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La costruzione e la disciplina dell’ODV
Struttura e composizione
Il d.lg. n. 231 non fornisce indicazioni circa la
composizione dell’Organismo di vigilanza, il che consente di optare – in astratto – sia per
una composizione monosoggettiva
che per una plurisoggettiva.
Ovviamente
la scelta tra l’una o l’altra soluzione deve tenere conto delle finalità
perseguite dal decreto: deve trattarsi di un organismo che assicuri l’effettività dei controlli in
relazione alla dimensione ed alla complessità organizzativa dell’ente.
Le Associazioni di categoria ABI (Associazione
bancaria italiana), ASSTRA (Associazione delle imprese di trasporto) e
ASSIFACT (Associazione delle imprese di factoring) ritengono consigliabile la
composizione collegiale; ASSOGESTIONI (Associazione delle società di gestione
del risparmio) prevede un organo collegiale.
Afferma l’opportunità della forma collegiale per
gli enti medio-grandi il Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale Roma, nell’ordinanza del 4 aprile 2003.
Per quanto riguarda il
Comitato per il controllo interno, le società che ne siano dotate possono
conferire a tale organo il ruolo di Organismo di vigilanza. Il Comitato, infatti, presenta una serie di
caratteristiche che lo rendono idoneo a svolgere i compiti che il d.lg n. 231 attribuisce all’Odv.
In primo luogo, il Comitato per il controllo
interno è dotato di autonomia ed indipendenza, in quanto deve essere composto,
secondo le indicazioni del Codice di autodisciplina per le società quotate, da
amministratori non esecutivi, la maggioranza dei quali indipendenti.
Inoltre, il Comitato per il controllo interno
svolge un ruolo assimilabile a quello richiesto all’Odv.
Il Comitato, infatti, presiede al sistema di controlli interni dell’impresa,
assistendo il Consiglio di Amministrazione nella fissazione delle linee di
indirizzo e nella verifica periodica della loro adeguatezza e del loro
effettivo funzionamento, assicurandosi che i principali rischi aziendali siano
identificati e gestiti in modo adeguato; valutando il piano di lavoro preparato
dai preposti al controllo interno e ricevendo le relazioni periodiche degli
stessi.
Il Comitato valuta, unitamente ai responsabili
amministrativi della società ed ai revisori, l’adeguatezza dei principi
contabili utilizzati e, nel caso di gruppi, la loro omogeneità ai fini della
redazione del bilancio consolidato; valuta le proposte formulate dalle società
di revisione per ottenere l’affidamento del relativo incarico, nonché il piano
di lavoro predisposto per la revisione e i risultati esposti nella relazione e
nella lettera di suggerimenti; riferisce al consiglio, almeno semestralmente,
in occasione dell’approvazione del bilancio e della relazione semestrale,
sull’attività svolta e sulla adeguatezza del sistema di controllo interno;
svolge gli ulteriori compiti che gli vengono attribuiti dal consiglio di
amministrazione, particolarmente in relazione ai rapporti con la società di
revisione.
Nelle
realtà aziendali che decidano di attribuire il ruolo di organismo di vigilanza
al Comitato per il controllo interno, quest’ultimo potrà avvalersi anche dell’Internal Auditing per lo svolgimento delle
attività di vigilanza.
Le società che ne siano provviste potranno, in alternativa, decidere di
attribuire il ruolo di organismo di vigilanza alla funzione di Internal Auditing. Questa funzione è richiamata dal D. Lg. n. 58/1998 (TUF) che, all’art. 150, prevede la figura
di “colui che è preposto ai controlli interni”; dalle istruzioni di vigilanza
per le banche della Banca d’Italia, pubblicate sulla G.U. n. 245 del 20 ottobre
1998; dai regolamenti emessi nei confronti degli intermediari autorizzati delle
società di gestione del risparmio e delle SICAV dalla Banca d’Italia e dalla
Consob, che obbligano questi soggetti all’istituzione di “un’apposita funzione
di Controllo Interno”, da assegnare ”ad apposito responsabile svincolato da
rapporti gerarchici rispetto ai responsabili dei settori di attività sottoposti
al controllo”.
Peraltro, avuto
riguardo a quella parte di attività di tipo ispettivo che la vigilanza sul
Modello comporta, deve essere stabilito anche un canale di comunicazione verso
il Consiglio di Amministrazione o il Comitato per il controllo interno, ove
esistente.
In definitiva a
questa funzione già oggi viene attribuito - oltre al compito di effettuare
indagini di carattere ispettivo - anche quello di verificare l’esistenza ed il
buon funzionamento dei controlli atti ad evitare il rischio di infrazioni alle
leggi in generale, tra cui, ad esempio, quelle sulla sicurezza, sulla
protezione dell’ambiente ed in materia di privacy.
