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Modello 231 e Rating d'Impresa

Riassumo qui di seguito i contributi inviati in sede di consultazione ANAC sul Rating di impresa (chiusa il 27 giugno scorso), con precipuo riguardo alla considerazione del Modello organizzativo ex d.lg. 231/2001.

Le evidenziazioni in grassetto sono mie.

CONSIP
A pag. 8 si prevede, quale ulteriore elemento di valutazione positiva, l’adozione da parte delle imprese di un modello organizzativo idoneo, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. Tale elemento di valutazione appare non coerente con la nozione di “operatore economico” di cui all’art. 3, comma 1, lett. p), del D.Lgs. 50/16, la quale ricomprende anche le persone fisiche. Il D.Lgs. 231/01, infatti, si applica agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica. Si richiede inoltre di chiarire cosa si intende per modello organizzativo “idoneo” e se i contenuti del modello 231/01 espressamente indicati da codesta Autorità nel documento in consultazione siano vincolanti ai fini della determinazione di tale idoneità.

ACI (Alleanza Cooperative Italiane)
Da questo punto di vista è fondamentale che il sistema di Rating sia di semplice applicazione ed a costi contenuti, poiché solo in tal caso sarà possibile assicurare l’applicazione del sistema alle Piccole e Medie Imprese. In considerazione di ciò, in luogo dell’adozione di modelli organizzativi particolarmente complessi ed onerosi per le piccole e medie imprese (ad es. il modello ex d.l.vo 231/2001) riteniamo opportuna la valorizzazione, in alternativa, dell’adesione delle PMI a schemi o basati su protocolli stipulati tra le associazioni d’impresa e la pubblica amministrazione e che assicurino il comportamento virtuoso delle aziende, il controllo dell’attività contrattuale e la selezione dei partner commerciali secondo criteri di legalità. Ciò assicurerebbe la possibilità per le piccole e medie imprese di adeguarsi alle nuove previsioni del Codice attraverso procedure alternative sostenibili e potenzialmente più efficaci sotto il profilo delle garanzie di legalità (in questi termini anche Legacoop).
In ordine al Sistema di Rating di Impresa, si ritiene che i “requisiti reputazionali” cui detto sistema è connesso, affinché lo stesso possa essere effettivamente efficace e consenta di orientare l’azione degli operatori economici verso modelli virtuosi, debbano essere qualcosa di più ampio e complesso rispetto ai soli elementi considerati dalla AGCM per il rilascio del “rating di legalità”.
L’attuale normativa del rating di legalità, infatti, prevede delle condizioni “on/off”, la cui presenza o assenza rende possibile o impossibile ottenere il rating medesimo. In nessun modo trovano spazio o riconoscimento percorsi riabilitativi in atto.
Il rating reputazionale, proprio perché sistema destinato ad assumere inevitabilmente valenza sanzionatoria, deve necessariamente valorizzare i percorsi di ravvedimento o riabilitazione intrapresi dall’impresa.
Si consideri, ad esempio, l’ipotesi di imprese condannate ex L. 231/01 per fatti imputabili ad una governance non più presente in azienda, che abbiano completato un cammino di cambiamento, trasformazione e riorganizzazione e quindi abbiamo nuovamente acquisito credibilità e “reputazione” sul mercato, che non potranno, secondo l’attuale dettato normativo, avere accesso al rating di legalità. In un concetto di giustizia riabilitativa, dette imprese devono poter godere comunque di un buon “rating reputazionale”, proprio perché il percorso virtuoso compiuto deve trovare un premio e una visibilità e non può vedersi vanificato da un’estromissione dai pubblici appalti.
Sarebbe pertanto opportuno sollecitare le competenti Autorità, a definire sistemi di valutazione che tengano conto di percorsi di “ravvedimento operoso” in atto.
E’ di facile intendimento come sistemi di premialità di tal sorta, possano divenire ulteriori e potenti strumenti per il raggiungimento della finalità prima per cui le Autorità indipendenti esistono, ovvero la lotta all’illegalità e alla corruzione.

