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- Le linee direttrici di una possibile riforma
Non v’è dubbio che un invito a
porre mano ad una complessiva rivisitazione del sistema penale in materia
ambientale proviene dalla disciplina del mandato d'arresto europeo, nel cui
ambito i reati ambientali costituiscono uno dei gruppi dei reati sensibili,
per i quali, al fine di ottenere l'immediata consegna del ricercato o
condannato da uno Stato membro all'altro, non occorre che il fatto lesivo
dell'ambiente sia supportato, tanto nello Stato richiedente quanto in quello
dell'esecuzione, dalla doppia incriminazione.
Critiche sono da sempre rivolte anche alla tecnica della formulazione della
norma penale in bianco, soprattutto in presenza di
rinvii a fattispecie amministrative dai confini troppo ampi ed indefiniti, tali
cioè da non osservare i canoni costituzionali di legalità e tassatività
della norma penale.
Se l'obiettivo è quello di proteggere l'ecosistema e fronteggiare efficacemente
ogni fatto aggressivo dell'ambiente, non si può non condividere il rilievo
secondo cui i soli reati di danno non sono sufficienti: non basta, infatti,
intervenire con la sanzione penale quando il danno è già stato compiuto, magari
irreparabilmente, ma occorre arretrare la soglia di tutela ed introdurre
l'incriminazione di quelle condotte che siano in grado (concretamente), di
mettere in pericolo l'ambiente, come suggerito dalla
decisione quadro.
È necessario, insomma, costruire le singole fattispecie come reati di pericolo concreto, in modo da introdurre delle soglie edittali di sanzione detentiva consistenti e, conseguentemente, rendere applicabili gli strumenti previsti dalle altre decisioni quadro sopra richiamate (15).
Un più severo trattamento sanzionatorio, adeguato al disvalore
del fatto lesivo dell'ambiente, consente di allineare il sistema di protezione dell'ambiente tramite il diritto penale all'utilizzo degli
strumenti giuridici di cooperazione giudiziaria rafforzata approvati
nell'ambito del Terzo Pilastro. Ci si riferisce al mandato di
arresto europeo ed alla decisione quadro sul blocco dei beni ed il
sequestro a fini di prova: la possibilità di applicare questi strumenti alla
criminalità ambientale, indipendentemente, come si è detto, dalla doppia
incriminazione del fatto, deriva infatti dal quantum sanzionatorio
previsto (richiedendosi, a tal fine, che le pene siano superiori ai tre anni).
L'attuale costruzione della tutela penale attraverso la fattispecie contravvenzionale non risulta più
soddisfacente anche sotto un altro profilo: per la necessità di individuare con
certezza il tipo di responsabilità.
Infatti, secondo l'articolo 2 della decisione quadro 2003/80, occorre predisporre l'incriminazione per comportamenti «intenzionali», che, cioè, non soltanto siano offensivi rispetto al bene «ambiente», ma costituiscano pure un'aggressione diretta ad esso (nei quali, ancor più chiaramente, l'autore si è rappresentato e ha voluto il danno od il pericolo per l'ambiente).
Ulteriori
aspetti di criticità vengono in rilievo anche in relazione alla necessità di
adeguare il sistema nazionale alle indicazioni provenienti dall'articolo 3
della decisione quadro citata, che dispone l'obbligo di incriminazione anche
per i fatti commessi a causa di negligenza o, quanto meno, per negligenza
grave. In questi casi però occorre stabilire dei limiti edittali
diversi, ed inferiori a quelli previsti per i delitti dolosi, in modo da tenere
conto della differenza sul piano della colpevolezza.
Insomma serve una sorta di doppio binario: da un lato, incriminare «reati di
corposa offensività» (ancorati al danno e al pericolo
concreto), dall'altro prevedere illeciti formali, reati di pericolo astratto,
forse anche di pericolo presunto, che contemplino
meccanismi di esclusione della punibilità in presenza di condotte positive di
riparazione della situazione illecita conseguente alla condotta presuntivamente
pericolosa (16).
Si rende poi indifferibile
l'esigenza di individuare una nozione unitaria di ambiente,
comprensiva delle risorse naturali, sia come singoli elementi (acqua, aria,
suolo e sottosuolo) che come cicli naturali, e delle opere dell'uomo protette
per il loro interesse ambientale, paesaggistico, artistico, archeologico,
architettonico e storico.
Indubbiamente, l'introduzione di una fattispecie di delitto ambientale impone
di affrontare e superare molte difficoltà di ordine dommatico.
Innanzitutto, è necessario individuare una definizione di «ambiente» dai
confini il più possibile certi, e, quindi, in linea con i canoni di tassatività e determinatezza propri della norma penale. Il
che, secondo alcuni, indurrebbe a considerare preferibile una soluzione
diversa, fondata sull'attribuzione di disvalore
penale a tutte quelle condotte di intenzionale
violazione delle disposizioni proprie di quei settori (aria, acque, suolo,
sottosuolo, patrimonio storico-artistico-archeologico)
in cui si articola l'ambiente (17).
