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Importanti le novità introdotte dalla legge 62/2005 (Comunitaria 2004) in materia di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato.
Come accennato nella Parte Prima, il d.d.l. comunitaria approvato al Senato il 20 luglio e trasmesso alla Camera il 22 luglio, era oggetto in data 20 ottobre 2004 dell’emendamento 8.50, presentato dal Governo. Detto emendamento era volto ad introdurre la disciplina comunitaria nell’ordinamento nazionale senza fare ricorso all’adozione di un decreto legislativo, ma tramite la sostituzione diretta della vigente normativa con quella nuova. Il disegno di legge c-5179 così emendato comporta, secondo quanto disposto all’art. 9, una radicale modifica delle disposizioni del TUF in materia di comunicazioni al pubblico, abuso di informazioni privilegiate, sanzioni e poteri della Consob. La parte del d.d.l. comunitaria concernente il recepimento della direttiva 2003/6/CE ha subito poi un ulteriore stralcio (diventando d.d.l. 5179-bis) ed è stato approvato dalla Camera in data 3 dicembre 2004, per poi essere trasmesso al Senato il 7 dicembre. In tale sede l’esame è iniziato il 19 gennaio e si è concluso il 13 aprile con l’approvazione del menzionato d.d.l..
La legge 18 aprile 2005 n. 62 (Legge Comunitaria 2004) è stata infine pubblicata sulla GU del 27 aprile 2005..
È dunque opportuno, a questo punto, esaminare il testo di riforma approvato, soffermandoci in particolare sui momenti maggiormente innovativi per quanto concerne la disciplina vigente in materia di informazione al pubblico, insider trading e poteri della Consob.
Preliminarmente però è da notare come il comma 1° dell’art. 9 della presente legge modifichi l’art. 4 TUF stabilendo che le informazioni ricevute dalla Consob e dalla Banca d’Italia in ragione della loro collaborazione con altre autorità, non possono essere trasmesse a terzi, né ad altre autorità, né al Ministero dell’economia e della finanze, senza il consenso dell’autorità che le ha fornite. Viene poi previsto che le autorità estere possano richiedere alla Banca d’Italia e alla Consob di effettuare indagini sul territorio italiano per loro conto e che nello svolgimento di esse il personale della Consob o della Banca d’Italia sia accompagnato da membri del personale dell’autorità competente estera. Sempre in via generale viene poi sancito che la società di gestione del mercato deve, tra i suoi compiti, adottare le disposizioni e gli atti necessari a prevenire e identificare abusi di informazioni privilegiate e manipolazioni del mercato.
Il disposto dell’art. 9, 2°c. della legge in esame è volto ad introdurre nel nostro ordinamento la nuova disciplina repressiva dell’abuso di informazioni privilegiate e della manipolazione del mercato. A ben vedere, il testo approvato mira ad una innovazione radicale di quanto previsto dalla previgente normativa, in quanto nella parte V, titolo I del TUF sostituisce interamente il precedente Capo IV (“abusi di informazioni privilegiate e aggiotaggio su strumenti finanziari”) con il nuovo Titolo I-bis, rubricato come “Abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato”, che è costituito da cinque capi, all’interno dei quali sono disciplinate rispettivamente le disposizioni generali (capo I), le sanzioni penali (capo II), le sanzioni amministrative (capo III), i poteri della Consob (capo IV), i rapporti tra procedimento penale e amministrativo (capo V). Pertanto la disciplina appare totalmente mutata anche sotto il profilo strutturale, dal momento che i suoi punti salienti, come ci apprestiamo a vedere, non conservano nulla della precedente disposizione nell’ordito normativo.