ANCE
Con riguardo agli ulteriori possibili requisiti reputazionali e, nello specifico, all’adozione da parte delle imprese di un modello organizzativo ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, potrebbe inserirsi, quale ulteriore premialità, l’adozione dell’asseverazione del suddetto modello organizzativo da parte degli Organismi paritetici abilitati.

ANIEM – Associazione nazionale imprese edili manifatturiere
 A pagina 5, in sede di definizione degli indici espressivi della capacità strutturale, onde evitare sovrapposizioni in ambito a valutazioni SOA, si chiede di operare per indicatori diversi, tra cui viene evidenziato il modello 231. Tale passaggio si ritiene uno sdoppiamento della valutazione di tale indice, poichè il modello organizzativo in parola viene in evidenza già in ambito di rating di legalità, nella valutazione del rating di legalità di cui l'ANAC già deve tener conto in collaborazione con l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Associazione Organismi Certificazione Ispezione Prova e Taratura (CONFORMA)
Nell’ambito di questi sistemi di gestione volontari, vi è una norma in particolare che può costituire un riferimento idoneo da considerare, quale elemento positivo, nella valutazione per l’attribuzione del rating in relazione alla finalità di contribuire alla lotta alla corruzione, come evidenziata dalla Linea Guida.
Si tratta dello standard ISO 37001 per un Sistema di gestione aziendale Anti-Corruzione, che, una volta certificato, fornisce garanzie sulla capacità dell’organizzazione dell’operatore di mantenere un sistema efficace di prevenzione e controllo della corruzione in modo del tutto coerente e sovrapponibile con strumenti e istituti previsti dal legislatore (L.190/2012, in materia di anti corruzione, e D.Lgs 231/2001, sui modelli organizzativi per la prevenzione dei reati), richiamati da questa Linea Guida.

Confartigianato Imprese
Ci permettiamo poi di evidenziare che in questo punto, nel tentativo di esemplificare le modalità di attribuzione del punteggio è citato più volte, come elemento positivo, il rispetto degli adempimenti riferibili al modello riconducibile al D.Lgs n. 231/2001 oltre al rating di legalità di cui si è detto. Tale modello trova una sua validità soprattutto in operatori economici dove i livelli di responsabilità sono difficilmente attribuibili, in altri modelli economici non hanno senso pratico. Inoltre il “modello 231” non può essere certificato, tuttavia, esistono varie normative che sono, di fatto, riconosciute come valide ai fini del D.Lgs. 231/01, come la BS OHSAS 18001/2007 o comunque l’implementazione di un SGSL (l’art. 30 del D. Lgs. 81/2008 ne riconosce l’efficacia esimente), la ISO 14001, ecc. pertanto, in taluni casi, si rischierebbe di attribuire il punteggio più volte per lo stesso requisito vale a dire che si potrebbe verificare il caso che uno stesso elemento possa essere utilizzato più volte per valutare l’offerente o l’offerta (se usato anche nel caso dell’OEPV).
Si esprime perplessità in merito all’utilizzo del decreto legislativo 231/01 quale ulteriore criterio premiale, posta l’oggettiva difficoltà per le imprese dimensionalmente più piccole di implementare modelli di gestione necessari ad attribuire ad una o più persone fisiche le responsabilità per gli illeciti amministrativi. Si ritiene che anche tale previsione svantaggi la possibilità per le micro imprese e le imprese artigiane di partecipare ad armi pari con le imprese di maggiori dimensioni al confronto concorrenziale in materia di appalti pubblici, pertanto si propone di espungere anche il richiamo «al rispetto del D.lgs. 231/2001», o di limitarne l’applicazione solo ai contratti “sopra soglia”.

FINCO (Federazione Industrie Prodotti Impianti Servizi e Opere Specialistiche per la Costruzione)
Per quanto riguarda l’adozione del modello organizzativo ex D. Lgs. 231/01 occorre considerare che lo stesso – oltre ad essere particolarmente complesso e costoso per le micro e piccole imprese - non può entrare nella valutazione dell’impresa più di una volta; quindi se, per esempio, è già stato usato ai fini del rating di legalità non può nuovamente, ed autonomamente, essere preso in considerazione ai fini del rating di impresa.

