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Il processo all'ente: le indagini preliminari

Come è noto il d.lg. n. 231 del 2001 costituisce un vero e proprio "codice del processo all'ente".

Come è noto il d.lg. n. 231 del 2001 costituisce un vero e proprio "codice del processo all'ente".

Un processo - rectius: procedimento - che si applicherà ad un numero sempre maggiore di illeciti, in quanto l'ambito di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche è destinato ad ampliarsi sempre di più.

Per non andare troppo in là con i tempi, basti pensare al futuro decreto legislativo di riforma del diritto penale societario (art 11 della legge n. 366 del 2001), che estenderà la responsabilità degli enti ai (numerosi) c.d. reati societari commessi del suo interesse.

E' altrettanto noto che la sede dell'accertamento della responsabilità dell'ente è il processo penale instaurato a carico della persona fisica autrice del reato, con conseguente applicabilità del Codice di procedura penale.

Sembra opportuno iniziare ad esaminare brevemente la posizione dell'ente nella fase preprocessuale, tenendo presenti, come punti di riferimento, due direttive-chiave del sistema normativo in vigore, assolutamente vincolanti per l'interprete.

Innanzitutto il disposto della legge n. 300 del 2000, secondo cui all'ente va garantita un'effettiva partecipazione e difesa in tutte le fasi (quindi "in ogni stato e grado", n.d.r.) del procedimento penale.
In secondo luogo, ma direi con valenza primaria, l'art. 35 del d.lg. n. 231 del 2001, ai sensi del quale all'ente si applicano le disposizioni processuali relative all'imputato, in quanto compatibili.
Tale ultima previsione comprende quindi l'estensione all'ente delle disposizioni relative alla persona sottoposta ad indagini (cfr. art 61 c.p.p.).
Va subito premesso che non si procede all'accertamento dell'illecito amministrativo dell'ente quando l'azione penale non può essere iniziata o proseguita nei confronti dell'autore del reato per la mancanza di una condizione di procedibilità (art. 37).
Questa disposizione acquisterà una primaria valenza proprio in relazione alla menzionata riforma del diritto penale societario.
Infatti numerose ipotesi di reato diventeranno procedibili a querela di parte (si pensi al falso in bilancio con danno ai soci e ai creditori, nelle società non quotate): in questi casi, ove potesse venire coinvolta anche la società, la stessa andrebbe esente dall'accertamento giudiziario se la suddetta condizione di procedibilità non sussistesse o venisse meno successivamente.

Il d.lg. 231 ha previsto come regola il simultaneus processus, fin quando possibile.
Infatti (art. 38) il procedimento per l'illecito amministrativo dell'ente è riunito al procedimento penale instaurato nei confronti dell'autore del reato da cui l'illecito dipende.
Tuttavia si procede separatamente per l'illecito amministrativo dell'ente quando:
a) è stata ordinata la sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 71 del codice di procedura penale (incapacità a partecipare al procedimento penale da parte dell'imputato);
b) il procedimento penale è stato definito con il giudizio abbreviato o con l'applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale ovvero è stato emesso il decreto penale di condanna;
Ad avviso di chi scrive quest'ultima disposizione costituisce uno dei maggiori indizi a favore della natura strettamente penale e non meramente amministrativa della responsabilità in esame. Può infatti accadere che un processo penale esista e perduri - in tutti i suoi gradi - al solo fine di accertare la responsabilità dell'ente, pur quando non ci sia più una persona fisica imputata.
c) l'osservanza delle disposizioni processuali lo rende necessario.
L'ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo (art 39).
Si noti che l'ente che intende partecipare al procedimento - pur essendo, come detto, sostanzialmente equiparato all'imputato - si costituisce depositando nella cancelleria dell'autorità giudiziaria procedente una dichiarazione contenente, a pena di inammissibilità:
a) la denominazione dell'ente e le generalità del suo legale rappresentante;
b) il nome ed il cognome del difensore e l'indicazione della procura;
c) la sottoscrizione del difensore;
d) la dichiarazione o l'elezione di domicilio.
Quando non compare il legale rappresentante, l'ente costituito è rappresentato dal difensore.L'ente che non ha nominato un difensore di fiducia o ne è rimasto privo è assistito da un difensore di ufficio.

Sul punto va ricordato che la disciplina della difesa d'ufficio è stata di recente modificata con la legge n. 60 del 2001. Ad avviso di chi scrive sarebbe opportuno che i corsi per l'aggiornamento del difensore d'ufficio - necessari per l'iscrizione nel relativo elenco - tenessero conto della possibilità di assistenza di una persona giuridica.
Il pubblico ministero che acquisisce la notizia dell'illecito amministrativo dipendente da reato commesso dall'ente annota immediatamente, nel registro di cui all'art 335 c.p.p., gli elementi identificativi dell'ente unitamente, ove possibile, alle generalità del suo legale rappresentante nonché il reato da cui dipende l'illecito (art 55).
Si noti il diverso termine usato per l'illecito amministrativo: "annotazione", invece di "iscrizione", come a voler ribadire il carattere pur sempre "derivato" dell'illecito in questione. L'attività in questione è comunque importante, in quanto segna il decorso del termine per l'accertamento dell'illecito amministrativo, che coincide peraltro con quello previsto per il reato.
L'annotazione è comunicata all'ente o al suo difensore che ne faccia richiesta negli stessi limiti in cui è consentita la comunicazione delle iscrizioni della notizia di reato alla persona alla quale il reato è attribuito.
Quindi, ad esempio, se il P.M. dispone la segretazione ex art 335 comma 3 bis c.p.p., essa spiegherà effetto anche sulla comunicazione dell'annotazione dell'illecito.
Il d.lg. 231 contiene qualche precisazione in ordine all'informazione di garanzia inviata all'ente: essa deve contenere l'invito a dichiarare ovvero eleggere domicilio per le notificazioni nonché l'avvertimento che per partecipare al procedimento deve depositare la dichiarazione di cui all'articolo 39 comma 2 (art 57).
Per il resto deve senz'altro rinviarsi all'art 369 c.p.p., a norma del quale l'informazione di garanzia va inviata solo quando deve essere compiuto un atto al quale il difensore ha diritto di assistere, deve indicare le norme di legge che si assumono violate, la data e il luogo del fatto.
Pur non essendoci una specifica disposizione, è da ritenere poi che anche l'ente "indagato" abbia la possibilità di contestare la "competenza" territoriale del P.M. procedente ex art 54 quater c.p.p.
In altri termini se l'ente ritiene che debba procedere un altro P.M., incardinato presso il Giudice competente, può fare istanza di trasmissione degli atti a quell'organo inquirente (con l'eventuale ricorso al P.G. avverso il diniego da parte del P.M. che procede in concreto)