Il capo I, dedicato alle disposizioni generali, si compone degli artt. 180, 181, 182 e 183, che dettano norme di carattere generale o definitorio. Trovano previsione infatti all’art. 180 le definizioni di alcuni concetti chiave inerenti alla disciplina degli abusi di mercato, dei quali era stata chiesta la precisazione anche nell’ambito dei precedenti tentativi di delega al Governo, e che erano richiamati anche nell’ambito della disciplina già esaminata in materia di comunicazioni al pubblico. Viene dunque precisato all’art. 180 che ai fini del presente titolo si intende per:
a) “strumenti finanziari”, quelli previsti all’art. 1, 2°c., TUF ammessi alla negoziazione o per i quali è stata richiesta l’ammissione alla negoziazione su un mercato regolamentato italiano o di altro paese della U.E., nonché qualsiasi altro strumento ammesso o per il quale è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato di un paese della U.E.;
b) “derivati su merci” gli strumenti finanziari di cui all’art. 1, 3°c. TUF, relativi a merci, ammessi alla negoziazione o per i quali è stata richiesta la negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro paese facente parte della U.E., nonché qualsiasi altro strumento derivato relativo a merci ammesso o per il quale è stata richiesta l’ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato di un parese della U.E.;
c) “prassi di mercato ammesse”, le prassi di cui è ragionevole attendersi l’esistenza in uno o più mercati finanziari e ammesse o individuate dalla Consob in conformità alle disposizioni di attuazione della direttiva 2003/6/CE.
d) “ente”, uno dei soggetti indicati nell’art.1 del d.lgs. 231/01.
Viene invece prevista all’art. 181, la definizione di informazione privilegiata, valida anche ai fini della normativa sulla diffusione presso il pubblico di informazioni, di cui al riformato art. 114. Si intende dunque ai fini del presente titolo per informazione privilegiata “un’informazione dal carattere preciso, che non è stata resa pubblica, concernente, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari, che , se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari”.
Al comma 2° poi si rinviene la definizione di informazione privilegiata in relazione agli strumenti derivati su merci, che presenta gli stessi requisiti previsti al comma 2°, ma in più è previsto che deve concernere uno o più derivati su merci e che “i partecipanti ai mercati su cui tali derivati sono negoziati si aspettano di ricever[la] secondo le prassi di mercato ammesse in tali mercati”.
Entrambe le definizioni illustrate ricalcano quelle previste dalla direttiva all’art. 1, n.1, il cui contenuto (eccezion fatta per il riferimento della seconda ai derivati su merci) non si discosta molto dalla attuale previsione, ancorando la nozione di informazione privilegiata più o meno agli stessi requisiti di cui al vigente art. 180, 3°c. Costituisce invece un tratto innovativo la previsione ai successivi commi 3°, 4° e 5° di una serie di disposizioni volte a puntualizzare la portata e il significato di alcuni dei requisiti menzionati.
Stabilisce il comma 3° che un’informazione può dirsi di carattere preciso se (a) “si riferisce ad un complesso di circostanze esistente o che si possa ragionevolmente prevedere che verrà ad esistenza o ad un evento verificatosi o che si possa ragionevolmente prevedere che si verificherà”, oppure se (b) “è sufficientemente specifica da consentire di trarre conclusioni sul possibile effetto del complesso di circostanze o dell’evento di cui alla lettera a) sui prezzi degli strumenti finanziari”. Il criterio sub a) appare dunque imperniato su elementi fattuali, concretamente riscontrabili, che sono oggetto dell’informazione privilegiata e che si sono verificati o che vi è una ragionevole probabilità che si verifichino. Tali elementi, che possono consistere in più circostanze (presumibilmente tra loro concordanti) o in un singolo evento, devono essere idonei a delimitare il contenuto dell’informazione, rendendolo concretamente afferrabile. All’opposto, il criterio sub b) sembra riferirsi ad elementi inerenti alla sfera valutativa quale può essere un giudizio prognostico riferito alle possibili conseguenze scaturenti dai fatti oggetto dell’informazione. Sembra però che il secondo criterio si ponga in una posizione accessoria al primo, dal momento che l’attività speculativa che consente di trarre conclusioni, per non essere totalmente infondata, deve comunque prendere le mosse da elementi concreti concernenti il contenuto dell’informazione privilegiata, ossia dagli stessi elementi capaci di integrare il criterio sub a). In ogni caso si vedrà solo dopo che la normativa troverà applicazione, se i criteri proposti saranno in grado di dispiegare un’azione di discernimento assai più efficace rispetto alle conclusioni cui era giunta la dottrina.
Il comma 4° dell’art. 181 fornisce poi un metro per rilevare il requisito della price sensitivity, che viene identificata nella capacità dell’informazione di influire sulle scelte di investimento dell’investitore ragionevole. Detto criterio, nuovo alla normativa italiana, ma da tempo presente nell’ esperienza anglosassone, con il nome di regular user test, ha già destato più di una perplessità sulla sua reale capacità definitoria.