CPL Concordia soc. coop.
Poiché i requisiti reputazionali alla base del rating d’impresa tengono conto, come si è detto, del rating di legalità, oltre che dei precedenti comportamenti delle imprese rispetto ai tempi ed ai costi dell’esecuzione e dell’incidenza del contenzioso sia inerente alla partecipazione alle procedura di gara che alla esecuzione del contratto, e della regolarità contributiva, ogni "incidente di percorso" nel quale incorra l'impresa, potrebbe costituire una nuova atipica forma di interdittiva per il venire meno del rating, tanto più pericolosa in quanto priva delle garanzie previste per le corrispondenti misure adottate ai sensi del d.lgs 231/01.
Un terzo decisivo elemento di riflessione si rivolge all'assenza di previsioni capaci di valorizzare il comportamento virtuoso intrapreso dalle aziende e gli effetti che lo stesso ha per le aziende che siano incorse in precedenti "disavventure" reputazionali. Il sistema 231 ha, sia pure a limitati effetti, dato esplicito riconoscimento al ravvedimento operoso in attuazione delle moderne visioni della pena, peraltro recepite a livello costituzionale, che le assegnano una funzione non esclusivamente punitiva, ma rieducativa e promozionale. Il sistema del rating non contiene previsione alcuna al riguardo. Meccanismi reputazionali ben disegnati ed implementati possono essere di grande utilità, ma al tempo stesso possono produrre gravi inconvenienti ove non siano ben costruiti.
Proprio la recente esperienza di CPL Concordia, nota a codesta Autorità, non permette di dimenticare che l'impresa accusata di gravi violazioni di legge, sottoposta a pesanti misure cautelari ai sensi del 231/01 ad interdittive prefettizie e commissariamento, poteva fregiarsi del rating di legalità, legittimamente attribuito dall'AGCM sulla base dei requisiti richiesti dalla legge. Orientando la costruzione del rating come sommatoria di elementi storici e formali, sarebbe premiata l'impresa mal strutturata e ad altissimo rischio di legalità, ma fortunosamente sfuggita a procedimenti e sanzioni, e penalizzata l'impresa virtuosa che, proprio per essere incorsa in tali vicende, abbia profondamente innovato il sistema di governance e dei controlli divenendo altamente affidabile sul piano delle garanzie di legalità.
La riflessione che si propone investe, dunque, la necessità di correggere ed implementare il sistema secondo valutazioni complete e aggiornate i cui punti qualificanti dovrebbero essere non esclusivamente il “curriculum” dell’impresa, ossia la sua storia passata, ma anche il suo presente dovrebbe essere alla base del rating.
L'analisi approfondita di tutti gli elementi rilevanti: esistenza e adeguatezza dei codici etici e di comportamento, dell'ODV, del Collegio sindacale, del sistema di revisione dei bilanci e delle certificazioni di qualità, completezza del sistema dei controlli, grado di cogenza delle procedure, attività di informazione e formazione, obblighi di informativa.
Non una logica di pura penalità, costruita su elementi formali negativi capaci di determinare l'esclusione dal mercato, (effetto incapacitante), ma una diversa articolazione del rapporto tra elementi negativi costituiti dalle penalità formalmente rilevabili dal curriculm ed elementi positivi costituiti dal percorso virtuoso compiuto o intrapreso (effetto riabilitante) dovrebbe ispirare il sistema del rating.
Alla rilevazione di elementi negativi gravi potrebbe accompagnarsi la previsione di maggiori controlli, monitoraggi, attività ispettive, nonché l'imposizione di particolari obblighi (che possono attenere alla struttura organizzativa, ai sistemi di controllo di primo, secondo e terzo livello, alla puntuale rendicontazione sulla base di uno schema definito da un soggetto terzo) che ad un effetto penalizzante dovuto ai maggiori costi addossati all'impresa uniscano un effetto di risanamento e di controllo (effetto terapeutico).