Queste
considerazioni consentono di comprendere come la funzione di Internal Auditing - se ben posizionata e dotata
di risorse adeguate - sia idonea a fungere da Organismo ex d.lg. n. 231. Peraltro, nei casi in
cui si richiedano a questa funzione attività che necessitano di
specializzazioni non presenti al suo interno, è consigliabile che essa si
avvalga di consulenti esterni ai quali delegare circoscritti ambiti di
indagine.
Sussiste, inoltre, un ulteriore motivo a favore
dell’attribuzione all’Internal Auditing del compito
di compliance. L’attività di controllo
infatti non deve essere solo prevista secondo modalità formali, ma essere anche
efficacemente attuata.
È evidente che svolgere un’attività di controllo in
linea con un corpus normativo e metodologico consolidato e riconosciuto
internazionalmente, quale è il framework dell’Institute of Internal Auditors, costituisce un oggettivo elemento di valutazione
sull’efficacia attuativa del controllo.
Da ricordare, inoltre, che gli Standard per la
Pratica Professionale dell’Internal Auditing
prevedono periodiche verifiche di terze parti, mirate proprio a
certificare l’aderenza operativa della funzione agli standard stessi.
Secondo l’ABI, nell'ipotesi in cui la banca decida di non creare
una funzione ad hoc ed identificare l'organismo di controllo con l’internal auditing, come sopra riferito, detta
funzione dovrebbe essere integrata nei
poteri ed eventualmente nella composizione.
Quanto alla composizione
ed ai relativi requisiti dei soggetti cui è affidata detta funzione, deve
essere garantito che:
i)” l'internal audit non dipende, anche per tale specifica funzione,
da alcun responsabile di aree operative;
ii) che deve essere dotato di
personale qualitativamente e quantitativamente adeguato ai compiti da svolgere;
iii) che, ove la complessità
operativa non consenta a detta funzione di svolgere adeguatamente le proprie
funzioni, essa sia integrata con soggetti terzi (anche esterni alla banca stessa)”.
(Linee guida ABI, febbraio 2004, www.abi.it)
Infine, un’ulteriore alternativa per le imprese è
rappresentata dalla istituzione di un organismo di vigilanza ad hoc,
a composizione monosoggettiva o plurisoggettiva.
In entrambi i
casi, fatta sempre salva la necessità che la funzione di vigilianza
sia demandata ad un organo dell’ente, nulla osta a che detto organo possa
avvalersi delle specifiche professionalità di consulenti esterni per
l’esecuzione delle operazioni tecniche necessarie per lo svolgimento della
funzione di controllo. I consulenti, tuttavia, dovranno sempre riferire i
risultati del loro operato all’organismo di vigilanza.
Nel settore del risparmio gestito,
ASSOGESTIONI ha optato per un organo collegiale – denominato “Giurì etico” –,
nominato dall’assemblea dei soci, su proposta dell’organo dirigente, i cui
membri devono possedere requisiti di onorabilità almeno pari a quelli previsti
per gli esponenti aziendali delle SGR, ai sensi del D.M. Tesoro n. 468/1998.
L’ASSTRA ha precisato che nelle grandi imprese
l’ODV (chiamato “Committee”) è collegiale e composto
da un membro del CDA, da un sindaco, dal responsabile della funzione di internal auditing e dal
responsabile affari legali; il Presidente viene nominato tra soggetti
esterni e deve essere dotato di specifica competenza.
Il Committe è supportato
da un ufficio ad hoc (che potrebbe coincidere con l’I.A.),
anche esterno all’ente e si dota di un proprio regolamento, che, ad esempio,
dovrebbe vietare al membro sottoposto ad indagine di partecipare alle sedute
del Committee stesso.
La tripartizione
sopra riportata – comitato per il controllo interno/internal
auditing/organismo ad hoc - è sostanzialmente condivisa da ABI, ASSONIME (Associazione delle società per azioni), ANIA (Associazione delle
imprese assicurative), ASSIFACT, CONFSERVIZI (Confederazione Nazionale dei Servizi),
ASSOSIM (Associazione delle società
di intermediazione mobiliare).
Nomina dell’ODV
La soluzione organizzativa
quasi unanimemente scelta è quella che prevede la nomina dell’ODV da parte
dell’organo amministrativo.
Tuttavia il coinvolgimento
dell’assemblea dei soci è da ritenersi opportuna.
