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Commento al Regolamento di esecuzione del d.lg. 231

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Decreto Ministero della Giustizia, 26 giugno 2003, n. 201, recante disposizioni regolamentari relative al procedimento di accertamento dell'illecito amministrativo delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, ai sensi dell'articolo 85 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231" (Gazzetta Ufficiale n. 179 del 4 luglio 2003)

Art. 1.
Norme applicabili

Nella formazione e nella tenuta dei fascicoli relativi al procedimento di accertamento degli illeciti amministrativi dipendenti da reato e alla applicazione delle sanzioni amministrative, si osservano le disposizioni del capo III del decreto legislativo 8 giugno 2001, numero 231, nonché, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 e del regolamento per l'esecuzione del codice di procedura penale di cui al decreto ministeriale 30 settembre 1989, n. 334, fatto salvo quanto previsto dall'articolo seguente.

Art. 2.
Modalità di formazione e tenuta dei fascicoli

1. Nella formazione dei fascicoli, si osserva quanto disposto dall'articolo 3 del regolamento per l'esecuzione del codice di procedura penale; la copertina del fascicolo deve contenere, in luogo delle generalità della persona alla quale è attribuito il reato, gli elementi identificativi dell'ente cui è attribuito l'illecito amministrativo, unitamente, ove possibile, alle generalità del suo legale rappresentante, nonché l'indicazione del reato da cui dipende l'illecito amministrativo.
2. Nella formazione dei fascicoli relativi all'esecuzione, si osserva quanto disposto dall'articolo 29 del regolamento per l'esecuzione del codice di procedura penale; nel fascicolo è inserito, in luogo del certificato del casellario giudiziale riguardante il condannato, il certificato dell'Anagrafe delle sanzioni amministrative.

Capo II

Art. 3.
Norme applicabili

1. Le annotazioni relative al procedimento di accertamento degli illeciti amministrativi dipendenti da reato e alla applicazione delle sanzioni amministrative sono compiute sugli ordinari registri obbligatori in materia penale, previsti dall'articolo 2 del regolamento per l'esecuzione del codice di procedura penale e conformi ai modelli approvati con il decreto ministeriale 30 settembre 1989, recante approvazione dei registri in materia penale, e successive modificazioni. Salve le disposizioni di cui all'articolo seguente, nella formazione e nella tenuta dei registri si osservano le norme del capo III del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, nonché, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 e del regolamento per l'esecuzione del codice di procedura penale.

Art. 4.
Formazione e tenuta dei registri.

1. Le annotazioni relative al procedimento di accertamento degli illeciti amministrativi dipendenti da reato e alla applicazione delle sanzioni amministrative sono compiute apponendo, negli spazi dei registri obbligatori destinati alla qualificazione giuridica del fatto e all'imputazione, una sigla identificativa, che consenta di evidenziare la natura di procedimento per l'accertamento dell'illecito amministrativo dipendente da reato, ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001.
2. All'interno dei registri obbligatori le annotazioni relative alla contestazione di cui all'articolo 59 del decreto legislativo n. 231 del 2001 sono inserite negli spazi previsti per le annotazioni della data di esercizio dell'azione penale e della imputazione.
3. Negli spazi dei registri obbligatori destinati alle generalità della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato, in luogo di queste, sono inseriti gli elementi identificativi dell'ente cui è attribuito l'illecito amministrativo, unitamente, ove possibile, alle generalità del suo legale rappresentante.
4. Qualora il pubblico ministero emetta decreto motivato di archiviazione degli atti ai sensi dell'articolo 58 del decreto legislativo, i relativi estremi sono inseriti nello spazio del registro generale delle notizie di reato destinato alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero. Nel medesimo spazio è inserita l'annotazione relativa alla comunicazione del decreto di archiviazione al procuratore generale presso la corte d'appello.
5. Qualora il procuratore generale proceda alla contestazione dell'illecito amministrativo ai sensi dell'articolo 58 del decreto legislativo n. 231 del 2001, gli estremi del provvedimento sono inseriti nel registro delle indagini avocate.