Particolare rilievo possa assumere la possibilità di investigazioni difensive da parte dell'ente (ex lege 397/2000), e non soltanto ai fini dell'eventuale istruttoria dibattimentale. Ci si riferisce in particolare al contraddittorio anticipato sulle misure cautelari (art. 47).Infatti nel corso delle indagini preliminari, le sanzioni interdittive possono essere applicate in via cautelare dal giudice per le indagini preliminari in seguito a richiesta del P.M.
Se il P.M. deposita la richiesta di applicazione della misura cautelare fuori udienza, il giudice fissa la data dell'udienza e ne fa dare avviso al pubblico ministero, all'ente e ai difensori. L'ente e i difensori sono altresì avvisati che, presso la cancelleria del giudice, possono esaminare la richiesta presentata dal pubblico ministero e gli elementi sui quali la stessa si fonda.
Per quanto riguarda le impugnazioni avverso le misure cautelari interdittive si veda l'articolo "L'applicazione cautelare delle sanzioni interdittive. Il sequestro", in questa stessa Sezione.
Non mi sembra possano esserci dubbi sull'estendibilità all'ente della disciplina dell'incidente probatorio, che fino ad oggi poteva essere richiesto da indagato e P.M.
In tal senso depone non solo la ratio (indifferibilità dell'assunzione della prova) dell'istituto in parola, ma soprattutto l'equiparazione dell'ente alla posizione della persona sottoposta ad indagini.
Va sin da ora chiarito che anche all'ente dovrà essere notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art 415 bis c.p.p.: e si badi bene, a pena di nullità della richiesta di rinvio a giudizio. Potrebbe trattarsi del primo vero momento di possibile esplicazione del diritto di difesa dell'ente, sino ad allora mero spettatore delle indagini.
Come espressamente prefigurato nella relazione di accompagnamento, sarà poi ipotizzabile l'interrogatorio dell'ente, o, per meglio dire del legale rappresentante (o di un procuratore ad hoc) "per conto dell'ente".In queste ipotesi si applicherà in particolare anche la disciplina sulle dichiarazioni indizianti (art 63 c.p.p.).

Infine, si vuole segnalare il meccanismo di sospensione delle misure cautelari (art 49), analogo, quanto a modalità esecutive, al c.d. dissequestro condizionato, già conosciuto dal c.p.p. (art 85 d. att.).

La misura può essere sospesa se l'ente chiede di potere effettuare le condotte riparatorie previste dall'art 17 (risarcimento del danno; adozione dei modelli organizzativi; messa a disposizione del profitto del reato ai fini della confisca); il Giudice può assegnare allo stesso un termine per l'adempimento delle suddette condotte, previa imposizione di congrua cauzione; se le condotte sono adottate, il Giudice revoca le sanzioni interdittive; altrimenti la misura viene ripristinata, con perdita della cauzione.
La fase delle indagini preliminari si conclude, al solito, con la scelta tra archiviazione (comunicata al Procuratore Generale, che dispone comunque del potere di contestazione dell'illecito; non è previsto il controllo del G.I.P.) o contestazione dell'illecito.
Tra l'altro il P.M. non può procedere alla contestazione dell'illecito se sono trascorsi cinque anni dalla data di commissione del reato (art 22); tuttavia la contestazione dell'illecito (oltre alla richiesta di misure cautelari interdittive) interrompe il decorso della prescrizione.
L'accertamento prosegue nel caso di vicende modificative dell'ente (trasformazione, fusione, scissione): gli enti risultanti da tali vicende partecipano al processo, nello stato in cui lo stesso si trova, depositando l'apposita dichiarazione (art 42).
Quest'ultima via, il suo contenuto e le sue applicazioni  meritano un successivo approfondimento, ancorchè esaminati sotto un particolare profilo nell'articolo "Processo alla persona giuridica ed esercizio dell'azione penale".
Ciò che preme segnalare è l'importanza di un completo e corretto contatto tra il P.M. e l'ente (e i suoi difensori), soprattutto in relazione al profilo della prova dell'esistenza e dell'effettiva attuazione dei compliance programs.

Uno dei possibili motivi di archiviazione è costituito infatti dall'avvenuta dimostrazione da parte dell'ente (si ricordi l'inversione dell'onere della prova ex art 6 d.lg. 231) di aver adottato e di aver effettivamente ed efficacemente attuato - prima della commissione del reato - il modello di organizzazione e gestione volto a prevenire appunto quel genere di illecito (descrittivamente: esclusione della colpa aziendale).

(Maurizio Arena)

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