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La Giurisprudenza 2012 sul d.lg. 231/2001

Cass., V, 15 ottobre 2012 (ud. 26 aprile 2012) n. 40380

 

Il requisito dell’interesse della società: si tratta di una tensione che deve esprimersi su un piano di oggettività, concretezza ed attualità, tale da potersi apprezzare in capo all'ente pur attenendo alla condotta dell'autore del fatto di reato.

E’ onere del giudice corredare il proprio convincimento con una precisa motivazione al riguardo.

La proiezione dell'intenzione decettiva verso un illecito risparmio d’imposta rende il fatto astrattamente riconducibile ad una persecuzione dell'interesse dell'organismo societario

E’ essenziale per lo scrutinio della responsabilità dell’ente la verifica dell'inadeguatezza del modello assunto.

 

Cass., II, 9 ottobre 2012 (c.c. 27 giugno 2012) n. 39840

La confisca del profitto del reato prevista dagli artt. 9 e 19 del d.lg. n. 231 si configura come sanzione principale, obbligatoria ed autonoma rispetto alle altre previste a carico dell'ente.

Essa si differenzia da quella configurata dall'art. 6, comma 5, del medesimo decreto, applicabile solo nel caso difetti la responsabilità della persona giuridica, la quale costituisce invece uno strumento volto a ristabilire l'equilibrio economico alterato dal reato-presupposto, i cui effetti sono comunque andati a vantaggio dell'ente.

E’ ammissibile il sequestro preventivo a fini di confisca di beni in misura equivalente al profitto derivante dal reato, anche quando la società cui gli stessi appartengono sia fallita; tuttavia spetta al giudice dare conto della prevalenza delle ragioni sottese alla confisca rispetto a quelle che implicano la tutela dei legittimi interessi dei creditori nella procedura fallimentare.

 

Cass., II, 20 settembre 2012 n. 35999

La mancata preventiva adozione dei modelli organizzativi, in presenza dei presupposti oggettivi e soggettivi dell'essere stato il reato commesso nell'interesse o vantaggio della società e della posizione apicale dell'autore del reato, è sufficiente ad integrare la fattispecie di responsabilitàcarico dell’ente.

 

Cass., VI, 10 settembre 2012 (c.c. 31 maggio 2012) n. 34505

Il controllo dei presupposti del sequestro limitato alla sola sussumibilità della fattispecie concreta nell'ipotesi delittuosa individuata dal pubblico ministero appare del tutto inadeguato, in quanto la misura cautelare è diretta ad anticipare gli effetti di una sanzione principale.

Presupposto per il sequestro preventivo di cui all'art. 53 d.lg. 231 è un fumus delicti "allargato" che finisce per coincidere sostanzialmente con il presupposto dei gravi indizi di responsabilità dell'ente, al pari di quanto accade per l'emanazione delle misure cautelari interdittive

L'apprezzamento dei gravi indizi deve portare il giudice a ritenere l'esistenza di una ragionevole e consistente probabilità di responsabilità, in un procedimento che avvicina la prognosi sempre più ad un giudizio sulla colpevolezza, sebbene presuntivo in quanto condotto allo stato degli atti, ma riferito alla complessa fattispecie di illecito amministrativo attribuita all'ente indagato.

Il requisito del periculum coincide con la confiscabilità del profitto o del prezzo derivante dal reato, senza alcuna prognosi di pericolosità e il relativo accertamento riguarda esclusivamente l'individuazione e la quantificazione del profitto o del prezzo assoggettabile a confisca, secondo i criteri stabiliti dalla sentenza delle Sezioni unite della Corte di Cassazione.

 

Cass., III, 29 agosto 2012 (c.c. 4 luglio 2012) n. 33371

La confisca per equivalente assolve ad una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile e pertanto si connota per il carattere afflittivo e la consequenzialità con l'illecito proprie della sanzione penale, mentre esula dalla stessa qualsiasi funzione di prevenzione che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza.

L'istituto è inapplicabile nei confronti di un soggetto diverso dall'autore del reato (ex art. 27, comma 1 Cost.), a nulla rilevando, con riferimento alle persone giuridiche, il cosiddetto rapporto di immedesimazione organica del reo con l'ente.

La confisca per equivalente prevista dall'art. 19 del d.lg. 231/2001 è applicabile esclusivamente con riferimento ai reati previsti dagli art. 24 e ss., tra i quali non rientrano quelli fiscali, fatta salva l'ipotesi in cui la struttura societaria costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo proprio per porre in essere i reati di frode fiscale o altri illeciti sicché ogni cosa fittiziamente intestata alla società sia immediatamente riconducibile alla disponibilità dell'autore del reato.