Il comma 5°, ricalcando la disposizione di cui all’art. 1, n. 1., 3°c. della direttiva 2003/6/CE, definisce l’informazione privilegiata per quanto riguarda le persone incaricate dell’esecuzione di ordini relativi a strumenti finanziari: detta specie di informazione privilegiata comprende anche “l’informazione trasmessa da un cliente e concernente gli ordini del cliente in attesa di esecuzione, che ha un carattere preciso e che concerne, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari, che , se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari”. Perciò i tratti peculiari di dette informazioni consistono nella loro trasmissione ad opera di un cliente e la loro inerenza ad ordini di questi in attesa di evasione.
L’art. 182 delimita invece l’ambito applicativo della disciplina, sancendo al comma 1° che i reati e gli illeciti di cui al presente titolo sono puniti secondo la legge italiana anche se commessi all’estero, purché attengano a strumenti finanziari ammessi o per i quali è stata fatta richiesta d’ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano. Mentre il comma 2° prevede, salvo quanto disposto dal comma 1°, l’applicabilità delle disposizioni di cui agli artt. 184, 185, 187-bis e 187-ter (ossia le disposizioni che disciplinano le fattispecie di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato ai fini penali e amministrativi) per i fatti concernenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione o per i quali è stata presentata una richiesta d’ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di un altro Stato membro. Il disposto dell’art. 182 pertanto si estende oltre quanto previsto dall’art. 10 della direttiva 2003/6/CE, che basava l’ambito applicativo esclusivamente sul principio di territorialità, mentre sembra conservare la attuale previsione che punisce i fatti inerenti a strumenti finanziari quotati in un mercato regolamentato italiano, anche se commessi all’estero, disciplinando prima il regime eccezionale, in seguito quello avente validità generale.
L’art. 183 invece prevede i casi in cui la disciplina del titolo in esame non trova applicazione, ossia (a) nei confronti delle operazioni di politica monetaria, valutaria, di gestione del debito pubblico, compiute da qualsiasi Stato membro o da una sua Banca centrale, dal Sistema europeo delle Banche centrali o da qualsiasi ente o soggetto che agisca in loro nome o per loro conto; ovvero (b) nei confronti di negoziazioni di azioni, obbligazioni o di altri strumenti propri quotati, effettuate nell’ambito di un programma di riacquisto da parte di un emittente o di società controllate o collegate, ed alle operazioni di stabilizzazione di strumenti finanziari che rispettino le condizioni stabilite dalla Consob con regolamento. Il dettato dell’articolo in esame perciò recepisce fedelmente i casi fatti salvi dall’applicazione della normativa di cui al 32° e 33° “considerando” della citata direttiva.
Il testo approvato in esame prevede sia un apparato sanzionatorio di carattere penale, già presente nell’attuale disciplina, sia un apparato sanzionatorio di carattere amministrativo. Vista la compresenza di tali due diverse tipologie di risposta punitiva, il legislatore ha predisposto anche due previsioni differenziate delle condotte integranti l’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato: l’una rilevante ai sensi della disciplina penale, l’altra ai sensi di quella amministrativa.
La disciplina penale è contenuta nel capo II del titolo in esame, comprensivo degli artt. 184, 185, 186 e 187.
L’art. 184 prende il posto del previgente art. 180, disciplinando la fattispecie del reato di abuso di informazioni privilegiate e prevede pertanto che sia punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro ventimila ad euro tre milioni chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di organi di amministrazione, direzione, controllo dell’emittente, della partecipazione all’emittente, ovvero dell’esercizio di un’attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio: (a) acquisti, venda o compia altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto terzi, su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime; (b) comunichi tali informazioni ad altri, al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio; (c) raccomandi o induca altri, sulla base di esse, al compimento di taluna delle operazioni indicate alla lettera a).