Anche senza optare per la
soluzione (astrattamente ottimale) della nomina dell’ODV – su proposta degli
amministratori – da parte dell’assemblea, quantomeno è consigliabile tenere
l’assemblea costantemente informata sull’adozione e sull’attuazione del Modello
(in questo senso le linee guida ABI e ASSIFACT).
Risorse umane e finanziarie assegnate
all’ODV
La dotazione in termini di personale dell’ufficio
dell’ODV è essenziale per l’effettività del controllo.
La linee guida ASSTRA prevedono espressamente un
ufficio di supporto all’ODV.
Oltre alle risorse umane,
le linee guida si soffermano sulla necessità di un’adeguata dotazione
finanziaria dell’organo di controllo (ASSTRA, CONFINDUSTRIA, ABI).
Requisiti
soggettivi dell’ODV
Appare opportuno riportare nuovamente i passi
salienti dell’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Milano, del 9 novembre
2004:
“In punto di autonomia dell’organo di vigilanza il
modello si limita a rinviare ai “curricula dei
singoli componenti dell’organo”. Il modello non prevede che, necessariamente, i
componenti dell’organo di vigilanza debbano possedere capacità specifiche in
tema di attività ispettiva e consulenziale. Ci si
riferisce al campionamento statistico; alle tecniche di analisi e valutazione
dei rischi; alle tecniche di intervista e di elaborazione di questionari, alle
metodologie per l’individuazione delle frodi.”
(Trib. Milano, 9.11.2004)
Nel testo del Modello devono essere specificati i
requisiti di nomina (ad esempio: assenza di conflitti di interesse, assenza di
parentela con il vertice, assenza di mansioni operative ecc.), di
revoca/sostituzione (che può essere
effettuata solo dal CDA, per motivi prestabiliti), di decadenza, di durata in
carica e rinnovo dell’ODV.
Sempre secondo il Tribunale di Milano
“Se l’organo di vigilanza deve, pur se organo
interno alla società, essere indipendente ed in grado di controllare non solo i
dipendenti, ma anche i direttori e gli amministratori dell’ente, appare
veramente eccessivo pretendere, perché operi la causa di ineleggibilità, che
nei confronti del soggetto che si vorrebbe nominare sia stata emessa una
sentenza di condanna e che la sentenza sia diventata irrevocabile: potrebbe
cioè nominarsi quale membro dell’organo di vigilanza un soggetto condannato –
seppure con sentenza non irrevocabile - per corruzione, per truffa aggravata ai
danni di ente pubblico, per frode fiscale ovvero un soggetto nei confronti del
quale sia stata emessa sentenza di patteggiamento divenuta irrevocabile ad
esempio per gravi fatti corruttivi.”
(Trib. Milano, 9.11.2004)
E’ opportuno, infine, escludere qualsiasi
possibilità di remunerazione variabile, cioè collegata ai risultati
dell’impresa: in caso contrario, in linea teorica, il controllo potrebbe essere
meno rigoroso. In particolare va esclusa la retribuzione dell’ODV con stock options.
L’esercizio delle funzioni dell’ODV
E’ fortemente raccomandabile
l’adozione di un regolamento dell’ODV, da esso stesso redatto e formalizzato
dal CDA (ASSIFACT, ASSTRA, CONFINDUSTRIA, ABI).
Tale regolamento andrebbe
allegato al Modello.
Nel regolamento sarebbe opportuno stabilire che
tutte le informazioni/segnalazioni provenienti dal personale devono essere
debitamente conservate (per un periodo di tempo predefinito): al database
cartaceo o informatico ha accesso solo l’ODV (altri soggetti solo con la sua
autorizzazione).
Le informazioni/segnalazioni vanno comunque
trattate nel rispetto della legge sulla tutela della privacy, con le prescritte
misure di sicurezza.
Andrebbe specificato che
l’obbligo di trasmettere informazioni rilevanti è sanzionato: si tratta
peraltro di una specifica “richiesta” contenuta nell’ordinanza del Tribunale di
Milano.
Andrebbe sancito espressamente che all’ODV debbono
essere comunicate le deleghe aziendali e tutte le relative modifiche.
La
segnalazione di
violazioni
Il modello organizzativo dovrebbe comprendere:
- la garanzia assoluta di riservatezza
relativamente al personale che decida di inoltrare le proprie segnalazioni;
- un
canale dedicato che consenta la possibilità di inoltrare le segnalazioni al di
fuori della c.d. linea gerarchica;
- sanzioni
nei confronti di chi effettui segnalazioni calunniose.
Occorre insomma essere preparati a gestire i c.d. rumors interni,
realizzando quel sistema di reporting di fatti e comportamenti critici all’Organismo
preposto alla vigilanza sul Modello.