COMMENTO (artt 1-4)

Già all'indomani dell'entrata in vigore del d.lg. n. 231 del 2001, il Ministero della Giustizia - Direzione Generale Affari Penali - ha diramato la circolare n. 590 del 10 agosto 2001, relativa alle annotazioni dei dati relativi alle persone giuridiche, società e associazioni anche prive di personalità giuridica, ai sensi del suddetto d.lg., nei registri di cui al d.m. 30 settembre 1989 (Regolamento di esecuzione del c.p.p.) e successive modificazioni.

Secondo la circolare - ora sostanzialmente "assorbita" dal D.M. 201 - le annotazioni nei vari registri devono evidenziare sempre che si tratta di procedimento a carico dell'ente per la responsabilità amministrativa ai sensi del d.lg. 231, magari con un'apposita sigla identificativa (ad es.: "proc. ai sensi del d.lg. 231/2001" o simile).

Il decreto in esame prosegue su questa strada, prescrivendo di effettuare le annotazioni in esame "apponendo, negli spazi dei registri obbligatori destinati alla qualificazione giuridica del fatto e all'imputazione, una sigla identificativa, che consenta di evidenziare la natura di procedimento per l'accertamento dell'illecito amministrativo dipendente da reato", ai sensi del d.lg. de quo.
Conformemente a quanto già scritto nella circolare menzionata, d'ora in poi:
1.      Il P.M. annoterà l'illecito nel registro "mod 21" (Registro Generale notizie di reato) (colonna 2, che si riferisce all'iscrizione della notitia criminis; colonna 8 per i dati identificativi dell'ente e la data della sua identificazione, se acquisiti successivamente all'annotazione);
2.      il P.M. annoterà l'avvenuta archiviazione nel registro "mod. 21", nella parte relativa alle richieste di archiviazione (colonna 17); così pure la prescritta comunicazione al Procuratore Generale;
3.      l'eventuale avocazione da parte del P.G. potrà essere annotata nel registro "mod. 8" (registro delle indagini avocate)

Il D.M. completa il quadro con la disciplina della formazione e tenuta dei fascicoli, rinviando largamente agli artt 3 e 29 del D.M. 334/1989.

Il primo concerne la formazione dei fascicoli da parte delle cancellerie e delle segreterie.

Il secondo gli adempimenti della segreteria del pubblico ministero per l'esecuzione delle sentenze e dei decreti di condanna.

 

Capo III

Art. 5.
Comunicazione dei codici di comportamento

1. In attuazione dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 231 del 2001, le associazioni rappresentative degli enti, comunicano al Ministero della giustizia, presso la Direzione generale della giustizia penale, Ufficio I, i codici di comportamento contenenti indicazioni specifiche (e concrete) di settore per l'adozione e per l'attuazione dei modelli di organizzazione e di gestione previsti dal medesimo articolo 6. L'invio dei codici di comportamento è accompagnato dallo statuto e dall'atto costitutivo dell'associazione; in difetto, ovvero quando dall'esame di tali atti risulti che il richiedente é privo di rappresentatività, l'Amministrazione arresta il procedimento di controllo alla fase preliminare, dandone comunicazione entro trenta giorni dalla data di ricezione dei codici.

Art. 6.
Procedimento di esame dei codici

1. Il Direttore generale della giustizia penale esamina i codici di comportamento sulla base dei criteri fissati all'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 231 del 2001.
2. Ai fini dell'esame dei codici, il Direttore generale della giustizia penale, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio del Ministero della giustizia, può avvalersi della consulenza di esperti in materia di organizzazione aziendale, designati con decreto del capo del Dipartimento per gli affari di giustizia, tra soggetti i quali non abbiano rapporti di lavoro subordinato o autonomo, o di collaborazione anche temporanea, con le associazioni di categoria legittimate all'invio dei codici di comportamento.

