nel nostro ordinamento, la responsabilità penale della persona giuridica o, per meglio dire, la responsabilità della persona giuridica in relazione alla commissione di diversi tipi di reati in ambito lavorativo.
In altri termini, soggetto attivo del reato, nelle ipotesi e nelle fattispecie individuate dalla disposizione d'interesse, diventa l'ente collettivo nel suo complesso, con la previsione di sanzioni che inibiscono la sua attività imprenditoriale. Tutto questo ovviamente senza escludere la responsabilità penale dei soggetti posti in posizione apicale dell'ente, o in posizione di vigilanza.
L'excursus storico della disposizione in oggetto vede la sua origine nella legge n., 300/2000 che, con l'art. 11, ha conferito delega al Governo per l'emanazione di un decreto legislativo recante la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti privi di personalità giuridica. Tale delega ha trovato sbocco nel decreto legislativo n. 231/01, recante, infatti, la "Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni prive di personalità giuridica, a norma dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300".
Si tratta di una legge che ha il suo centro nell'introduzione di Modelli di organizzazione, gestione e controllo interno agli Enti, idonei a prevenire il verificarsi di reati, nonché a garantire la sicurezza e l'incolumità dei lavoratori. Un modello che preveda, in relazione alla natura e alla dimensione dell'organizzazione nonché al tipo di attività svolta dalla persona giuridica, misure idonee a garantire lo svolgimento delle attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio (art. 7 dlgs n. 231/01).
Il termine criminalità economica include una serie di reati che violano il codice penale e le norme civili che regolano le relazioni economiche e finanziarie fra i soggetti (le persone fisiche e giuridiche) e i relativi diritti, incluso il diritto alla proprietà ed alla sicurezza dei luoghi di lavoro e dei lavoratori.
I principali reati economici citati quotidianamente dalla cronaca sono la truffa, la corruzione, la concussione, il riciclaggio di danaro sporco, l'estorsione, la bancarotta fraudolenta, la frode fiscale (a seconda della legislazione del paese), l'appalto irregolare, tutti i crimini che utilizzano l'essere umano come merce sfruttare, come il traffico di esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione. In questo senso quasi tutti i crimini votati al lucro, all'usurpazione o all'abuso di potere sono dei reati "economici", ai quali si aggiungono i reati relativi alla mancata adozione di misure idonee a garantire la sicurezza dei lavoratori nell'esercizio delle proprie prestazioni.
Il quadro normativo del decreto legislativo n. 231/2001, prevede, pertanto, che le persone giuridiche, ad eccezione dello Stato, degli enti pubblici territoriali, degli altri enti pubblici non economici, nonché degli enti che svolgono funzione di rilievo costituzionale, siano responsabili per quei reati commessi a vantaggio o nell'interesse delle stesse da parte, sia, dei soggetti in posizione apicale, cioè, rappresentanti legali, dirigenti centrali o amministratori, o a capo di unità organizzative dotate di autonomia funzionale e finanziaria, compresi anche coloro che esercitano di fatto, poteri di gestione e controllo, sia, dei soggetti posti a direzione o vigilanza di uno dei soggetti in posizione apicale, qualora la commissione del reato sia stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza.
La prevenzione è la strada da seguire per l'eliminazione di questo tipo di reati, che hanno avuto, in questi ultimi anni, una crescita esponenziale. La prevenzione è, pertanto, anche l'obiettivo che si vuole realizzare con la presente proposta di legge.
Un piccolo passo indietro è utile per capire l'ambito dentro il quale ci stiamo muovendo.
I modelli organizzativi previsti dal decreto legislativo n. 231/2001, costituiscono, da un lato, uno strumento per la prevenzione dei reati economici e di infortuni sul lavoro, dall'altro, la loro applicazione è idonea a escludere la responsabilità dell'ente conseguente alla commissione dei reati indicati.
Prevenzione del reato ed esclusione della responsabilità dell'ente. Il primo converte in favore dello Stato e della collettività, il secondo in favore della stessa persona giuridica. Tutto questo diventa realizzabile grazie all'applicazione dei modelli organizzativi di cui al d.igs. n. 231/01, purché abbiano i contenuti dalla stessa norma delineati.

In particolare tali Modelli devono rispondere alle seguenti esigenze:

a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati;
b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire; c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
d) prevedere gli obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli;
e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