Indispensabile è, inoltre, il raccordo con le fattispecie delittuose già
esistenti, in primis l'articolo 53-bis del quale
è necessario un aggiustamento con riferimento alla tematica dei rifiuti
radioattivi, nonché l'estensione dell'area del penalmente rilevante a
comportamenti criminosi, allo stato, privi di sanzione, tra i quali spicca
l'abbandono in mare di rifiuti.
La previsione di delitti ambientali consente il ricorso a strumenti
investigativi e processuali (possibilità di ricorrere alle intercettazioni
telefoniche ed «ambientali», adottabilità di misure
cautelari personali, utilizzabilità degli strumenti di cooperazione
internazionale).
Centrale è anche il profilo delle condotte agevolatrici e corruttive dei
pubblici ufficiali: diventa indispensabile introdurre figure autonome di reato
ovvero ipotesi aggravate di fattispecie già esistenti, tali da sanzionare
efficacemente tutte le attività di ausilio alla
criminalità ambientale poste in essere dai funzionari infedeli.
Poiché, inoltre, la criminalità ambientale, come dimostrano i molteplici
elementi acquisiti dalla Commissione di inchiesta sul
ciclo dei rifiuti relativamente alle inchieste giudiziarie, è criminalità di
profitto, sovente su base organizzata, diventano indispensabili misure sanzionatorie che colpiscano i profitti, mediante la
confisca dei patrimoni accumulati per effetto delle condotte illecite ovvero
imponendo, anche come condizione di attenuazione della responsabilità, la
bonifica dell'ambiente danneggiato.
La criminalità ambientale è, spesso, una criminalità inserita in contesti di tipo mafioso, a vocazione transnazionale; deve costituire, pertanto, motivo di specifica riflessione l'introduzione di collegamenti, quanto meno per le ipotesi più gravi (soprattutto di tipo associativo), con la disciplina prevista per i reati di stampo mafioso, prevedendo la competenza investigativa delle direzioni distrettuali antimafia, sulla scorta di quanto già previsto, ad esempio, per la tratta degli esseri umani, per il traffico di droga o per il contrabbando di sigarette (tutti fenomeni criminali transnazionali, al pari di molte delle manifestazioni della delinquenza ambientale).
Una riflessione particolare
merita, poi, la responsabilità delle persone giuridiche in materia ambientale.
La responsabilità della persona giuridica, opzione non
più eludibile, alla luce degli impegni europei ed internazionali assunti dal
nostro Paese, è stata introdotta nel nostro ordinamento con il decreto
legislativo n. 231 del 2001 (18), attuativo della
delega ex art 11 legge 300 del 2000.
Attraverso l'accertamento giudiziale, con le garanzie del processo penale, possono essere applicate all'ente – oltre alle indefettibili sanzioni pecuniarie - le sanzioni interdittive espressamente previste dall'articolo 9 (l'interdizione dall'esercizio dell'attività, la sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni il cui esercizio sia stato funzionale alla commissione dell'illecito, il divieto di contrattazione con la P.A., l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o eventuale revoca dei provvedimenti già concessi, il divieto di pubblicizzazione di beni e servizi).
E’ opportuno ricordare che l'esercizio della delega è stato attuato solo in parte.
L'articolo 11 citato, includeva tra i delitti suscettibili di addebito per illecito amministrativo all'ente i reati relativi alla tutela dell'incolumità pubblica previsti dal codice penale (al titolo VI del libro II), quelli ambientali, quelli scaturenti dalla violazione alla normativa di tutela del territorio e quelli relativi a omicidio o lesioni colpose per violazione delle disposizioni sulla sicurezza ed igiene del lavoro.
Il Governo in sede di attuazione del potere di delega ha motivato la decisione
di limitare l'intervento ai soli delitti inclusi nelle Convenzioni oggetto
della legge di ratifica contenente la delega (OCSE e PIF), come una scelta
«minimalista», in linea con la volontà di un ordine del giorno votato dalla
Camera dei deputati.
Il sistema del decreto legislativo n. 231 si pone, pertanto, come cornice
generale per ogni successiva tipizzazione normativa di addebito
di responsabilità per le soggettività giuridiche conseguente ad un reato, e
rappresenta quindi una base per la costruzione di un diritto sanzionatorio unitario, in grado di colpire con i requisiti
della effettività, proporzionalità e dissuasività, le
condotte illecite riferibili agli enti (collegate quindi ai settori della
criminalità lato sensu economica).
Il sistema delineato dal
decreto legislativo n. 231, nell'intenzione del legislatore delegato, «dovrebbe
valere a disciplinare la materia anche per il futuro: per l'eventualità, cioè, che il legislatore intenda rimpinguare l'ambito della
responsabilità amministrativa dell'ente, ricollegandola alla commissione di
reati diversi da quelli rispetto ai quali è stata oggi contemplata dal decreto
legislativo» (19).