Art. 7.
Efficacia dei codici

1. Il Direttore generale della giustizia penale, previo concerto con i Ministeri competenti, entro trenta giorni dalla data di ricevimento del codice di comportamento, comunica all'associazione eventuali osservazioni in merito alla idoneità dello stesso a fornire le indicazioni specifiche di settore per l'adozione e per l'attuazione dei modelli di organizzazione e di gestione finalizzati alla prevenzione dei reati indicati nel capo I, sezione III, del decreto legislativo n. 231/2001 e nelle altre disposizioni di legge dalle quali discenda la responsabilità amministrativa degli enti.
2. Qualora dopo la formulazione delle osservazioni l'associazione invii il codice di comportamento ai fini di un ulteriore esame, il termine di trenta giorni decorre dalla data della nuova comunicazione. In caso contrario, rimane impedita l'acquisizione di efficacia del codice.
3. Decorsi trenta giorni dalla data di ricevimento del codice di comportamento, senza che siano state formulate osservazioni, il codice di comportamento acquista efficacia.

COMMENTO (artt 5-7)

Secondo il sistema del d.lg. 231, se il reato e' stato commesso dai c.d. soggetti apicali, "l'ente non risponde se prova" che:

a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento e' stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
d) non vi e' stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b). (art 6 comma 1 d.lg. 231)
La disposizione in parola prosegue stabilendo che "In relazione all'estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, i modelli di cui alla lettera a), del comma 1, devono rispondere alle seguenti esigenze:
a) individuare le attivita' nel cui ambito possono essere commessi reati;
b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire;
c) individuare modalita' di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli;
e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello".
Infine, per quel che interessa in questa sede, i modelli di organizzazione e di gestione "possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma 2, sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, puo' formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneita' dei modelli a prevenire i reati" (comma 3).
Dalla lettura di quest'ultima disposizione emergono, in particolare, due punti fermi:

  1. la facoltà - e non l'obbligo - dell'ente di adottare il modello sulla base del codice di comportamento dell'associazione rappresentativa. L'ente potrebbe quindi adottare un modello organizzativo prescindendo da qualsivoglia riferimento a linee-guida di categoria (anche perché potrebbe non esserci, nel caso di specie, un'associazione di categoria, come è avvenuto, ad esempio, per il modello dell'Enel).
  2. la facoltà - e non l'obbligo - da parte del Ministero di formulare osservazioni sul codice di comportamento stesso.