Il disposto del presente articolo ricalca il modello di fattispecie delineato all’art. 2 della direttiva, a cominciare dalla formulazione delle condotte vietate, coincidenti con la consueta triade: insider trading, tipping, tuyautage . Al riguardo è da sottolinearsi come sia stato recepito fedelmente il testo della normativa comunitaria, perciò, per quanto concerne il divieto di insider trading in senso stretto, la locuzione “avvalendosi” propria del previgente art. 180, è sostituita con “utilizzando”, senza però conseguenze sul piano contenutistico. Rappresenta invece una novità assoluta in tutta l’esperienza legislativa italiana, la completa irrilevanza ai fini della disciplina penale delle condotte di tippee trading, che, come vedremo, ai sensi del presente dettato normativo sono sottoposte solamente a sanzioni di tipo amministrativo.
Una precisa corrispondenza tra la normativa comunitaria e quella scaturente dalla legge in esame. è riscontrabile anche nell’ambito dei soggetti attivi. Infatti, accanto alla classica previsione delle tre famiglie di insiders ( corporate insiders, temporary insiders, soci insiders), ai sensi del comma 2° del medesimo articolo 184 sono sottoposti alla stessa disciplina i c.d. insiders criminali, ossia coloro che possiedono informazioni privilegiate in virtù della preparazione o esecuzione di attività criminose, la previsione dei quali rappresenta un momento fortemente innovativo della disciplina comunitaria. Per quanto attiene invece alle sanzioni, è evidente come esse siano state inasprite, essendo la sanzione pecuniaria circa raddoppiata nel minimo ed innalzata da 309.874 a tre milioni di euro nel massimo. Lo stesso vale per la pena detentiva, attualmente prevista solo in un massimo edittale pari a due anni, la quale invece ai sensi della attuale disciplina oscilla dal minimo di un anno al massimo di sei. Il successivo comma 3° inoltre, innovando il disposto del precedente 4° comma dell’art. 180, prevede la facoltà per il giudice di aumentare la multa fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il profitto o il prodotto conseguito dal reato, qualora la pena si mostri inadeguata anche se applicata nel massimo a motivo delle qualità personali del colpevole, dell’entità del prodotto conseguito o per la rilevante offensività del fatto.
L’altra grande specie di abuso di mercato, ossia la manipolazione del mercato, è disciplinata all’art. 185., che prevede la pena della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro ventimila ad euro cinque milioni per chiunque diffonda notizie false o ponga in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari. Anche per la fattispecie di reato in questione, ai sensi del comma 2°, il giudice ha la facoltà di aumentare la multa fino al triplo o fino al maggior importo pari a dieci volte il profitto conseguito, qualora la sanzione risulti inadeguata anche se applicata nel massimo, per le medesime ragioni elencate all’art. 184, 3°c.
L’art. 186, analogamente a quanto stabilito dal previgente art. 182, prevede in caso di condanna per uno dei delitti di cui al presente capo, l’applicazione delle pene accessorie ex artt. 28, 30, 32-bis e 32-ter per una durata non inferiore a sei mesi e non superiore a due anni, nonché la pubblicazione della sentenza su due quotidiani,di cui uno economico, a diffusione nazionale. Detta condanna poi comporta, similmente a quanto in precedenza previsto all’art. 180, 5°c., anche la confisca del prodotto o del profitto conseguito dal reato e dei beni utilizzati per commetterlo. Va sottolineato in proposito che la previgente normativa dispone la confisca anche in caso di applicazione della pena su richiesta (ex art. 444 c.p.p.), mentre il disposto dell’art. 187 del testo riformato limita la sua applicazione solo ai casi di condanna, ma in aggiunta, al comma 2°, prevede che qualora non sia possibile eseguire la confisca così come prevista al comma 1, la stessa può avere ad oggetto una somma di denaro o beni di valore equivalente, di modo che tale misura possa comunque dispiegare la sua azione stigmatizzante nei confronti dell’insider condannato.
Come accennato in precedenza, la maggiore innovazione che apportata dalla presente riforma, consiste nell’introduzione nella nostra normativa di una disciplina di carattere amministrativo, diretta al pari di quella penale alla repressione degli abusi di mercato, ma che, in ragione della sua natura, possa garantire un’azione deterrente maggiormente tempestiva e mirata.
Detta disciplina è contenuta nel capo III del testo approvato e consta degli articoli da 187-bis a 187-septies.