Fastweb
Tra i requisiti del Modello 231 indicati a pagina 8 del documento di consultazione, si propone di premiare anche i seguenti elementi: o la presenza di apposite regole anticorruzione; o l’adozione di strumenti di responsabilità sociale di impresa (es. bilancio sociale) in linea con l’art. 30 d.lgs. 50/2016 comma 1 che tra i principi per l’esecuzione e l’aggiudicazione degli appalti indica il criterio ispirato ad esigenze sociali; o l’introduzione da parte dell’impresa di strumenti volontari (231, procedure, bilancio sociale…); o l’anzianità di servizio in questa materia. Si ritiene infatti che vada premiata l’affidabilità delle imprese che da anni investono costantemente sul tema compliance e anticorruzione, rispetto a chi ha intrapreso la stessa strada da poco. Ad esempio per le società costituite prima del 2001 (anno di entrata in vigore della legge 231) si propone di premiare chi ha adottato un modello 231 stabile da almeno 7 anni mentre per le società di nuova costituzione chi lo ha adottato entro un anno dalla costituzione.

Johnson &Johnson Medical S.p.A.
Rispetto agli “ulteriori possibili requisiti reputazionali”, si condivide di far riferimento all’adozione del modello organizzativo di cui al D.lgs. n. 231/01; ma si ritiene che, piuttosto che verificare la presenza dei requisiti elencati alle lettera da a) a f) a pag. 8 del documento di consultazione, i quali coincidono con quelli previsti dalla legislazione vigente, si dovrebbero prevedere delle premialità per quei modelli o forme organizzative che contemplino elementi ulteriori rispetto a quelli previsti e specificati dalla legge. A tal proposito, potrebbero essere premiati quei modelli che presentino, a titolo meramente esemplificativo, tali elementi:
(a) presenza di una funzione/divisione compliance specifica, separata da tutte quante le altre funzioni aziendali, e che sia del tutto autonoma (in termini di riporti interni) da funzioni commerciali/business;
(b) segregation of duties, vale a dire modello di attribuzione dei poteri e delle responsabilità, in base al quale determinate decisioni e atti possono essere adottati soltanto con la determinazione di specifici livelli di autorizzazione (es. doppia firma). In particolare, ciò consente che le decisioni più significative in termini di valore economico ovvero attinenti a materie che l’impresa stessa abbia pre-individuato quali potenzialmente a rischio siano prese con il coinvolgimento attivo di diverse funzioni (di cui almeno una di controllo);
(c) pianificazione ed attuazione di programmi di formazione periodica (per lo meno annuale) continua, costante e rigorosamente tracciata e monitorata rispetto alle tematiche della compliance e dell’anti-corruzione a cui è assoggettata l’intera organizzazione;
(d) assoggettamento dei potenziali terzi intermediari (es. agenti, distributori, rappresentanti, ecc.) a un rigoroso processo di due diligence con specifico focus sull’anti-corruzione, preliminare all’instaurazione del rapporto;
(e) verifica preventiva e vincolante circa l’opportunità di sponsorizzare, organizzare eventi ovvero affidare incarichi di consulenza a soggetti terzi nonchè circa la congruità degli importi impiegati per sponsorizzare o organizzare tali eventi ovvero per remunerare tali consulenze;
(f) appartenenza ad associazioni di categoria nazionali e internazionali, che abbiano adottato un codice etico/di comportamento, volto al rispetto di principi inerenti la trasparenza, il contrasto alla corruzione e il rispetto delle norme.

Marullo Giuliano (Il Tiglio s.r.l.)
Per evitare che l’autodichiarazione si limiti alla mera e generica affermazione da parte dell’impresa circa l’adozione di un Modello 231, senza che questa fornisca elementi in grado di attestare che quel modello sia effettivamente attuato in azienda e che tale attuazione sia sottoposta al controllo di un organo terzo ed indipendente, si segnala l’opportunità di introdurre alcuni elementi qualitativi e quantitativi al fine di consentire ad ANAC una prima valutazione circa il Modello 231 che l’impresa dichiara di aver adottato. Tali elementi potrebbero riguardare alcune caratteristiche del Modello (e quindi porsi sul piano della “astratta idoneità”) e alcune caratteristiche sull’attuazione dello stesso (e quindi porsi sul piano della “concreta idoneità”).