Il sindacato di idoneità sui Modelli organizzativi adottati dagli Enti, non è previsto in alcuna normativa, pertanto, finora è stato svolto dal Giudice penale chiamato ad accertare la responsabilità dell'ente stesso. L'attività di predisposizione degli stessi, pertanto, assume carattere di assoluta centralità nel processo organizzativo aziendale, al fine di poter scongiurare l'ipotesi di sanzioni nei confronti della persona giuridica. Il processo di attuazione, quindi, deve necessariamente transitare per un'accurata analisi interna, rigorosa anche nella metodologia operativa e tecnica utilizzata.
La legge regionale n. 15/2008 all'art. 54 recita espressamente che: "Le imprese che operano in regime di convenzione con la Regione Calabria, sono tenute ad adeguare, entro il 31 dicembre 2008, i propri modelli organizzativi alle disposizioni di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante la 'disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società, e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300, dandone opportuna comunicazione ai competenti uffici regionali.
L'attuazione dei dispositivi contrattuali che regolano l'esercizio di nuove attività convenzionate, ovvero il rinnovo di convenzioni in scadenza, è subordinata al rispetto delle previsioni di cui al comma 1 del presente articolo".
Ecco quanto diventa importante per le persone giuridiche che operano nel settore pubblico adeguare i propri modelli organizzativi e di gestione ai principi di cui al decreto legislativo n. 231/2001. Un Modello che si traduce in una vera e propria azione di marketing, come parte integrante della politica di comunicazione istituzionale dell'ente collettivo.
Da un contesto composto in termini di facoltà, si sta delineando nei tempo un contesto in cui la scelta della "adozione ed efficace attuazione" del Modello Organizzativo (e dei conseguenti obblighi di vigilanza) previsto dal D.Lgs. n. 231/01 non è più una scelta, per quanto necessaria, ma si sta trasformando in obbligo (come già avviene su disposizione CONSOB per aziende quotate in Borsa).
A questo processo non stanno contribuendo solo le sentenze dei Tribunali, che non esitano a condannare i dirigenti delle società, per i danni causati dalla mancata adozione di adeguati modelli organizzativi, ma anche le Regioni, che con specifici provvedimenti portano l'asse della scelta dell'implementazione di adeguati modelli organizzativi, da facoltativo a necessario, per tendere verso l'obbligatorietà. Infatti, ormai si vive in un contesto dove alla globalizzazione economico-finanziaria corrisponde sempre di più una globalizzazione legislativo-etica che non può essere elusa se si vuoi mantenere (a livello di singola azienda come di sistema Stato) una credibilità, affidabilità e reputazione in ambito nazionale ed internazionale.
Le Regioni, inoltre, stanno individuando nel modello previsto dal dlgs. 231/01 uno strumento "non unicamente per la prevenzione di eventuali illeciti, ma quale ulteriore garanzia della migliore organizzazione e trasparenza dell'operato delle Aziende" (Regione Lombardia, DCR VIII/257/06 e DGR 30/05/07 n. 8/4799). Stanno utilizzando i modelli di prevenzione reati al proprio interno e nei rapporti con i privati anche come • una risorsa per rispondere alla maggiore sensibilità verso le garanzie e alla richiesta di trasparenza delle operazioni commerciali.
Garanzie che nella nostra terra sono ancor più necessarie che altrove. Enti collusi con la criminalità organizzata, infatti, non avranno mai l'intenzione di aderire spontaneamente al suggerimento dell'adozione dei Modelli 231, proprio perché una decisione in tal senso sarebbe solo un ostacolo alla loro attività illegale ed illecita.
La criminalità si combatte a livello di cultura e combattere su questo piano significa prevenire. I legislatori hanno il dovere morale e giuridico nei confronti della collettività che rappresentano di garantire, con le leggi, un regime di operatività sul territorio caratterizzato da trasparenza e legalità. Hanno il compito, inoltre, di tutelare i lavoratori, in tutte le loro attività, con norma che garantiscano la sicurezza e impongano alle ditte l'adozione di misure idonee a prevenire infortuni e danni alla persona.
Un primo passo fondamentale è stato fatto in Calabria con la legge regionale n. 15/2008, art. 54.
In riferimento a tale norma, però, sono necessari importanti chiarimenti, per renderla più attenta alle esigenze del decreto di cui è attuazione. In questo quadro si inserisce l'importanza della nostra proposta di legge. Innanzitutto occorre, infatti, conformare l'ambito di applicazione della legge regionale n. 15/2008, art. 54, con quella del decreto legislativo n. 231/2001. Occorre, inoltre, delineare specificamente l'obbligatorietà dell'adeguamento dei modelli in oggetto, per ottenere maggiore garanzia di professionalità, trasparenza, lealtà e correttezza di tutti quei soggetti che operano nell'ambito delle Pubbliche Amministrazioni.
Quella qui contenuta, pertanto, è la disciplina legislativa che porterà finalmente all'attuazione vera e propria, a livello regionale, in termini precisi e tecnici, se pur semplici, dei principi di cui al decreto legislativo n. 231/2001. Compito di chi opera in ambito legislativo è di dare certezza al diritto, di contribuire affinchè le disposizioni normative siano di chiara comprensione e lascino il meno possibile margini di discrezionali interpretazioni. Questo è spesso il motivo per cui nel nostro ordinamento si susseguono, leggi su leggi riguardanti la medesima materia, senza comunque rendere il dettato normativo certo e sicuro nella comprensione e nell'applicazione.
Il disegno di legge che segue chiarirà da subito (art. 1) le proprie finalità e i propri obiettivi, all'interno dei quali potrà essere risolto ogni eventuale, se pure improbabile, problema interpretativo, definendo, pertanto, le intenzioni che stanno alla base dello stesso disegno.
Come già espresso, di importanza strategica sarà la disposizione che delimiterà l'ambito di applicazione della proposta di legge, cha ha da sempre rappresentato oggetto di discussione. Il decreto legislativo n. 231/2001, infatti, si applica a tutte le persone giuridiche, mentre la legge regionale n. 15/2008 (art. 54) alle sole imprese discostandosi, pertanto, dalla norma di partenza, della quale dovrebbe, invece, rappresentare una sua naturale conseguenza, come attuazione a livello regionale.
La proposta di legge, inoltre, sostiene finanziariamente per mezzo di incentivi tutte le persone giuridiche che si adegueranno alle disposizioni della norma stessa.
Il modello, di cui si parla, sarà, pertanto, un obbligo, un documento interno, confidenziale e riservato agli addetti ai lavori, da mostrare solo in caso di giudizio penale e al fine della potenzialità esimente, e, infine, un utile come strumento di comunicazione istituzionale societaria verso gli stakeholder. Sicuramente sarà considerato vantaggioso da tutti coloro che credono nella legalità dell'azione della nostra politica regionale.

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