L’art. 187-bis disciplina l’abuso di informazioni privilegiate, sottoponendo chi pone in essere le medesime condotte di cui all’art. 184 (salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato), ad una sanzione amministrativa pecuniaria da euro ventimila ad euro tre milioni. Tale sanzione, analogamente a quanto avviene in ambito penale, trova applicazione anche nei confronti di coloro che sono in possesso di informazioni privilegiate in virtù della preparazione o esecuzione di attività delittuose.
In aggiunta, le sanzioni amministrative sono irrogate, ai sensi del comma 4°, più genericamente nei casi in cui le condotte illecite siano poste in essere da chiunque sia in possesso di informazioni privilegiate, conoscendo o potendo conoscere in base ad ordinaria diligenza il carattere privilegiato delle stesse. Conseguentemente sono ricomprese nell’area della punibilità anche le condotte di tippee trading, rilevando ai sensi della disciplina in esame, non tanto l’ottenimento dell’informazione privilegiata dall’insider, quanto il possesso stesso dell’informazione medesima e la coscienza, che sembrerebbe in certi casi potersi presumere, del carattere privilegiato delle stesse.
Ai sensi del comma 5° del medesimo articolo 187-bis, analogamente a quanto avviene per le sanzioni penali, il giudice ha la facoltà di aumentare la pena fino al triplo o al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dall’ illecito, qualora le sanzioni, per le qualità personali del colpevole o per l’entità del profitto conseguito, si rivelino inadeguate anche se applicate nel massimo.
Infine il comma 6° equipara ai fini dell’applicazione delle sanzioni amministrative, il tentativo alla consumazione, probabilmente al fine di accrescere l’azione deterrente della normativa, e dal momento che in ambito amministrativo sembra avvertirsi in misura inferiore la strettissima correlazione tra sanzione irrogata ed effettiva lesione arrecata, propria del principio penalistico di offensività.
Articolata e complessa è poi la disciplina prevista dall’art. 187-ter in materia di manipolazione del mercato, che andrebbe a sostituirsi a quanto disposto in tema di aggiotaggio su strumenti finanziari dall’art. 2637 c.c.
Sancisce il comma 1° che, salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con una sanzione amministrativa da ventimila a cinque milioni di euro, chi tramite mezzi di informazione (compreso internet) od ogni altro mezzo, diffonde informazioni , voci o notizie false o fuorvianti, che siano capaci o anche solo suscettibili di fornire indicazioni false o fuorvianti in merito agli strumenti finanziari. Per quanto concerne le sanzioni inoltre, è anche in questo caso prevista al comma 5° la solita disposizione che consente al giudice di aumentare la pena se inadeguata anche applicata nel suo massimo.
Come si può evincere dunque, il comma 1° concerne le manipolazioni di mercato poste in essere tramite la diffusione di informazioni, ossia la già incontrata information based manipulation; al riguardo è poi sancito al comma seguente che la diffusione di dette informazioni ad opera di giornalisti nello svolgimento della loro professione, va valutata, analogamente a quanto previsto dall’art. 1, n. 2, lett. c) della direttiva 2003/6/CE, tenendo conto delle norme di autoregolamentazione proprie di tale professione, salvo che il giornalista stesso abbia tratto un vantaggio o un profitto dalla diffusione delle notizie. Tramite siffatta disposizione sembra possibile far rientrare nell’area della punibilità anche il fenomeno dello scalping, fino ad oggi sconosciuto nel nostro ordinamento a causa della mancanza di una disciplina esaustiva inerente ai giornalisti finanziari ed ai soggetti che hanno accesso ai mezzi di informazione.
Le altre specie di condotte manipolative, ossia quelle poste in essere tramite operazioni sul mercato, sono previste ai sensi del comma 3° del medesimo art. 187-ter, che, sempre fatte salve eventuali sanzioni penali, punisce con la stessa sanzione amministrativa di cui al comma 1° chiunque ponga in essere:
a) operazioni od ordini di compravendita che forniscano o siano idonei a fornire indicazioni false o fuorvianti riguardo all’offerta, alla domanda o al prezzo di strumenti finanziari;
b) operazioni od ordini di compravendita idonei, tramite l’azione di una o più persone che agiscono di concerto, di fissare il prezzo di mercato di uno o più strumenti finanziari a livello anormale;
c) operazioni od ordini di compravendita che utilizzino artifizi od ogni altro tipo di inganno o di espediente;
d) altri artifizi idonei a fornire indicazioni false in merito all’offerta, alla domanda o al prezzo di strumenti finanziari.