Dovrebbe inoltre essere esplicitato l’impegno
specifico ad assicurare che chiunque effettuerà segnalazioni non subirà
ripercussioni negative sulla propria posizione lavorativa. Si dovrebbe poi
assicurare che tutte le segnalazioni verranno esaminate attentamente ed in modo
esauriente e che ad esse faranno seguito azioni opportune.
Qualora si decidesse di non procedere ad una
indagine, dovranno esserne riferiti e documentati i motivi.
E’ consigliabile chiarire le
modalità di inoltro della segnalazione ai competenti organi societari
nell’ipotesi in cui l’oggetto della segnalazione sia l’ODV stesso.
Va aggiunto espressamente
che l’ODV – e i componenti del suo ufficio - si obbligano a non rivelare
all’esterno alcuna informazione che abbiano appreso nell’esercizio delle
proprie funzioni (Assifact).
I Modelli esaminati dal Tribunale Milano, nella
più volte citata ordinanza erano lacunosi sotto questi profili:
“Non è previsto e disciplinato un obbligo per i
dipendenti, i direttori, gli amministratori della società di riferire
all’organismo di vigilanza notizie rilevanti e relative alla vita dell’ente, a
violazioni del modello o alla consumazione di reati.
Non viene fornita alcuna concreta indicazione
sulle modalità attraverso le quali coloro che vengano a conoscenza di
comportamenti illeciti possano riferire all’organo di vigilanza: i “canali di
informazione” cui si riferisce il modello organizzativo per la loro grande
rilevanza dovrebbero, invece, essere resi noti – anche tramite la diffusione
del modello stesso - ai dipendenti delle società.”
(Trib. Milano, 9.11.2004)
Secondo il Tribunale di Milano, il Modello deve
prevedere sistematiche procedure di ricerca ed identificazione dei rischi
quando sussistano circostanze particolari (es. emersione di precedenti
violazioni, elevato turn-over del personale) e controlli, anche a sorpresa,
oltre che periodici nei confronti delle attività aziendali sensibili.
La
formazione del personale
Anche in ordine alla formazione - il cui compito è
quello di assicurare una adeguata conoscenza, comprensione ed applicazione del
modello da parte dei dipendenti e dei dirigenti - è consigliabile seguire le
indicazioni del Tribunale Milano:
“Il Modello deve differenziare tra
formazione rivolta ai dipendenti nella loro generalità, ai dipendenti che
operino in specifiche aree di rischio, all’organo di vigilanza ed ai preposti
al controllo interno”. (…)
“Il Modello deve prevedere il contenuto dei corsi di formazione, la loro frequenza,
l’obbligatorietà della partecipazione ai corsi, controlli di frequenza e di
qualità sul contenuto dei programmi”.
(Trib. Milano, 9.11. 2004)
Numerosi Modelli aziendali prevedono la
realizzazione di uno spazio dedicato al d.lg. n. 231
nell’intranet aziendale; il sistema potrebbe prevedere, anche o in alternativa,
una newsletter periodica.
La modifica del Modello
Secondo il G.I.P. del Tribunale di Roma (ordinanza
4 aprile 2004), sarebbe opportuno inserire una previsione in deroga all’art
2388 c.c., che preveda una maggioranza qualificata (“particolarmente
significativa”) del consiglio di amministrazione in caso di modifiche del
Modello, così da garantire la stabilità e l’effettività del Modello stesso.
La procedura sanzionatoria
Per quanto concerne il sistema disciplinare il
Tribunale di Milano ha ritenuto carenti i Modelli esaminati in quanto
“non è espressamente prevista la comminazione di
sanzione disciplinare nei confronti degli amministratori, direttori generali e compliance officers che per
negligenza ovvero imperizia – non abbiano saputo individuare, e
conseguentemente eliminare, violazioni del modello e, nei casi più gravi,
perpetrazione di reati.”
(Trib. Milano, 9.11.2004)
Ad avviso di chi scrive, se, in casi eccezionali,
l’intero consiglio di amministrazione fosse coinvolto e l’intero collegio
sindacale fosse compromesso, dovrebbe prevedersi la denuncia all’Autorità
Giudiziaria (misura peraltro raccomandata dall’OCSE, nelle Guidelines
per le multinazionali e nei Principles of corporate governance).
Come si è detto, secondo il Tribunale di Milano,
la sentenza di condanna (o di patteggiamento), anche non irrevocabile, per
taluno dei reati previsti dal d.lg. n.231 deve
costituire causa di ineleggibilità e di decadenza.
Alcuni Modelli prevedono, per soddisfare questa
esigenza, la sospensione prima del giudicato; lo stesso dicasi per le linee
guida Assogestioni.
(Maurizio Arena)