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Procedimento Impregilo: annullata con rinvio la sentenza di assoluzione

Qualche tempo fa ho dato il seguente titolo ad un mio commento in tema di valutazione giudiziale della "compliance 231": "La valutazione giudiziale dei Modelli: questa sconosciuta".

 

Evidenziavo - partendo da una recente sentenza del Tribunale di Milano sul "caso derivati", appena giunto in grado di appello - la scarsa attenzione del giudicante nell'approfondimento dei profili di idoneità e di effettiva attuazione dei Modelli organizzativi, soprattutto, pro futuro, auspicando che la “compliance 231” possa assurgere a momento centrale dei processi e a capitolo fondamentale delle successive sentenze ("altrimenti la tanto decantata filosofia preventiva della responsabilità ex crimine degli enti, che dovrebbe condurre il sistema economico a conciliare etica e profitto, finirà su un binario morto nei prossimi anni").

Ovviamente era solo questione di tempo.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 4677 della V sezione, depositata ieri, ha annullato con rinvio - in accoglimento del ricorso della Procura Generale - la sentenza di proscioglimento ex art 6 d.lg. 231 di Impregilo s.p.a., pronunciata dalla Corte di appello di Milano nel giugno 2012.

La sentenza di appello non aveva - anche ad avviso di chi scrive - fornito risposta alle numerose opinioni critiche espresse in relazione alla sentenza di proscioglimento di primo grado del novembre 2009.

Opinioni che essenzialmente avevano messo in luce come il GUP del Tribunale di Milano non si fosse soffermato sui profili di effettiva attuazione del Modello.

Nell'atto di appello la Procura aveva evidenziato la non necessaria interrelazione tra adeguatezza contenutistica del Modello e sua effettiva applicazione nell'attività dell'ente.

La sentenza di appello andava sostanzialmente a ribadire una (insufficiente) "concezione formale" della compliance 231, confermando al contempo una visione meno stringente di "elusione fraudolenta", che coinciderebbe con la violazione intenzionale del Modello, a prescindere dall'utilizzo di "artifizi e raggiri".

Soprattutto "gridava vendetta" il passaggio in cui i Giudici di appello ritenevano "difficile se non impossibile" la dimostrazione dell'effettiva attuazione del Modello da parte della Società:

"occorre evidenziare l'estrema difficoltà se non l'impossibilità di verificare come in concreto funzionasse il modello predetto all'interno della società".

Nel commento alla sentenza di appello, evidenziavo come occorresse, quantomeno, una dimostrazione (e un riscontro in motivazione) che la procedura "anti-market abuse" venisse effettivamente applicata e che l'ODV effettivamente vigilasse: a ben vedere il comportamento "impositivo" dei vertici apicali, lungi dall'integrare un'elusione fraudolenta, poneva un problema di tenuta e serietà della procedura evocata, che doveva essere portato all'attenzione di altri organi e soggetti da parte, specialmente, dell'ODV.

Ebbene la S.C. ha finalmente portato - come, semplicemente, è giusto che sia - il tema ai livelli che gli competono, affermando, in sintesi, quanto segue:

- non è soluzione sufficiente sottoporre l'ODV (coincidente con l'Internal Audit) alle dipendenze del Presidente del CDA;

- non è stato chiarito dalla sentenza annullata se il controllo sulla bozza di comunicato potesse essere evitato dal Presidente e dall'AD.

E' chiaro che, ove così fosse, la procedura sarebbe chiaramente inadeguata, potendo essere aggirata facilmente: tale inadeguatezza, di conseguenza, determinerebbe l'inidoneità - già in astratto - del Modello.

- L'elusione fraudolenta non può coincidere con la semplice violazione delle prescrizioni del Modello.

Le indicazioni della S.C., contenute in una sentenza di annullamento di una "doppia conforme" di proscioglimento, potrebbero aprire la fase della piena maturità dell'applicazione del d.lg. 231. 

(Maurizio Arena)
 

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