A prescindere dai casi sub c) e sub d), che sembrano avere la funzione di formula di chiusura, le prime due ipotesi previste comprendono i fenomeni già citati di action e trade based manipulation, anch’essi in precedenza estranei alla normativa italiana, ma l’introduzione dei quali era inevitabile in sede di recepimento della direttiva, che dedica ampio spazio alla manipolazione condotta tramite operazioni anche simulate che incrementino artificiosamente il valore degli strumenti finanziari o il volume degli scambi ad essi attinenti. Il disposto della normativa comunitaria sembra recepito alla lettera anche per quanto concerne il comma 4° che fa salvi dalle sanzioni summenzionate chi dimostri di avere agito, nel compimento di dette condotte illecite, per motivi legittimi e in conformità alle prassi ammesse nel mercato interessato.
Risulta poi essenziale, ai fini della repressione delle manipolazioni di mercato, l’operato della Consob, che può consigliare al Ministero dell’economia e delle finanze l’introduzione di nuove fattispecie in materia, in modo da mantenere sempre la disciplina repressiva al passo con le costanti innovazioni che si susseguono in ambito finanziario; la stessa Consob poi ha il compito di rendere noti gli elementi da prendere in considerazione per la valutazione delle condotte integranti manipolazioni di mercato.
L’art. 187-quater contiene la previsione delle sanzioni amministrative accessorie conseguenti all’applicazione di quelle previste al presente capo III. Esse consistono nella perdita temporanea dei requisiti di onorabilità per gli esponenti aziendali, per i partecipanti al capitale dei soggetti abilitati e delle società di gestione del mercato, per i revisori e i promotori finanziari; per gli esponenti aziendali di società quotate è inoltre disposta anche l’incapacità temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo delle società appartenenti al medesimo gruppo. Entrambe le sanzioni si applicano per una durata non inferiore a due mesi e non superiore a tre anni. La Consob, ai sensi del comma 3°, può inoltre, in relazione alla gravità della violazione o del grado della colpa, intimare ai soggetti operanti sul mercato, di non avvalersi per massimo tre anni dell’autore della condotta illecita; a tale fine la Consob può chiedere agli ordini professionali ai quali il colpevole è iscritto, la sua temporanea sospensione dall’esercizio dell’attività professionale. Anche l’applicazione delle sanzioni amministrative, comporta, alle stesse condizioni di quelle penali, la confisca del profitto dell’illecito o dei beni utilizzati per commetterlo.
Di importanza cruciale appare poi anche il disposto dell’art. 187-quinquies, riguardante la responsabilità dell’ente. Sancisce infatti il comma 1° che in caso di compimento di illeciti di cui al presente capo commessi a vantaggio dell’ente, ad opera di persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione, o che esercitano di fatto la gestione e il controllo di esso, ovvero da parte di soggetti sottoposti alla loro direzione o vigilanza, l’ente è responsabile del pagamento di una somma pari alla sanzione amministrativa irrogata, salvo che non provi che i menzionati soggetti abbiano agito esclusivamente nell’interesse proprio o di terzi. Viene poi modificato anche il d.lgs. 231/01 sulla responsabilità amministrativa degli enti, essendo previsto al nuovo art. 25-sexies che nei casi succitati sia irrogata all’ente una sanzione pecuniaria da ottocento a mille quote.
Per quanto concerne poi la procedura sanzionatoria, dispone l’art. 182-septies che le sanzioni previste sono comminate dalla Consob con provvedimento motivato, previa contestazione degli addebiti agli interessati e valutate le contestazioni da essi presentate nei successivi trenta giorni. Tutto il procedimento deve essere retto dai principi del contraddittorio, della conoscenza degli atti istruttori, della verbalizzazione e della distinzione tra funzioni istruttorie e decisorie. Il provvedimento è pubblicato nel bollettino Consob e possono anche essere decise modalità ulteriori di pubblicazione. La Consob poi può optare, anche su richiesta dell’interessato, per il differimento o l’esclusione della pubblicazione, qualora possa derivarne un grave pregiudizio all’integrità del mercato o un danno sproporzionato per le parti coinvolte. Contro il provvedimento si può ricorrere entro sessanta giorni presso la Corte d’appello nella cui circoscrizione è la sede legale dell’opponente; se questi non ha sede legale in Italia è allora competente la Corte d’appello del luogo in cui è avvenuta la violazione, per tutti gli altri casi è competente la Corte d’appello di Roma. Detto ricorso deve essere notificato alla Consob e depositato presso la cancelleria della Corte d’appello entro trenta giorni dalla notificazione. L’opposizione comunque non sospende l’esecuzione del provvedimento, che ai sensi del comma 14° dell’art. 187-octies ha efficacia di titolo esecutivo. La sospensione invece può essere disposta con decreto motivato solo dalla Corte d’appello qualora ricorrano gravi motivi. Una volta emessa la sentenza, una copia di essa è trasmessa a cura della cancelleria della Corte d’appello alla Consob , affinché sia pubblicata per estratto sul Bollettino di questa.