Pecorario Luigi (avvocato)
Da ultimo, considerata la necessità di coordinare il sistema premiante con le cause di esclusione (pag. 4 Documento di Consultazione), sarebbe opportuno precisare la portata normativa dell’art. 80, comma 5 lett. f) in combinato con la previsione di cui all’art. 83, comma 10. In particolare, occorre riflettere sul quid iuris nell’ipotesi in cui l’operatore economico abbia adottato un Modello 231 ovvero sia in possesso “dell’attestazione del modello organizzativo” ai sensi dell’art. 93 comma 7 ma lo stesso Modello fosse risultato “processualmente” non idoneo a prevenire uno dei reati presupposto ovvero l’ente sia “stato soggetto alla sanzione interdittiva di cui all’art. 9, comma 2, lettera c) del d.lgs n. 231/2001” ai sensi dell’art. 80 comma 5 lett. f)? E’ sempre ed in ogni caso escluso l’operatore economico ovvero sarebbe auspicabile precisare e distinguere tra sanzione interdittiva applicata in via “temporanea” e sanzione interdittiva applicata in via “definitiva” ai sensi dell’art. 16 comma 2 del Decreto 231? Quid iuris nel caso in cui il dettato normativo avesse ad oggetto solo una sanzione interdittiva “temporanea” e l’operatore economico abbia provveduto agli adempimenti 231? Sarebbe escluso dalla partecipazione alla procedura d’appalto? Si applicherebbe ad esso la riduzione della garanzia?
(Si auspica poi) un Sistema di sostegno, dunque, che sia idoneo a consentire alla micro e PMI - quantomeno nella fase di start up utile alla conformità al Decreto 231 (ipoteticamente circoscrivibili nei primi due anni) – non solo di implementare il Modello (in termini di mera paper compliance), ma soprattutto di attuarlo, di vigilare su di esso e di infondere nell’azienda - attraverso la formazione - il messaggio di prevenzione e di promozione della legalità sotteso alla normativa.
Terminata la fase di start up, l’azienda che avrà a quel punto chiaro il “perché” è necessario investire sulla normativa 231, potrà così continuare ad essere virtuosa in modo autonomo rendendosi di fatto - e per così dire - disponibile al mercato degli appalti ed alle premialità previste dal Nuovo Codice. Sistema di sostegno che potrà prevedere in astratto la possibilità di disporre di un “Albo” di professionisti avvocati qualificati in materia 231 (si suggerisce la figura dell’avvocato considerata sia la ratio sottesa alla normativa “idoneo a prevenire reati” come recita l’art. 6 del Decreto ma soprattutto l’eventualità “processuale” che il Modello 231 sia oggetto di valutazione da parte di un PM di un tribunale penale in un procedimento penale a carico dell’Ente) che si siano resi disponibili – previo riconoscimento di requisiti specifici del tipo di quello rilasciato dall’Ordine degli Avvocati “Esperto in responsabilità amministrativa degli enti ex lege n. 231/2001 - a seguire a costi predefiniti (per analogia si potrebbe richiamare l’istituto del gratuito patrocinio a spese dello Stato) la singola micro/PMI nella fase biennale di start up utile per portare a regime la c.d. conformità dell’azienda alla normativa 231, con conseguente e successivo obbligo da parte dell’impresa di incaricare il professionista quale consulente 231, retribuito secondo parametri predefiniti da parte dello Stato, ed idoneo altresì a ricoprire la funzione di ODV dell’ente considerata sia la modesta complessità della struttura aziendale (micro e piccole imprese) che la diffusa conoscenza del Modello avendo lui stesso provveduto ad implementarlo.
(Maurizio Arena)

I contributi inviati per la consultazione sono reperibili sul sito dell’ANAC, a questo link.

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