In sede di recepimento della Convenzione di
Strasburgo contro il crimine ambientale del 1998 e della decisione quadro
dell'Unione europea del 2003 in materia di crimine ambientale, le quali
entrambi prevedono l'obbligo di introdurre la
responsabilità per le persone giuridiche, sarà, pertanto, necessario richiamare
il citato decreto legislativo, che disciplina in via generale i requisiti e le
modalità di accertamento della responsabilità amministrativa anche in
riferimento al crimine ambientale (20).
Si impone, inoltre, l'opportunità di valorizzare, in
termini di attuazione della responsabilità, la collaborazione pronta e leale
della persona giuridica all'accertamento del reato commesso nel suo interesse,
in linea con la prassi di importanti autorità amministrative in tema di tutela
dell'ambiente (in primis, l'Environmental Protection Agency)(21).
In tale quadro fondamentale rilievo assume l'esigenza di pervenire quanto prima
all'approvazione di un nuovo testo dell'articolo 9 della Costituzione, il cui
esame delle relative proposte di legge è in corso di svolgimento in Parlamento,
che sia volto a sancire un forte ed esplicito richiamo
ai valori della promozione e della tutela dell'ambiente.
(Maurizio Arena)
15) Allo stato, solo la gestione di un'attività
organizzata per il traffico illecito dei rifiuti, e la disciplina della
discarica abusiva, contenute nel decreto Ronchi, presentano i richiesti
requisiti di livello sanzionatorio, trattandosi,
appunto, delle uniche fattispecie delittuose, punite a titolo di dolo, presenti
nell'attuale sistema penale in materia di ambiente.
16) In questo senso la Commissione bicamerale di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, documento approvato il
21 dicembre 2004
17) Del resto, lo spiccato tecnicismo delle
disposizioni in materia ambientale mal si concilia con la struttura di un corpus
normativo di tipo codicistico; le fattispecie
criminose ambientali sono, spesso, costruite mediante il riferimento a tabelle,
elenchi, allegati tecnici, in continua evoluzione ed aggiornamento.
18) La disciplina in vigore include allo stato i
seguenti reati: malversazione, indebita percezione di erogazioni
a danno dello Stato o di altro ente pubblico o della Comunità Europea, truffa
aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica in
danno dello Stato o di altro ente pubblico, corruzione, corruzione per atto di
ufficio e in atti giudiziari, istigazione dei medesimi delitti, concussione,
anche ove coinvolgano membri degli organi delle Comunità europee e funzionari
delle Comunità europee o di Stati esteri. Sono stati, poi, introdotti i reati
di finanziamento del terrorismo internazionale e l'associazione finalizzata
alla tratta di esseri umani ed alla riduzione in
schiavitù o servitù (quest'ultima introdotta con
legge n. 228 del 2003).
19) Relazione al decreto, paragrafo 3
20) Risulta al momento
all’esame del Parlamento il d.d.l. 2994 del 21 giugno 2004, il quale prevede
l'introduzione dell'art. 452-nonies c.p. (Sanzioni per le persone giuridiche), che dispone
l'imputabilità della persona giuridica che abbia tratto vantaggio o comunque
beneficio dai delitti contro l’ambiente contestualmente descritti, ove commessi
dagli amministratori nell'interesse della medesima;
ovvero da persona che abbia agito individualmente o in quanto parte di un
organo di una persona giuridica, purché dotata di potere di rappresentanza di
detta persona giuridica. Per quanto riguarda le sanzioni che il giudice con la sentenza di condanna può comminare alla persona giuridica, si prevede: nei casi meno
gravi, il pagamento di una multa da euro 10.000 ad euro 25.000; nei casi più
gravi, il pagamento di una multa da euro 25.000 ad euro 100.000; l'interdizione
temporanea o permanente dall'esercizio dell'attività industriale o commerciale;
l'esclusione dal godimento di un vantaggio o aiuto pubblico; lo scioglimento
coatto; l'obbligo di adottare misure specifiche al fine di evitare le
conseguenze di condotte analoghe a quelle che hanno condotto alla
responsabilità penale. Analoga disciplina sanzionatoria
nei confronti delle persone giuridiche è prevista dal d.d.l. 3167: in questo
progetto l'art. 452- nonies prevede una
sanzione pecuniaria più gravosa (da euro 25.000 a euro
100.000), a prescindere dalla gravità della violazione commessa.
21) Se, infatti, l'obiettivo primario di una
rivisitazione del sistema penale in materia ambientale è quello di scoraggiare
ogni aggressione, in forma individuale od organizzata, all'ambiente, aspetto
fondamentale di tale strategia non può non essere anche quello di promuovere un
vero e proprio mutamento culturale nel mondo imprenditoriale: persuadere le
imprese che, investendo in ecologie pulite, in aderenza con il progresso
scientifico e tecnologico, investono anche in un futuro sociale ed economico
che ne potrà accrescere la competitività.