Come è stato sottolineato nel corso della presente trattazione, dal momento che la repressione degli abusi di mercato dipende in larga parte dai poteri forti che sono conferiti all’autorità di vigilanza sul mercato, una riforma volta a rendere più incisiva e deterrente la disciplina in materia non poteva non intervenire anche nel campo dei poteri della Consob. In base a quanto era disposto dal TUF, all’autorità nazionale italiana era concesso, oltre all’uso dei suoi normali poteri nei confronti dei soggetti da essa vigilati, solo di richiedere notizie, dati o documenti a chiunque appaia informato sui fatti e di procedere alla sua audizione; di avvalersi della collaborazione delle pubbliche amministrazioni, potendo anche accedere all’anagrafe tributaria. Il mantenimento di un simile assetto, oltre a contravvenire a quanto dettato dalla direttiva, avrebbe vanificato in massima parte tutte le innovazioni introdotte in campo sanzionatorio, dal momento che non sarebbe stata sicuramente una soluzione ottimale ed efficiente concedere le potenti sanzioni amministrative previste ad una Consob totalmente miope per quanto concerne l’accertamento riguardo le situazioni e i destinatari nei confronti dei quali deve irrogarle.
Perciò il testo approvato non solo al capo IV recepisce in toto le indicazioni fornite in sede comunitaria, ma al suo ultimo comma dispone un aumento dell’organico della Commissione pari a 150 unità, consegnandoci una Consob finalmente al passo con le altre autorità dei Paesi europei più avanzati economicamente.
Stabilisce in via generale il 1° comma dell’art.187-octies che la Consob ha il compito di vigilare sul rispetto delle norme del presente titolo, stabilendo il riformato art. 170-bis che , fuori dai casi ex rt. 2638, chi ostacoli le funzioni della Consob, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da euro diecimila ad euro duecentomila.
Ai sensi del comma 2° del medesimo 170-bis, la Consob deve compiere tutti gli atti necessari all’accertamento delle violazioni delle disposizioni del presente titolo tramite i poteri ad essa attribuiti.
Detti poteri sono elencati al successivo comma 3° e comprendono la facoltà di: (1) richiedere notizie dati o documenti sotto qualsiasi forma, stabilendo un termine per la comunicazione; (2) richiedere le registrazioni telefoniche esistenti, stabilendo il termine per la relativa comunicazione; (3) procedere ad audizione personale; (4) procedere al sequestro di beni che possono formare oggetto di confisca ex 187-sexies; (5) procedere ad ispezioni; (6) procedere a perquisizioni nei modi di cui all’art. 33, d.lgs. 600/73 e di cui all’art. 52 del D.P.R. 633/72.
Ai sensi del comma 4° poi la Consob può altresì: (1) avvalersi della collaborazione delle pubbliche amministrazioni, potendo anche accedere all’anagrafe tributaria; (2) chiedere l’acquisizione presso il fornitore dei dati relativi al traffico telefonico; (3) richiedere la comunicazione di dati personali; (4) avvalersi dei dati contenuti nell’anagrafe dei conti e dei depositi e infine (5) di accedere, mediante apposita connessione telematica, alla centrale dei rischi della Banca d’Italia, punto assolutamente innovativo che si auspica possa contribuire a gettare le basi per una stretta collaborazione delle due autorità. Si precisa poi al comma 5° che il sequestro, la perquisizione, l’acquisizione dei dati di traffico telefonico o telematico, nonché l’acquisizione di registrazioni telefoniche, l’ispezione e l’acquisizione di dati personali riguardo a soggetti non vigilati o non compresi all’art 114, richiedono una preliminare autorizzazione del procuratore della Repubblica.
