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Dichiarazione di condanne 231 in sede di gara

Interessante sentenza del Consiglio di Stato (IV, 20 ottobre 2015-18 gennaio 2016 n. 143) in merito ad un contenzioso sull'aggiudicazione di una gara.

Tra i motivi di ricorso pure l'asserita insufficiente comunicazione alla stazione appaltante di condanne subite da una società ai sensi del d.lg. 231/2001.
Di seguito i passaggi essenziali della motivazione:
"2.2. Quanto alla prima riproposta censura, essa si sostanzia in una duplice affermazione: T. avrebbe errato nel non fornire alla Stazione appaltante tutti i dati distintivi atti ad “individuare” le due condanne riportate; ed inoltre, la stazione appaltante (che già non era stata messa in grado dalla dichiarazione di T. di conoscere con esattezza a quali condotte, realmente, dette pesanti condanne facessero riferimento) avrebbe errato nel non valutare la portata di dette due condanne al fine di compiere la richiesta delibazione sull’affidabilità della ditta offerente.
2.3. Il Collegio non concorda con tale complessiva critica (che, in realtà, deduce due connesse ma distinte censure, l’una diretta ad aggredire la condotta di T., e l’altra diretta a censurare l’inerzia della stazione appaltante).
Quanto alla prima articolazione della doglianza (in realtà direttamente volta a censurare la condotta di T. in quanto “mendace”, ovvero sleale perché silente) si osserva quanto segue.
T. ha tempestivamente ed immediatamente indicato che aveva subito due “condanne” ex art. 63 del d.lgs. n. 231/2001, rispettivamente alla sanzione di euro 400.000 e 200.000; ha fatto presente che in entrambi i casi non le era stata applicata alcuna misura interdittiva, e le era stata riconosciuto il beneficio ex art. 12 del citato d.lgs. n. 231/2001.
Stabilisce l’art. 38 comma 1 del TUCP che non possono contrarre con la Pubblica Amministrazione e sono esclusi dalle gare (...) le compagini societarie (lett. m) “nei cui confronti è stata applicata la sanzione interdittiva di cui all'articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 o altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione compresi i provvedimenti interdittivi di cui all'articolo 36-bis, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006 n. 248.”.
T. ha quindi dichiarato di avere subito due condanne, e che in entrambi i casi non le erano state applicate le misure interdittive di cui al richiamato articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231. (…)
La dichiarazione suddetta, ad avviso del Collegio, soddisfa i requisiti richiesti ex art. 38 del TUCP in quanto sebbene non fossero stati indicati dati ulteriori (epoca della condanna, fattispecie, soggetto che commise il reato, posizione ricoperta nell’organizzazione societaria, etc) essi erano agevolmente ricavabili dalla Stazione appaltante, e comunque avrebbero potuto formare oggetto di specifica richiesta.
Le condanne non recavano sanzione interdittiva: bene ha fatto T. a comunicarne la esistenza; non altro, a parere del Collegio, le si poteva imporre.
2.3.1. Non va sottaciuto poi, come prima evidenziato, che F. ulteriormente insistito sul punto, sotto altra angolazione: ad avviso di parte appellante F. infatti, posto che simili condanne avvenute nell’ esercizio dell’attività di impresa potevano rientrare nel paradigma scolpito ex lett. f) seconda parte della citata norma di cui all’art. 38 ( “che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”) l’omessa specifica indicazione aveva determinato una assenza di valutazione da parte della Stazione appaltante e quindi era mancata alcuna “motivata valutazione”, anche in negativo, della non incidenza delle suddette condanne.
2.3.2. Anche tale arguta ricostruzione non persuade.
E’ possibile, in via teorica, che a fronte della notizia della avvenuta pronuncia di condanna ex d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 nei confronti di una concorrente, una stazione appaltante voglia attivarsi, acquisendo gli atti del relativo procedimento, e la sentenza, per valutarne la portata.
Senonchè – si osserva da parte del Collegio- tale pur consentito scrupolo, si innesta a monte su una valutazione già svolta: è quella del giudice ordinario procedente, che nell’applicare la sanzione ha all’evidenza ritenuto che non sussistessero le condizioni per applicare la misura interdittiva ex art. 9. (…)
A fronte di tale motivata scelta del giudice penale, non pare al Collegio si debba necessariamente richiedere alla Stazione appaltante una ulteriore, doppia, valutazione, tesa eventualmente a discostarsi da quanto dal giudice penale stabilito (...).
La Stazione appaltante può rifarsi, senza particolari oneri motivazionali di alcun genere, a quanto deciso dal giudice penale, nel momento in cui ha ritenuto di non applicare alcuna misura interdittiva.
Sarebbe semmai vero il contrario; ove per estremo scrupolo volesse accertare il reale contenuto delle decisioni, e verificare quali fossero le condotte censurate ed eventualmente discostarsi dalle valutazioni rese dal Giudice penale, graverebbe su di essa un consistente onere motivazionale.
Se così, risulta, nell’ordine:
a) soddisfacente la seppur stringata dichiarazione resa da T.;
b) non censurabile la scelta della Stazione appaltante di rifarsi alla valutazione già resa dal Giudice penale, e non svolgere un autonomo ulteriore accertamento, eventualmente richiedendo più dettagliate notizie sulle condanne riportate.
Per altro verso, sarebbe stata ben agevole, e non certo resa impossibile dalla stringatezza della dichiarazione di T., la possibilità per la stazione appaltante di effettuare detto – eventuale, facoltativo per le ragioni già dette, e rimesso quindi alla sua latissima discrezionalità- “controllo”.
Il D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 (recante testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti) prevede agli artt. 31-33 un vero e proprio “diritto potestativo” delle Amministrazioni di consultare l’anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato (...).
Da quanto sinora esposto, pare al Collegio che la dichiarazione di T. non abbia leso alcuno degli interessi garantiti ex art. 38 del TUCP e che pertanto la censura vada disattesa integralmente (…)"

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