Dalla natura sanzionatoria della confisca per equivalente consegue che non deve necessariamente sussistere un rapporto di pertinenzialità tra i beni oggetto della misura ablatoria ed il reato; inoltre, il carattere sanzionatorio della confisca, finalizzata a sottrarre dal patrimonio dei reo beni per un valore equivalente al profitto del reato, rende irrilevante l'epoca di acquisto dei beni oggetto della misura stessa.

Conforme: Cass., III, 4 luglio 2012 (c.c. 14 giugno 2012) n. 25774

 

Cass., VI, 23 luglio 2012 (c.c. 16 maggio 2012) n. 30085

La normativa sulla responsabilità delle persone giuridiche non si applica alle imprese individuali, in quanto si riferisce ai soli soggetti collettivi.

 

Cass., II, 19 luglio 2012 (c.c. 27 giugno 2012) n. 29397

La responsabilità patrimoniale della società in relazione al profitto dei reati consumati dai suoi amministratori è del tutto autonoma ed è insensibile alle vicende societarie successive alla consumazione dei reati.

L'adeguamento dei modelli organizzativi all’esigenza di prevenzione di ulteriori illeciti è prevista dall'art. 50 d.lg. 231 con riferimento alle sanzioni interdittive disposte ai sensi dell’ art. 45, quando le correlative esigenze cautelari risultino mancanti anche per fatti sopravvenuti non tipizzati dalla norma ovvero in presenza delle ipotesi previste dall'art. 17.

 

Corte di giustizia dell’Unione europea,12 luglio 2012 (causa C-79/11)

Le persone offese in conseguenza di un illecito amministrativo da reato commesso da una persona giuridica non possono essere considerate, ai fini dell’applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, della decisione quadro 2001/220/GAI, come “vittime di un reato” che hanno il diritto di ottenere che si decida, nell’ambito del processo penale, sul risarcimento da parte di tale persona giuridica.

L’articolo 9, paragrafo 1, della decisione quadro 2001/220/GAI deve essere interpretato nel senso che non osta a che, nel contesto di un regime di responsabilità delle persone giuridiche come quello instaurato dal decreto legislativo n. 231/2001, la vittima di un reato non possa chiedere il risarcimento dei danni direttamente causati da tale reato, nell’ambito del processo penale, alla persona giuridica autrice di un illecito amministrativo da reato.

 

Di diverso tenore le Conclusioni dell’avvocato generale Sharpston

La regola generale sancita nella prima parte dell’articolo 9, paragrafo 1, della decisione quadro del Consiglio 2001/220/GAI del 15 marzo 2001 stabilisce che ciascuno Stato membro garantisca alla vittima di un reato il diritto di ottenere, entro un ragionevole lasso di tempo, una decisione relativa al risarcimento da parte dell’autore del reato nell’ambito del procedimento penale e deve essere interpretata nel senso che, qualora l’ordinamento giuridico di uno Stato membro preveda la possibilità di instaurare un procedimento nei confronti di persone giuridiche con riferimento ad un illecito, la circostanza che tale ordinamento possa qualificare la responsabilità rispetto a tale illecito come «indiretta e sussidiaria» e/o «amministrativa» non solleva tale Stato membro dall’obbligo di applicare le disposizioni dell’articolo 9 rispetto alle persone giuridiche se: 1) i criteri in base ai quali viene definito l’illecito sono sanciti mediante rinvio alle disposizioni del codice penale; 2) alla base della responsabilità di una persona giuridica vi è sostanzialmente la commissione di un illecito da parte di una persona fisica e; 3) il procedimento a carico di una persona giuridica è promosso dinanzi al giudice penale, è assoggettato alle disposizioni del codice di procedura penale e, in circostanze normali, verrà riunito con il procedimento a carico della persona o persone fisiche che avrebbero commesso l’illecito di cui trattasi.