La Consob inoltre ha la facoltà di fare cessare in via cautelativa condotte che in base a determinati elementi facciano presumere il compimento di violazioni delle norme di cui al presente titolo I-bis. Di particolare interesse è poi il comma 12°, che finalmente consente alla Consob la collaborazione con la Guardia di Finanza, la quale esegue gli accertamenti che le sono richiesti valendosi dei poteri ad essa conferiti nell’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto o delle imposte sui redditi. Le notizie, informazioni e dati acquisiti dalla Guardia di Finanza in seguito alla propria attività ispettiva sono coperti da segreto d’ufficio e sono , senza indugio, comunicati solo alla Consob.
L’art. 187-nonies impone poi ai soggetti abilitati, agli agenti di cambio e alle società di gestione del mercato di segnalare, secondo quanto statuito dalla Consob con regolamento, le operazioni sospette, che potrebbero configurare una violazione delle disposizioni del titolo in esame.
Come si può notare, tutto l’apparato ispettivo e in certa misura preventivo proprio della Consob, in seguito all’approvazione della riforma in questione, viene fortemente innovato. Si ha finalemente una Consob rafforzata, che può giovarsi di strumenti realmente incisivi nell’accertare ed estirpare le condotte illecite. Ancora più significativa inoltre è la prospettiva di collaborazione che si apre con la Guardia di Finanza e, anche se in misura sensibilmente minore, anche con la Banca d’Italia, in quanto, se si potrà contare su un sistema di vigilanza e di repressione efficiente ed armonico, la Consob potrà assurgere di fatto al ruolo di polizia finanziaria che le si era tentato di attribuire in occasione della predisposizione del TUF.
Un ultimo accenno meritano infine le disposizioni di cui al capo V, concernenti il rapporto intercorrente tra procedimento penale e procedimento amministrativo.
Nel previgente sistema, come si è osservato in precedenza, il pubblico ministero che riceveva la notitia criminis aveva l’obbligo di informarne il Presidente della Consob, il quale, terminati i dovuti accertamenti, faceva pervenire a sua volta una relazione motivata sul fatto al pubblico ministero, corredandola con la documentazione raccolta.
L’approvata disciplina dal canto suo lascia più o meno immutato tale schema, precisando solo, come in parte avveniva ai sensi della l. 157/91, che il Presidente della Consob deve trasmettere la relazione motivata al p.m. solo nel caso in cui riscontri elementi che facciano presumere la sussistenza di un reato, e al più tardi una volta terminati gli accertamenti in ordine all’irrogazione di sanzioni amministrative (art. 187-decies). Si prevede inoltre all’art. 187-undecies la collaborazione tra autorità giudiziaria e Consob, al fine di agevolare l’accertamento delle violazioni.
Se in precedenza inoltre alla Consob era concesso di assumere nell’ambito del procedimento penale le facoltà e i diritti attribuiti dal c.p.p. agli enti e alle associazioni rappresentative di interessi lesi dal reato, dal canto suo l’attuale art. 187-undecies, 2°c., consente alla Commissione nazionale di costituirsi parte civile e di richiedere, a titolo di riparazione dei danni cagionati all’integrità del mercato, una somma che viene determinata dal giudice, anche in via equitativa, sulla base dell’offensività del fatto, delle qualità personali del reo, dell’entità del prodotto o del profitto conseguito dal reato.
Per quanto attiene più strettamente ai rapporti tra giudizio penale e amministrativo, l’art. 187-duodecies sancisce che il procedimento amministrativo di accertamento e il procedimento di opposizione al provvedimento emesso dalla Consob non sono sospesi dalla pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti ovvero dei fatti dal cui accertamento dipende la relativa definizione.
Riguardo invece ai rapporti tra sanzioni penali ed amministrative, logicamente è disposto all’art. 187-terdecies che, quando per un fatto costituente reato, il reo è stato sottoposto a sanzione pecuniaria amministrativa, la esazione della pena pecuniaria scaturente dal reato è limitata a quanto eccede l’ammontare della sanzione amministrativa.
(Federico Parmeggiani)