Se, invece, il reato è commesso da soggetti sottoposti all'altrui direzione e vigilanza, "l'ente e' responsabile se la commissione del reato e' stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza" (art 7).
In ogni caso, e' esclusa l'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l'ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi (comma 2).
Il modello prevede, in relazione alla natura e alla dimensione dell'organizzazione nonche' al tipo di attivita' svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell'attivita' nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio (comma 3).
E' lo stesso art 7 che si sofferma sul fondamentale requisito dell'efficace attuazione del modello, la quale richiede (comma 4):
a) una verifica periodica e l'eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attivita';
b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
Ebbene, ciò posto, vediamo le principali disposizioni del decreto ministeriale:
1.      l'articolazione interna competente alla valutazione dei codici di comportamento è la Direzione generale degli affari penali, che può avvalersi di esperti in organizzazione aziendale, non legati in alcun modo alle associazioni in questione;
2.      l'associazione che invia il codice deve dimostrare la propria rappresentatività (allegando statuto e atto costitutivo): se la stessa non fosse riconosciuta (comunque si tratta di valutazione discrezionale), il Ministero potrebbe rifiutare - con motivazione espressa, altrimenti scatterebbe il silenzio-assenso di cui si parlerà tra poco - di esaminare il codice;
3.      decorsi trenta giorni senza osservazioni da parte del Ministero si forma il silenzio-assenso: il codice "acquista efficacia".
4.      se invece ci sono osservazioni, il termine di trenta giorni decorrerà di nuovo a partire dall'inoltro del testo emendato da parte dell'associazione.
Teoricamente si può anche ipotizzare che l'associazione non accolga i rilievi: tuttavia correrebbe un bel rischio l'impresa che si conformasse a linee-guida "bocciate" dal Ministero.
5.      il Ministero valuterà il codice in relazione ai criteri di cui all'art 6 comma 2, i quali, tuttavia, come si è visto, si riferiscono ai singoli modelli e non alle linee-guida generali. I criteri attengono all'individuazione delle attivita' nel cui ambito possono essere commessi reati; alla  previsione di specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire; all'individuazione di modalita' di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; alla previsione di obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli; all'introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
6.      Di rilievo la previsione secondo cui i codici di comportamento devono contenere "indicazioni specifiche (e concrete) di settore per l'adozione e per l'attuazione dei modelli di organizzazione e di gestione" previsti dal medesimo articolo 6.
Al di là della forma (l'indicazione tra parentesi è, per chi scrive, una novità in un testo normativo), e prescindendo dalla possibilità del silenzio-assenso, sarà opportuno che si formi una "giurisprudenza" ministeriale su che cosa significhi "indicazione specifica e concreta di settore".
A ben vedere, le linee-guida conosciute (Confindustria, ABI, ANIA) contengono "indicazioni minime necessarie" e casistiche interessanti, ma forse non prescrizioni specifiche e concrete per i singoli modelli.
Qualche osservazione sulla procedura che coinvolge il Ministero.
Si è parlato di una sorta di "controllo pubblico sull'adeguatezza" del modello (PELLISSERO - FIDELBO, La nuova responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (d.lg. 8 giugno 2001 n. 231), in Legisl.pen., 3/2002, p. 583) o di "approvazione" del modello stesso (SFAMENI, La responsabilità delle persone giuridiche: fattispecie e disciplina dei modelli di organizzazione, gestione e controllo, in AA.VV., Il nuovo diritto penale delle società, Milano, 2002, p. 102).
Il decreto chiarisce innanzitutto che vanno sottoposte al Ministero le linee-guida, e non i singoli modelli, per ovvie esigenze pratiche (peraltro il termine di trenta giorni sembra troppo breve), anche se, per quanto consta, fino ad ora sono stati inviati anche singoli modelli.
Per quanto riguarda il sindacato del magistrato sulle linee-guida generali che abbiano ottenuto il placet ministeriale, il problema va affrontato in termini ragionevoli: posto che si tratta di documenti che enunciano linee di condotta, ben difficilmente se ne potrà affermare l'inadeguatezza in astratto.
Si tratta di indicazioni rispondenti alla best practice in materia: il nodo cruciale è, piuttosto, se il singolo modello abbia specificato le indicazioni generali in relazione alla peculiare realtà imprenditoriale e, in secondo luogo e soprattutto, se il singolo modello sia stato effettivamente attuato.
Comunque, va ribadito, non si può escludere a priori tale sindacato.
In altri termini: l'efficacia che spiega il modello dopo l'approvazione ministeriale non è affatto quella esimente di cui all'art 6.
Ancora: il sindacato del giudice sulla conformità del modello alle linee-guida.
Tale esame si inserisce nella valutazione sull'idoneità: il modello potrebbe essere ritenuto inidoneo, già sulla carta, in quanto, ad esempio, non rispetti il contenuto minimo delle linee-guida di riferimento.
A questo punto potrebbe diventare conveniente per la società ottenere la certificazione di conformità del proprio modello alle linee-guida generali, specie se queste hanno ottenuto il placet ministeriale: in questo modo si offrirebbe alla valutazione del magistrato una documentazione dalla quale possa evincersi l'adeguatezza - sempre in linea teorica, s'intende - "a cascata", dal modello generale a quello della singola società.
Si è già menzionata, in questa Rivista, la certificazione di conformità - rilasciata dal R.I.N.A. -  del sistema di gestione della responsabilità amministrativa al disciplinare "API 231".
Last but not least: il sindacato del magistrato sul singolo modello organizzativo.
E' opinione comune che se il singolo modello si sia conformato a linee-guida che hanno avuto, in ipotesi, il placet ministeriale, lo stesso può essere ritenuto adeguato fino a prova contraria: quindi si afferma un'incidenza sul piano probatorio della procedura in questione (di fatto piuttosto flebile, in relazione alla prova diabolica richiesta per l'esimente).
In generale si può dire, comunque, che un modello può rivelarsi astrattamente idoneo anche se non si rifà ad alcun codice di comportamento o se, extrema ratio, si pone addirittura in contrasto con le linee-guida di riferimento (ad esempio perché, in modo motivato, ritiene con sufficienti le prescrizioni minime).
Secondo PALIERO  (Il d.lg. 8 giugno 2001 n. 231: da ora in poi, societas delinquere (et puniri) potest, in Corr. Giur., 7/2001, p. 848) l'adeguamento alle linee-guida di categoria avrà un diverso peso sull'accertamento giudiziale; tuttavia l'A. mette in rilievo il rischio di standardizzazione routinaria, e quindi sostanzialmente elusiva, di questo modus procedendi.