 

Tribunale di Milano - Giudice per le Indagini Preliminari (D’Arcangelo) 10 luglio 2012

In relazione al delitto di cui all’art 2638 c.c., l’interesse dell’ente, che può comportare la sua responsabilità ai sensi del d.lg. 231, consiste nel perseguimento di un interesse criminoso autonomo e distinguibile da quello degli imputati persone fisiche e finalizzato ad ostendere alla Autorità di Vigilanza condizioni economiche e di mercato artatamente alterate e difformi da quelle reali

La prescrizione attinge non solo la sanzione ma anche l’illecito amministrativo in quanto il riferimento alla consumazione del reato e l’indicazione di specifici atti interruttivi che precedono il processo rendono evidente come il fenomeno estintivo riguardi l’intera fattispecie di responsabilità da reato dell’ente e non già meramente le sue conseguenze sanzionatorie

La pluralità di illeciti ricorre allorché gli stessi siano commessi all’interno del medesimo settore organizzativo della società, nello svolgimento della medesima attività e prima che per uno di essi sia pronunciata sentenza anche non definitiva.

In caso di pluralità di illeciti il termine di prescrizione decorre dalla consumazione di ogni singolo illecito e non già dalla consumazione dell’ultimo episodio avvinto dalla fattispecie

 

Cass., VI, 5 luglio 2012 (c.c. 17maggio 2012) n. 26188

Il profitto del reato presuppone l'accertamento della sua diretta derivazione causale dalla condotta dell'agente: nei casi in cui la condotta truffaldina si inserisce nell'ambito di un rapporto contrattuale non illecito in sé, occorre distinguere tra il vantaggio economico derivante direttamente dal reato (profitto confiscabile) e il corrispettivo incamerato per una prestazione lecita eseguita in favore della controparte e da questa accettata (profitto non confiscabile).

 

Cass., II, 31 maggio 2012 (c.c. 22 febbraio 2012) n. 20976

Il sequestro può incidere contemporaneamente od indifferentemente sui beni dell'ente che dal medesimo reato ha tratto vantaggio e su quelli della persona fisica che lo ha commesso.

Il sequestro sui beni della persona fisica non richiede per la sua legittimità la preventiva escussione del patrimonio della persona giuridica nell'interesse della quale il reato è stato commesso.

Il sequestro può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato, anche se l'espropriazione non può essere duplicata o comunque eccedere nel quantum l'ammontare complessivo dello stesso.

E’ importante distinguere tra il "reato-contratto", cioè il caso in cui vi sia una vera a propria coincidenza del reato con il negozio giuridico ed il "reato in contratto", che si ha allorquando il comportamento penalmente rilevante non coincide con la stipulazione del contratto in sé ma va ad incidere solamente sulla fase di formazione della volontà contrattuale o su quella di esecuzione del programma negoziale.

Nell’ipotesi di "reato in contratto", il profitto confiscabile non corrisponde a qualsiasi prestazione percepita in esecuzione del rapporto contrattuale ma solo al vantaggio economico derivante dal fatto illecito: se il fatto penalmente rilevante ha inciso sulla fase di individuazione dell'aggiudicatario di un pubblico appalto ma poi l'appaltatore ha regolarmente adempiuto alle prestazioni nascenti dal contratto, il profitto del reato per il corruttore non equivale all'intero prezzo dell'appalto ma solo al vantaggio economico conseguito per il fatto di essersi reso aggiudicatario della gara pubblica corrispondente all'utile netto dell'attività d'impresa.

Conforme: Cass., II, 29 marzo 2012 (c.c. 20 dicembre 2011) n. 11808

 

Cass., III, 10 maggio 2012 (ud. 4 aprile 2012) n. 17451

Non tutte le somme ricevute dalla società beneficiata possono considerarsi in quanto tali profitto dei reato ma solo quelle che siano state indebitamente percepite e che costituiscano vantaggio tratto dall'illecito e a questo strettamente pertinente

L'identificazione del profitto cui ancorare il giudizio circa l'entità dei profitto e della confisca muta a seconda che mediante la condotta fraudolenta sia stata prospettata all'ente erogante una realtà difforme dal vero che ha consentito il perfezionamento del contratto e le successive erogazioni oppure sia stata prospettata una realtà che ha permesso alla società di ottenere in modo indebito erogazioni maggiori di quelle cui avrebbe avuto diritto.

 

Corte di Appello di Milano, II, 21 marzo 2012 (dep. 18 giugno 2012)

Ai fini dell’efficacia esimente non è decisiva l'etichetta che viene data al modello, che può essere anche quella di codice di autodisciplina o documento di corporate governante, essendo invece decisivo che il modello presenti il contenuto minimo essenziale previsto dall'art. 6 del d.lg. 231

La commissione di un reato non qualifica automaticamente come inefficace il modello organizzativo, occorrendo invece verificare la causa della elusione che ha agevolato la consumazione del reato.

Vi è elusione fraudolenta del modello da parte dei soggetti apicali i quali non rispettano il corretto iter di formazione dei comunicati stampa, emettendoli invece con rappresentazione di dati falsi e manipolati rispetto ai dati elaborati dai tecnici competenti, in modo da renderli soddisfacenti al mercato cui sono destinati.

La fraudolenza deve riguardare non già gli operatori del mercato cui l'informazione è diretta bensì gli altri protagonisti della procedura in quanto la frode deve avere funzione strumentale rispetto all'elusione del modello di organizzazione e delle sue procedure.

Il comportamento fraudolento, in quanto tale, non può essere impedito da nessun modello organizzativo e nemmeno dal più diligente organismo di vigilanza.

Il giudizio circa la vigilanza sul funzionamento del modello deve tenere conto dell'estrema difficoltà se non dell'impossibilità di verificare come in concreto funzioni il modello all'interno della società.

 

Cass., IV, 19 marzo 2012 (c.c. 1 febbraio 2012) n. 10702

La delega di funzioni non fa venir meno l'obbligo di una vigilanza "alta" da parte del delegante riguardante il corretto svolgimento delle proprie funzioni da parte del delegato, che si attua anche attraverso i sistemi di verifica e controllo relativi al modello di organizzazione e gestione idoneo ad avere efficacia esimente dalla responsabilità amministrativa degli enti

L'obbligo di vigilanza del delegante riguarda precipuamente la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato medesimo e non impone il controllo momento per momento delle modalità di svolgimento delle lavorazioni.

 

Cass., VI, 16 febbraio 2012 (c.c. 2 febbraio 2012) n. 6248

E’ necessaria la concorrenza di tutte le condizioni per la riparazione delle conseguenze del reato sia al fine di evitare l’applicazione che per giustificare la revoca delle misure cautelari interdittive

Il Giudice deve valutare la concreta rispondenza della durata della misura alle finalità cautelari e la possibile riduzione del tempo di applicazione in considerazione della concreta condotta posta in essere dalla società dopo l’interdizione.

 

Tribunale di Milano giudice dell’udienza preliminare (Ghinetti) 14 febbraio 2012

Patteggiamento dell’ente in relazione a omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro: non si applica in concreto la messa a disposizione di somma per la confisca se l’ente ha già messo somme ingenti a disposizione dei congiunti della vittima, tali da assorbire il profitto da reato.

 

Cass., V, 26 gennaio 2012 (ud. 14 dicembre 2011) n. 3238

E’ illegittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca avente ad oggetto un credito, ancorché liquido ed esigibile, in quanto utilità non ancora percepita ma soltanto attesa sebbene ancorata ad un'intesa negoziale.

E’ necessaria una verifica in concreto del profitto realmente lucrato al fine di evidenziare la porzione di ricchezza conseguita sulla quale applicarsi la sanzione della confisca.


Cass., I, 26 gennaio 2012 (c.c. 11 novembre 2011) n. 3311

La nozione di profitto del reato coincide con il complesso dei vantaggi economici tratti dall'illecito e a questo strettamente pertinenti, senza che da esso possano essere sottratti i costi sostenuti per la commissione del reato.

Con la confisca si determina il trasferimento dei beni allo Stato con conseguente perdita della titolarità di essi da parte delle persone giuridiche e fisiche che subiscono l'ablazione, sicché i frutti delle somme confiscate spettano al titolare di esse, da identificarsi nello Stato.

Il provvedimento di confisca dei beni sequestrati contenuto nella sentenza di condanna, di applicazione della pena o di proscioglimento fa stato nei confronti dei soggetti che hanno partecipato al procedimento di cognizione: soltanto i terzi che non abbiano rivestito la qualità di parte nel processo in cui sia stata disposta la confisca sono legittimati a far valere davanti al giudice dell'esecuzione i diritti vantati sui beni confiscati con sentenza irrevocabile.

 

Corte di Appello di Milano, II, 25 gennaio 2012

Il profitto derivante dal delitto di false comunicazioni sociali si identifica nell'effettivo incremento patrimoniale acquisito grazie all'insufficiente stanziamento per il rischio di credito rilevato.

La quantificazione del profitto derivante del delitto di false comunicazioni sociali non può coincidere con l'ammontare dell'intera posta rettificativa ritenuta congrua ma deve essere calcolata nella differenza tra quella e la posta iscritta in bilancio.

 

(Maurizio Arena)

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