Art. 8.
Disposizioni transitorie

1. Per i codici di comportamento inviati al Ministero della giustizia fino alla data di entrata in vigore del presente regolamento, il termine di trenta giorni di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 231 del 2001, decorre da tale data.
2. Ai fini del procedimento di controllo di cui agli articoli 5 e seguenti del presente regolamento, dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, le associazioni possono comunicare nuovi codici, redatti tenendo conto delle intervenute modifiche relative alla configurazione delle società di capitali e cooperative, ove adottate dagli enti rappresentati.

 

COMMENTO

Innanzitutto, con ogni probabilità, le associazioni di categoria che hanno già depositato i rispettivi codici di comportamento, dovranno provvedere a inoltrare i documenti giustificativi della loro rappresentatività di settore.

Va evidenziata, infine, la previsione di cui al comma 2: le associazioni di categoria potranno adeguare le linee-guida alle modifiche previste dal d.lg. 6/2003, in vigore dal prossimo 1 gennaio.

In particolare, è opportuno richiamare due dei tre modelli previsti per l'amministrazione e il controllo:
-         il c.d. modello tedesco, che prevede la presenza di un Consiglio di Gestione, con compiti amministrativi, ed un Consiglio di Sorveglianza, quest'ultimo eletto dall'assemblea e sovraordinato al Consiglio di Gestione, di cui nomina i componenti e sorveglia l'attività (artt 2409-octies e ss.: modello dualistico);
-         il modello anglosassone, che si basa su un Consiglio di Amministrazione al cui interno è costituito un Comitato di Controllo, formato in prevalenza da soggetti non coinvolti nella gestione dell'azienda (artt 2409-sexiesdecies e ss.: sistema monistico).
Questi modelli, più di quello attualmente previsto dal codice civile (CdA/Collegio Sindacale), potrebbero garantire:
-         autonomia ed indipendenza, per la posizione istituzionale dell'organo di controllo, nonché per le sue modalità elettive;
-         prontezza ed efficacia negli adempimenti comunicativi sia verticali sia orizzontali. È evidente come, proprio la descritta collocazione dell'organo di controllo, garantisca all'organismo di vigilanza, non solo la possibilità di utilizzare i tradizionali percorsi di comunicazione disciplinati dal codice civile, ma anche di poter acquisire direttamente informazioni dal basso verso l'alto attraverso eventuali diramazioni dello stesso organismo all'interno dell'organizzazione aziendale;
-         potere disciplinare: elemento che si rappresenta come naturalmente e spontaneamente collegato ai primi due.
(Maurizio Arena)

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